Creato da MuseoDeiRicordi il 25/05/2005
L'età favolosa dell'infanzia, la scoperta del mondo...quando le cose, le parole i gesti non erano tutti uguali...I ricordi dei blogger

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                  LA  NUDITA'

Post n°15 pubblicato il 09 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi


 la donna era celata ... la curiosità di essa non si riconosceva ancora nella sua consapevolezza di bambino e pure la cercava , per un istinto ... la nudità era  inesistente ...

 .... le donne al lavatoio , nella lor mossa chine , dalle gonne nere o ardesia che risalivano sopra il ginocchio appariva la pelle lattea , il montare della coscia , come un dolce ignoto alla vainiglia , l annuncio ignaro di una sensualità animale ... e la vena cilestre che rigava verticalmente le lievi pieghe dell ìncavo ....

... per la città , ancora con la mano nella mano , accadeva allora di scorgere la donna che era riparata nell ombra di un portone , per tirarsi le calze , e fissar meglio la giarrettiera... un lampo , prima che la gonna ancora venisse rassettata con gesti svelti... un lampo carnale di candor di pelle , la forma sinuosa e affusolata della gamba inguainata e della coscia ... odor di nudità scoperta , annunci di misteri ...

... era la promessa della nudità , era rara e non l ha dimenticata ...

 occhiodivolpe

 napoli e cilento , primi anni '60

 
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LA BELLA LA VA AL FOSSO ...

Post n°14 pubblicato il 08 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi

In parte alla casa c’era un piccolo orto, cintato con una rete metallica sulla quale fiorivano rose rampicanti, roselline selvatiche , semplici, con solo un giro di petali; e in parte all’orto, scendendo un paio di gradini si accedeva al fosso... questo costeggiava per tutta la sua lunghezza la stradina sterrata che arrivava fin davanti al cancello del cortile, passava sotto la strada e riemergeva in parte all’orto. per poi proseguire il suo corso sul retro della casa.

In alcuni punti erano sistemate lastre di pietra sulle quali le ragazze del vicinato si inginocchiavano a lavare i panni, facendo attenzione quando li immergevano a non farli scivolare dalle mani, perche’ l’acqua li avrebbe trascinati via.

Stavo ad osservarle, a volte, nelle calde giornate d’estate, seduta sulla pietra e con i piedi nell’acqua, troppo piccola ancora per quel lavoro, ma affascinata dai gesti, dalla maestria con cui le vedevo strizzare e spazzolare, risciacquare... e ancora oggi, che il fosso é stato coperto, e la strada allargata e asfaltata, a volte mi ritorna il verso di quella canzone:

La bella la va al fosso.
Ravanel, gremolass, barbabietole e spinass
Tre palanche al mass
La bella la va al fosso, al fosso a resentar...

Lilith 0404

Lombardia, primi anni 60

 
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Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 07 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi

 Avevo 11 anni quando e' cominciato. 
Pomeriggio invernale, io che gioco nella camera dove mia madre sta cucendo. 
Ogni tanto la sento parlare, sussurrare. 
La guardo, per vedere se parla con me e invece lei m'ignora. 
La sua voce sale di tono. Le chiedo "Cosa hai detto?" ma lei sorride e non risponde.  Ancora il suo sussurrare. Allora mi accorgo che quando lo fa, guarda un punto preciso. 
Mi chiama vicino a se, e mi dice "Lo sai che io parlo con quelli della
 radio?".  Ecco cosa guardava, sul tavolino vedo la radio portatile, spenta. 
Cerco di capire meglio, mentre un dolore sottile e allarmato invade la mia anima. Fa che non sia cosi', ti prego. Fa che non sia quello che penso.  Invece lei continua. Adesso parla ad alta voce. Risponde a domande che io non posso ascoltare che provengono dalla radio spenta. 
La consapevolezza di quanto sta accadendo mi coglie all'improvviso come un pugno in piena faccia.  
Mia madre e' pazza. 
Mia madre e' pazza. 
Mia madre e' pazza. 
Rimango li' a guardarla mentre continua i suoi discorsi/monologhi con la radio.  Ormai me lo ha detto, non ha piu' bisogno di parlare sottovoce con la radio.  Ma io non sono piu' li'.  Sto tirando su una barriera per difendermi da questo dolore. 
Autodifesa.  Devo sopravvivere. 
Il dolore e' troppo grande per un ragazzino di 11 anni. 
La guardo come un'esperimento bizzarro. 
All'inizio, mia madre, era contenta di questa sua condizione. 
Poi se ne accorsero tutti.  E nessuno le fece sconti. 
Ando' in depressione, fortissima.  Comincio' una giostra fatta di centinaia di visite mediche, di cure. 
La cura del sonno. 
Poi comincio' con le crisi mistiche.  Parlava con la Madonna. 
La Madonna ci faceva visita molto spesso: era in un muro di casa nostra. E mia madre era sempre li', a parlare col muro. 
Una volta organizzo' con il parrocco un rosario a casa nostra ed il  parroco si chiedeva come mai non voleva farlo nella stanza piu' grande.  Poi capi'.  Quando mia madre comincio' nel mezzo del rosario a parlare con la Madre di Dio, nel muro di quella camera. 
Divento' famosa nel quartiere. 
Per mia sfortuna divento' famosa anche fra i miei coetanei, che non mi risparmiarono nulla. 
Il figlio della matta, che parla col muro. 
Fu allora che il mio muro di protezione divenne altissimo, invalicabile a chiunque.  Non lo valicavano gli insulti gridati per strada, le frasi taglienti e allusive a scuola. 
"Sono matto anche io, state attenti." rispondevo sorridendo. 
E' da poco che riesco a parlarne. 
Sara' un anno o poco piu'. 
E mi piace pensare che mia madre, faccia parte della "gente-gatta", the cat people come dicono gli anglosassoni. 
Che abbia lo shining, lo scintillio come il figlio di Jack Nicholson ed il cuoco nero all"Overlook Hotel " in "Shining". Che riesca a sentire voci che i "normali" non sentono. 
I figli della gente-gatta, sono anche loro speciali.  Io "sento" le cose. Prima che accadano. Sono matto, o della gente-gatta.. cat-people.

 Manualeperdonne

 Taranto 1975

 
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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 06 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi


PICCOLA IN UN PICCOLO  PAESE :  un mattino di festa


La casa sull’ultimo pezzo di terra e roccia…poi il vuoto.
Sveglia presto…aperti gli scuri, la stanza si inonda di luce.
La finestra inquadra quel paesaggio mozzafiato…laggiù la valle del Sangro, di fronte la Maiella…
Ora siamo dall’altro lato della casa…il quadro cambia…la piazza con il vociare della gente già ai tavolini verde e argento del bar dello zio … la chiesa di fronte.
I preparativi per il giorno di festa… io in piedi sul davanzale interno, affinchè mia madre possa più facilmente infilarmi il vestito, quello bello di tulle giallo pallido, con i pizzi…le sue mani sui miei biondi capelli, ad aggiustare i boccoli, per meglio incorniciare il mio viso.
E la musica si avvicina sempre più…ci si sporge per vederla spuntare lassù dal colle…eccola…la bandaaa!
La musica sempre più forte…le azioni diventavano veloci…tutto deve essere pronto per il momento in cui i suonatori arriveranno nella piazza.
Sempre in una grande sincronia…io corro di sotto e mi unisco al gruppo di bambini vestiti a festa…il nostro passo veloce, composto in una marcia, a seguire il suono degli strumenti, il battito delle mani a tenerne il ritmo, i visi...nel sorriso più aperto.
Nel paese…la gente si affaccia a salutare la banda che sfila…
Ad ogni festa la stessa meraviglia.


amoildeserto

Alto Molise…fine anni '50

 
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DIVENTARE GRANDI

Post n°10 pubblicato il 04 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi

C’era una bimba seduta sul pontile al lago. Guardava l’acqua sotto di sé, le leggere increspature sulla superficie, le ombre dei pesci sul fondo, i sassi lucidi e bianchi.

 Ogni tanto chiudeva gli occhi, cogliendo il sussurro del vento che le accarezzava piano i capelli. Aspettava. Dondolava le gambette pensierosa.

Cominciò a chiedersi quanto tempo era passato da quando se ne era andato. E una sottile ansia incominciò a salirle su per la gola, mentre il sole cambiava inesorabile la sua angolazione avvicinandosi all’acqua. L’ansia arrivò a farle trattenere il fiato. Non voleva darlo a vedere però, e continuava a tenere lo sguardo fisso sull’acqua. Si guardava dal di fuori e si vedeva immobile e decisa. Così andava bene. Era grande ormai. Sapeva affrontare le sue paure.

Ci riusciva? Davvero?

Voleva disperatamente voltarsi per scoprire se stava arrivando. Si trattenne. C’era una spiegazione del ritardo, non l’avrebbe fatta aspettare tanto solo per capriccio o incuria. No, non l’avrebbe mai fatto. L’amava. E se invece non fosse così? E se fosse andato via? E se si fosse dimenticato di lei? O peggio, se l’avesse abbandonata, per qualche ragione che a lei sfuggiva? E se quell’amore fosse solo un’illusione?

Lacrime premevano sul bordo degli occhi, spingevano rabbiose per uscire. No, no, non doveva piangere, no, no… all’improvviso sentì due braccia grandi e calde circondarla, il respiro tiepido sul collo, il familiare profumo di dopobarba… sospirò profondamente, ci era riuscita!

chupita1976

Manerba, lago di Garda

 
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Dalla finestra

Post n°9 pubblicato il 03 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi

Gennaio , nella notte aveva nevicato , le braccia di mia madre che mi avvolgono nel sollevarmi dal mio letto e io accucciato al suo seno come se non volessi perdere il calore del mio letto.
In cucina l’odore del caffè , rituale per mio padre che si preparava per un altro giorno di lavoro e  lo osservavo  prendere un pezzo di pane e ridurlo in tante briciole e guardandomi mi dice “ sai con questa neve gli uccellini hanno difficoltà a trovare cibo e noi gli diamo una mano “
Aprì la finestra e sparse le briciole sul davanzale e come per magia, senza aspettare tanto, iniziò un andirivieni di uccellini a cibarsi di quelle briciole…
Passai tutto il tempo davanti alla finestra vedendo mio padre con la sua bicicletta allontanarsi nel candore della neve appena posata e ali, ali di uccellini che in una strana retrospettiva, accompagnavano mio padre fino a che potei seguirlo  e l’odore del caffè restando al seno di mia madre…….

desertoblue



primi anni 70 Foggia

 
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   L'INCANTO

Post n°8 pubblicato il 01 Giugno 2005 da MuseoDeiRicordi

Un giorno di sole che si tuffava dietro gli eucalipti profumati di ricordi , e un cielo rosso a sfumare di rose …

Il  deciso odor di gerani di corallo e perla che non crescono più e l’ultimo raggio che illuminava gli acini dell’uva piantata da mio nonno…

Sapore di albicocche di velluto sulla lingua, ancora un’altra , un’altra ancora… le sento ancora sotto le dita a sfiorarle piano per non rovinarne la dolcezza tattile …

E nella stanza illuminata solo dal pomeriggio dorato il pulviscolo m’incantava e ne seguivo gli spostamenti … uno ad uno i granelli di polvere erano il mio volo…

Così seguivo i movimenti precisi ed esperti della scopa fra le mani di mia madre, e il sole che faceva splendere i suoi capelli d’oro scuro lasciava sospesi i miei pensieri di bimba…

E le mie manine abbronzate si aggrappavano al box a disegni arancio e marrone e bianco e la guardavo, la guardavo…

Di tanto in tanto i suoi occhi splendidi e chiari si posavano su me e mi donavano un sorriso rapido, per poi tornare a perdersi in pensieri solo suoi… il suo mondo immenso che nessuno ha penetrato e violato…

E domande con voce piccola alle quali lei rispondeva ridendo, come fossi un piccolo essere perfetto già allora…

E pause di dolcezza e incanto interminabili, e i miei occhi che ne bevevano i movimenti e imprimevano l’istante…

Mi guardo allo specchio e un po’ la rivedo nelle onde dei miei capelli e ricordo quell’attimo solo nostro…

 beatriceh

Provincia di Siracusa, 1980-‘81

 
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ESTATE SICILIANA

Post n°7 pubblicato il 31 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

I "banniatori" cominciavano presto a scendere in città, con i carrettini spesso tirati a mano e volte con degli asinelli, per la gioia dei bimbi che avevano la fortuna di abitare a piano terra. Per quelli che come noi, stavano nei piani alti dei palazzi, c'era solo la gioia di vederli dal terrazzo, scuotere il capo per liberasi delle finiture con cui erano legati scuotendo i campanelli  che segnalava no il loro arrivo.

I pastori invece erano forniti di grandi cesti che portavano al braccio e tra le foglie di fico bagnate, erano sistemate le "cavagne", che contenevano le ricotte appena fatte, le più buone che io abbia mai mangiato. Una ricotta morbida che con un sapiente gioco della mano e del polso, i pastori facevano scendere sui piatti che le massaie ponevano dentro a cestini di vimini e che calavano con una cordicella. "Ricooootta cauraaaaaa" (ricotta calda)..questo era il loro grido che faceva da contrasto con il vociare dei contadini che vendevano frutta e verdura..."U' pummaroro friscuuuuu" e che varietà di colori si ammirava dall'alto dei balconi...i loro carretti erano i più variegati in fatto di colore... dalle sfumture più calde. Erano superati nei loro acuti solo dai pescatori, che vendevano il pesce appena pescato, disposto sui loro carretti in mezzo a cubi enormi di ghiaccio...."pisci friscu....uopa...masculinu....sardeeee e l'odore del mare saliva sù in alto, facendoci fremere eccitate e infine arrivavano anche i carrettini dei gelati, che a quell'ora di prima mattina, vendevano la colazione più fresca, inusuale e rinfrescante...la granita di mandorla con la brioche..

E come ogni anno, all'arrivo del caldo, ancora con gli occhi chiusi, in questa stagione nel dormiveglia... rivedo tutte quelle figure e quel gran guazzabuglio di voci, di grida e di odori che rendevano colorite e rumorose le mie vacanze siracusane...

Siracusa anni 50/60

perlanaturale 

 
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LIBERI

Post n°6 pubblicato il 30 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

Capii quel giorno, ma lo capii più tardi, cos’era la parola: “liberi”.

Cos’era “libertà” a pelle, vissuta e scaltrita, comunque sfumata.

Estate di un anno lontano, avrò avuto quattro, cinque, anni e in testa codini e una manciata di pensieri bambini. Vestiti di bambola e i capelli ancora arricciati, da metterci un dito e seguirne le onde. Estate di un paese non mio, il sole comune della Sicilia che mai è cambiato.

E mia madre più magra, felice, giovane come ormai non ricordo; e mio padre bello come la vita non ha potuto sfregiare, quegli occhi da zingaro che ho strappato alla nascita; la 500ento blu appena lavata.

E quei ragazzi…

...l’età che forse avrò oggi sulla spiaggia - oltre la ringhiera su cui eravamo affacciati, la vita sulla pelle, negli occhi, la sabbia da scrollare al costume e le scarpe in mano.
Su uno scoglio, ridevano. Spinte leggere per lasciarsi cadere e il tramonto alle loro spalle a calare a sipario…
…i miei occhi incollati, a fissare in immagini gesti e sensi di cui non capivo né senso o spessore, mancanti in archivio.

“Liberi” avrei detto più tardi, “leggeri”, a inghiottire una vita che Dio solo sa come a volte possiamo sprecare, complicare, sbagliare.

E mia madre e mio padre che parlavano fitti, le ginestre e gli oleandri, a noi attorno, con le pale di fico e gli ulivi come uno stralcio di un romanzo datato…tutto a sfocare, tutto a sbiadire, poco prima che il sole morisse nel mare, nell’ultima luce, crepitio di un filo di verde esploso tra i rossi e l’arancio del cielo.


ParoleMaddalene 
Provincia di Messina 1983/1984

 
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LA  PAURA

Post n°5 pubblicato il 29 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

le sere , intorno al gran tavolo della sala , i grandi raccontavano 'cunti' su avi ed antichi parenti , e sugli spiriti del palazzo ... il bimbo , col mento appoggiato alle braccia conserte sul tavolo , ascoltava ( era un tempo in cui i bimbi non interloquivano ) ....

veniva il tempo di andare a dormire e andava nella camera del nonno ... era suo privilegio dormirvi per averne lo stesso nome , così gli pareva , quando non fosse venuto per l estate in campagna ... saliva con uno scaletto di tre gradini sull alto letto d ottone , dalle tavole di legno e i due materassi ...

si copriva la testa sotto il lenzuolo ... sentiva al di sopra di esso sul risvolto del cuscino alitare nel buio gli spiriti , sentiva la vecchia pèndola che suonava le ore e i quarti d ora  accompagnare col tic tac i bàttiti del cuore , e i mille scricchiolii della antica casa .... accoccolato aspettava e temeva prodigi spaventosi , e si addormentava ...

occhiodivolpe

cilento , primi anni '60
 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 29 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

Per capire perché il ricordo del post precedente sia un ricordo ‘datato'  é necessario sapere che la casa di mio nonno non era una cascina sperduta nelle campagne della Bassa : sorgeva in parte alla chiesa, a cento metri dalla piazza.

Ma tutto il paese a quel tempo non era altro che una manciata di cascine strette intorno al campanile,ognuna con la sua aia, la stalla, l’orto. Le finestre di alcune stalle davano direttamente sulla strada, e passandoci accanto, per andare a scuola o per andare a fare la spesa,  si sentivano i fruscii dei movimenti degli animali all’interno, il mugghiare delle mucche, l’odore acre dello strame.

Ora non esiste più nulla di tutto questo. Le vecchie case sono state ristrutturatee convertite in confortevoli dimore fintamente rustiche, nelle aie trasformate in giardini il grano non viene più steso a seccare, e l’estate non ha più lo stesso profumo.

Lilith_0404
Lombardia, anni 60

 
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L' ESTATE  ERA...

Post n°3 pubblicato il 29 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

una distesa di grano...non spighe di grano nei campi, ma il grano già trebbiato, i chicchi staccati dallo stelo e distesi sull’aia della casa di mio nonno ad asciugare al sole, prima di essere chiusi nei sacchi e portati al mulino.

Una festa per noi bambini camminare a piedi nudi su quella ‘spiaggia’ color miele, lo strato di grano cedevole sotto il nostro peso come la sabbia in rivaal mare

La sensazione deliziosa dei piedi che sprofondano nel grano, un piacere camminarci in mezzo per sentire,
mentre il piede affondava, la carezza del grano che si richiudeva ad abbracciare le caviglie... e poi tuffare le mani nei chicchi, caldi sotto il sole, farli scorrere fra le dita e aspirarne il delicato e inconfondibile profumo: il profumo dell’estate .

Lombardia, anni 60
Inviato da lilith_0404

 
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TAGLIO ROSSO

Post n°2 pubblicato il 28 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

“Ciaret” era un omino piccolino, pelle bruciata dal sole, rughe profonde che parevano canali..
arrivava in paese seduto sulla sponda laterale del suo carro in legno, trainato da un cavallo che pareva la sua fotocopia…passo lento... rughe profonde…pelle bruciata dal sole (questa non me la sono mai spiegata…ma era l’effetto che mi faceva). Nella mia memoria Ciaret non aveva le briglie in mano, e rimanevo affascinata da come il cavallo seguisse gli ordini del padrone che erano in effetti solo strani mugugni.Lo si sentiva da lontano, nelle afose giornate estive, mentre andava urlando “Taglio!!!! Taglio rosso!!!” Le massaie lo aspettavano sul ciglio della strada, lui si fermava e iniziava il rito… salutava chiamando per nome (le conosceva proprio tutte) dopo un’occhiata attenta da intenditore, prendeva dal mucchio un’anguria e iniziava a “suonarla” con le nocchie delle dita, prendeva un coltello piccolo ne incideva un tassello che mostrava alla rasdora di turno…posava poi l’anguria sulla “stadera” e la consegnava…La curiosità ultima di questo personaggio : quando morì…il suo cavallo (ormai vecchio come il padrone) si lasciò andare per incontrare Ciaret su altre strade…chissà se da lassù continua ad urlare “Taglio!!! Taglio rosso!!!

wings.of.fire
emilia, primi anni 60


 
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                              IL CORRIERE

Post n°1 pubblicato il 27 Maggio 2005 da MuseoDeiRicordi

arrivava all imbrunire ... con due bisacce arrotolate , pèndule sulla spalla ,si sedeva e gli si dava il caffè , dalla tazzina lo versava a più riprese nel piattino e da lì lo sorbiva , con le labbra allungate , dolcemente ... questo sembrava a me bimbo essere audace e meraviglioso .

... scendendo verso la ferrovia passava per le case per prendere le ordinazioni , perchè nei paesini non c erano negozi , faceva gli acquisti in città e la mattina successiva ripassava per il recapito . di mattina gli si dava il vino , prendeva il bicchiere delicatamente e beveva tutto d un sorso , alzando il capo , con le labbra appena appoggiate ... e poi spariva verso altre case , altri bicchieri di vino ...


occhiodivolpe
cilento , anni '59-61

 
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