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Post n°1028 pubblicato il 22 Agosto 2012 da lucfar1
(di Alfredo De Matteo) Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha emanato un documento che sancisce la fondatezza costituzionale dell’obiezione di coscienza. Nel documento si sottolinea che essa è «un diritto della persona e una istituzione democratica necessaria a tenere vivo il senso della problematicità riguardo ai limiti della tutela dei diritti inviolabili»; nel contempo si tiene a precisare che «La tutela dell’obiezione per la sua stessa sostenibilità nell’ordinamento giuridico non deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio dei diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà derivanti dalla comune appartenenza sociale». In tal senso, il CNB raccomanda che la legge preveda «misure adeguate a garantire l’erogazione dei servizi, eventualmente individuando un responsabile degli stessi». Nella parte del documento riservata all’analisi morale si chiarisce che l’obiezione non si basa su una mera opinione soggettiva , ma su di un valore «riconoscibile e comunicabile» ed essa viene distinta nettamente, da un punto di vista giuridico, da qualsiasi forma di sabotaggio di leggi in vigore, ma anche dalla disobbedienza civile e dalla resistenza al potere. Nel documento si afferma che nel caso della difesa della vita o della salute il valore richiamato dal medico obiettore rappresenta in effetti una diversa interpretazione del valore protetto dalla Costituzione rispetto a quanto avviene nella legge approvata a maggioranza. Dunque, la legittimità dell’obiezione testimonia che il diritto costituzionale più aggiornato «accetta uno spazio critico nei confronti delle decisioni della maggioranza». Ora, il documento del Comitato Nazionale di Bioetica rappresenta senz’altro un arretramento della cultura di morte, anche perché esso ammette, neanche troppo tra le righe, l’evidente contrasto tra la difesa di valori riconoscibili, dunque non il frutto di interpretazioni soggettive, come quello del diritto alla vita, tutelato dalla stessa Costituzione, e l’esistenza di leggi che negano palesemente tale diritto. È lecito affermare che si è potuto raggiungere questo risultato grazie alla tenacia ed alla combattività di una parte del fronte pro-life italiano e dell’associazionismo cattolico; in particolare, lo storico evento della Marcia Nazionale per la Vita, svoltasi a Roma il 13 maggio scorso, ha posto l’opinione pubblica di fronte ad un popolo della vita per nulla rassegnato, deciso a scendere in piazza per denunciare l’iniquità e la malvagità di leggi omicide in chiaro contrasto con i principi della legge naturale. Nel contempo, appare fuori luogo accogliere tale documento come se rappresentasse una vittoria delle ragioni della vita o, addirittura, come se fosse una vittoria del mondo cattolico. Trattasi sempre di un documento dal chiaro intento compromissorio che non intende in alcun modo colpire lo status quo ma che anzi tende a ribadire la liceità di leggi che hanno trasformato il delitto in un inesistente diritto. Sta di fatto che la legittimazione dell’obiezione di coscienza, in particolare per il personale medico, non sembra compromettere per nulla la fruizione pubblica di servizi sanitari come l’accesso alla cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza previsto dalla legge 194. È proprio un membro del Comitato di bioetica, nonché nota firma del quotidiano “Avvenire”, a sentire il bisogno di rassicurare l’opinione pubblica circa la non pericolosità dell’obiezione di coscienza, redigendo una postilla aggiunta al documento con la quale mette in evidenza, dati alla mano, come non esista nessuna correlazione tra numero di obiettori e tempi di attesa per l’interruzione volontaria di gravidanza. Cioè a dire: state tranquilli, in Italia si potrà continuare ad abortire egualmente, con la stessa frequenza e con la stessa celerità, malgrado la presenza, più o meno marcata, di medici obiettori! (Alfredo De Matteo) |
Post n°1027 pubblicato il 22 Agosto 2012 da lucfar1
da La Stampa Una voce fuori dal coro, dopo la condanna delle Pussy Riot, è quella del sociologo torinese Massimo Introvigne, coordinatore dell'Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli Esteri. "Certamente - osserva il sociologo - le voci che protestano contro condizioni di detenzione troppo dure e una pena troppo severa meritano di essere ascoltate, tenuto conto della situazione personale delle giovani imputate". "Tuttavia - prosegue Introvigne - non si può, come alcuni fanno, andare oltre ed esaltare il gesto per cui le Pussy Riots sono state condannate. Ho l'impressione che non tutti conoscano esattamente i fatti. Le Pussy Riot hanno cantato una canzone dove non si limitano ad affermazioni politiche ma chiamano il patriarca ortodosso 'puttana', e il cui ritornello fa il verso alla liturgia ortodossa ripetendo 'La merda, la merda, la merda del Signore'. E non l'hanno cantata in un loro locale, e neppure in una piazza, ma nella cattedrale di Mosca, uno dei luoghi più santi dell'ortodossia russa". Fonte: La Stampa, 17/08/2012 |
Post n°1026 pubblicato il 22 Agosto 2012 da lucfar1
di Marco Berchi Tre giovani sbucano dal nulla e con grossi bastoni tracciano sulla sabbia dello stadio il simbolo cristiano del pesce. Fulminei i soldati romani li inseguono e li catturano. È il caos: la folla rumoreggia, gli ufficiali della Legione lanciano secchi comandi, il governatore, dalla sua tribuna, esige che si riporti l'ordine dopo l'inaudito sacrilegio. I tre, legati, vengono in pochi istanti condotti di fronte all'uomo forte del potere di Roma: vanno messi a morte. Un brivido percorre gli spalti gremiti dello stadio. Ma ecco il colpo di scena. Il centurione romano comandante della legione alza la spada e, guardando verso il governatore, grida il suo basta. Basta con la violenza, basta con questi giochi sanguinari, basta con i sacrifici ai falsi dei. «Sì, sono diventato cristiano e l'alba di un nuovo mondo sta sorgendo». Non è un film, non è un videogioco. È l'inizio, drammatico, sorprendente, emozionante di uno spettacolo che ogni giorno d'estate si replica per tre volte in una località della Francia a due passi dai castelli della Loira; un luogo in cui è stata ricostruita un'arena romana da seimila posti (con il primo velarium dai tempi del Colosseo); un luogo in cui potete anche rivivere la razzia dei pirati vichinghi sventata dal miracolo delle reliquie di un santo, seguire le gesta dei cavalieri, entusiasmarvi di fronte alle evoluzioni di centinaia di rapaci addestrati dai falconieri. |
Post n°1025 pubblicato il 22 Agosto 2012 da lucfar1
da Unione Cristiani Cattolici Razionali Secondo un’analisi del noto sociologo Renato Mannheimer, docente di Analisi dell’opinione pubblica presso l’Università degli studi Milano-Bicocca e collaboratore de “Il Corriere della Sera”, su cui appunto è divulgata la notizia, la maggioranza (59%)degli italiani si oppone al riconoscimento legale/matrimonio delle coppie omosessuali. Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali, 24/07/2012
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Post n°1024 pubblicato il 06 Aprile 2012 da lucfar1
(di Federico Catani) La croce continua a dividere e scandalizzare. Succede in Gran Bretagna, diventata ormai la terra del laicismo più spinto e dell’ostilità anticristiana più accesa. Proprio in questi giorni infatti, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sta focalizzando l’attenzione sul diritto o meno di indossare il crocifisso come simbolo di appartenenza ad una ben precisa confessione religiosa. Il caso che ha spinto la Corte a muoversi risale al 2006, quando una hostess della BritishAirways è stata sospesa dal servizio per due settimane, senza stipendio, per essersi rifiutata di togliere il piccolo crocifisso d’argento che portava al collo. La donna ha fatto ricorso al tribunale per lamentare la violazione della propria libertà religiosa e per affermare l’ingiustizia subita e la disparità di trattamento rispetto ai colleghi di altre confessioni, che invece potevano indossare il velo se islamici o il turbante se sikh. All’epoca, il primo ministro britannico Tony Blair prese le difese della hostess, tanto che in seguito la stessa BritishAirways ha cambiato il proprio regolamento. Tuttavia, l’Alta Corte inglese, nel febbraio 2010, ha ritenuto legittime le ragioni della compagnia aerea. E così la donna ha fatto ricorso a Strasburgo. Ma l’attuale governo britannico, guidato dal “conservatore” David Cameron, è pronto a schierarsi con la BritishAirways, affermando che i cristiani non hanno né il dovere né il diritto di esibire la croce come manifestazione della loro fede, diversamente da altre religioni. Una conferma dello stato desolante della società inglese. (Federico Catani) |