Spirito del Vento

Post N° 64


AlcoolL’Inferno è nell’angolo, l’angolo è la mia vita che si infiamma di odio e raggela il cuore di una rabbia incontenibile fiorita nell’oscurità, là, dove un istinto vitale guida l’occhio e acceca di terrore, accompagna la mano per ultimare il sacrificio mentre il sangue fluisce e pulsa nelle tempie, i sensi esplodono oltre la carne verso intatte isole di tormento smarrite nell’aria intorno. Il mio destino è senza pietà quando mi scrollo di dosso il torpore di un lungo sonno, lieve pianto alla luce dell’alba, lacero la realtà intorno e pace e quiete; quando riconosco il mio corpo un urlo nasce dall’orrore e vibra tristemente in me, rinchiuso tra le fragili pareti della fantasia, umili chimere della volontà. Allontano il letto intriso di sudore, sangue sulle lenzuola candide, come una colpevole verginità concessa alla notte che sotto le sue scarne vesti genera nulla dal nulla. Nudo, nel doloroso oblio e scaccio il brulicare di insetti che popola il mio universo: la memoria si affaccia alla porta e scivola via, lontana, ombra che mi insegue, spettro maledetto del tempo; ritratti sfuggono al buio e ridono, ad un feticcio del piacere che mai ho saputo sottomettere, schiavo di una morsa soffocante che dilania la gola in una stupida agonia. Davanti a me uno specchio mi sorprende uomo e seminatore di male, le immagini riflesse scompongono il mio essere in un continuo tendere verso l’infinito. Condanno allora il volto invecchiato, la mano tremante annerisce le sopracciglia con una povere finissima, e una goccia di sangue all’angolo della bocca testimonia l’errore. Ma l’urna di vetro mi richiama indietro dalle speranze, con un canto melodioso conquista le vene riarse e seduce il cervello svuotato di ogni volere, accompagnandomi in un santuario di perverso splendore. Lo specchio piange schegge sotto il pugno contratto e un buco nero e senza fon squarcia il muro per inghiottirmi una volta ancora in una morbida spirale di pietà e castigo. L’estasi del nettare vivifica il cuore sofferente, mentre nuovi fantasmi rincorrono le loro code evanescenti e irreali, è inutile sperare in una felicità privata della malinconia gridano striduli allo spirito: mi giro e vedo la stanza,il letto è un macabro sudario, una luce si allontana rapida, Mi chino e la cerco a tentoni e mi attanaglia la nausea vorrei urlare, ma le forze sono assorbite dalla smania imprigionata nell’impotenza di un cadavere. Un umore sospira nella cavità dell’organismo, il male che lacera dentro mi modella servo della menzogna e artefice del domani, risucchiato in un gesto blasfemo per punire e perdonare un estremo bisogno di violenza e dolcezza, macchia e luce del demone che smarrisce se stesso e si umilia senza vivere. Comprendo adesso che l’abbandono è un mostro fantastico palpitante di divina dannazione, perché è sfumato un falso paradiso, è il dolore che sta tornando, solo frammenti sotto le mani, niente più miraggi, solo la spoglia solitudine che ho edificato dentro me, solo le vuote illusioni che ho animato fuori di me, la coscienza lentamente si spegne completando questo circolo di rinuncia e sottomissione, di libertà e dipendenza, anima e corpo, corpo e anima, stretti per l’eternità, la vita si aggrappa alla sofferenza, per un istante la colpa è accettata,. Vengo scosso da un ultimo brivido. Gli occhi cercano, cercano senza posa un angolo ormai vicino, l’Inferno è là, nel mio angolo.