Creato da strega.lilith il 03/12/2007
 

Spirito del Vento

Centro e circonferenza, dentro e tutto attorno: superamento, trasformazione e cambiamento, dentro e fuori ciascun luogo, dentro e fuori ciascun tempo, immanenza e trascendenza

 

 

Mantra

Post n°167 pubblicato il 06 Settembre 2010 da strega.lilith

Il Mantra o Mantram (come viene chiamato in alcune regioni dell’India) è una potente e breve formula sonora spirituale che ha la capacità di trasformare la coscienza. Non c’è nulla di ipnotico o di magico, è solo una questione di pratica e soprattutto di non scoraggiarsi se non si ottengono subito i risultati sperati. Quando pratichiamo il Mantra stiamo richiamando il più grande potere che siamo in grado di concepire: possiamo chiamarlo Dio, Realtà Ultima o Sè Interiore, qualunque nome gli attribuiamo, con il Mantra stiamo richiamando la parte migliore che c’è in noi. E’ una pratica che si riscontra sia nelle religioni occidentali, dove prende il nome di Nome Santo, sia nella religione induista che in quella buddista, dove prende appunto il nome di Mantra. E’ fondamentale che una volta scelto il Mantra non si cambi, per non rischiare di fare come il contadino che per trovare l’acqua, scava innumerevoli buche in superficie senza risultato, mentre se avesse impiegato lo stesso tempo per scavarne una sola profonda l’avrebbe sicuramente trovata. Tutte le grandi religioni hanno prodotto potenti formule spirituali per poter richiamare questa Realtà Ultima che, nella tradizione cattolica e in molte altre (soprattutto in quelle ortodosse), prende il nome appunto di Nome Santo o Nome Divino. Queste formule fanno parte di una più vasta serie di preghiere anche se il Mantra non è una vera e propria preghiera; con la preghiera, infatti, noi chiediamo qualcosa, mentre con il Mantra cerchiamo di avvicinarci al divino. Il Mantra ha anche una funzione calmante a livello mentale ed è uno dei modi più semplici per manifestare la presenza del divino. Quando lo ripetiamo mentalmente (soprattutto nelle prime volte per chi non ha ancora sviluppato tecniche di meditazione) è molto importante non distogliere l’attenzione, dopo aver raggiunto un certo livello di pratica lo si potrà anche intonare. Quindi all’inizio sarà importante ripeterlo mentalmente senza cercare di combinare ritmicamente il Mantra con i processi fisiologici quali la respirazione ed il battito cardiaco, queste cose tenderebbero solo a sminuire il suo potere. La ripetizione del Mantra è una antica tecnica dinamica con la caratteristica di possedere un potere cumulabile, infatti più lo si ripete più esso affonda le proprie radici nella nostra coscienza tanto che continueremo a ripeterlo mentalmente senza nemmeno rendercene conto. Per quanto riguarda la scelta del Mantra questa dipende sicuramente dalla società e quindi dalla cultura in cui si è cresciuti, se si è cattolici è possibile che si prediliga un Mantra cattolico, è anche vero però che ci sono persone che, proprio per questo tipo di aspetto, sono refrattarie a determinati Mantra; in questo caso si possono utilizzare delle formule che non presentano il nome implicito della divinità. Essendo i Mantra delle formule, conviene utilizzarne alcuni tra quelli testati e di potere sicuro (non è utile crearne di propri) per richiamare la divinità. vai a inizio pagina / top of page Per quanto riguarda i grandi Mantra, cioè quelli di importanza storica e di provato potere, bisogna distinguere tra quelli personali e quelli impersonali. I primi si riferiscono all’aspetto personale della divinità. Anche se Dio è presente in qualsiasi aspetto del mondo fenomenico, si è manifestato pure sulla Terra sotto diverse forme che ogni religione ha identificato secondo una determinata figura. Per i cristiani si è manifestato come Gesù Cristo 2000 anni fa, per gli induisti 3000 anni fa nella figura di Sri Krishna e per i buddisti come il Buddha Compassionevole che ha rinunciato alle ricchezze per poter predicare l’armonia e l’unità tra tutte le genti. E’ importante notare che qualsiasi figura, nelle varie religioni, non è mai venuta a predicare nuove verità o insegnamenti, ma a ricordarci che facciamo parte di un tutt’uno e il nostro scopo è quello di riunirci e di vivere in armonia con gli altri cercando di aiutare il prossimo. Questi Mantra si riferiscono ai diversi nomi che Dio ha avuto nelle diverse religioni, per quanto riguarda l’ambito cristiano il nome di Gesù è già di per sé molto potente (anche se la sua ripetizione può sembrare un po’ banale), un altro Mantra che presenta sia aspetti personali sia impersonali della divinità è OM-JESU-CHRISTE che deriva dalle comunità cattoliche indiane, in cui si ha l’invocazione al vocativo di Gesù Cristo e la particella OM che, come spiegherò in seguito, indica la caratteristica impersonale della divinità, oppure SIGNORE GESU’ CRISTO ABBI PIETA’ DI NOI. Quando applichiamo il Mantra “Gesù” invochiamo il Cristo perché ci faccia diventare più simili a Lui, pieni di saggezza, pietà e amore. Per quanto riguarda la religione cattolica un Mantra molto potente e molto conosciuto è l’AVE MARIA e con questo ricordiamo l’infinito amore della Madre Divina nei nostri confronti. Troviamo anche dei Mantra russi come GOSPODI-POMILUI che significa Signore abbi pietà. Un altro Mantra abbastanza importante è quello greco che si distingue in 2 forme: quella completa KYRIE-EMON, IESOU-CHRISTE, YIE-THEOU, ELEISON-YMAS cioè “Nostro Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di noi”, e quella abbreviata KYRIE ELEISON cioè “Signore abbi pietà”. Nell’ambito delle religioni orientali le più importanti sono sicuramente l’induismo ed il buddismo; nell’induismo le figure più importanti sono RAMA e KRISHNA. La parola Rama è formata dalla particella Ram che significa gioia quindi Rama e' colui che colma di durevole gioia, ripetendo questo mantra ricordiamo a noi stessi la fonte di gioia duratura nel profondo di noi. La figura di Rama è anche collegata ad una tradizione epica letteraria induista chiamata Ramayana in cui si narrano appunto le vicende del principe Rama che combatte per sconfiggere le guerre intestine del suo popolo e per riacquistare l’amore della sua sposa e il suo trono. E’ molto facile identificarsi con questa figura perché anche noi, ogni giorno a modo nostro, dobbiamo combattere le nostre guerre e affermare i nostri diritti. Nella religione induista esistono 3 concetti: la creazione, la conservazione e la distruzione. Krishna significa colui che affascina tutti e ci tira a sé, ed è la figura più importante e rappresenta la conservazione dell’Universo quindi quando ripetiamo questo Mantra ricordiamo l’infinito ed eterno potere che conserva e protegge l’Universo. Il termine Hare è il vocativo di Hari che significa colui che ci rubò il cuore, secondo un tradizione indiana quando il Signore creò l’uomo decise di rubargli il cuore e di nascondersi nell’unico posto in cui l’uomo non avrebbe mai cercato e cioè nella propria coscienza. Con questo Mantra cerchiamo di ricordare che spesso i problemi che vediamo dall’esterno, in realtà, sono dovuti ai “mostri” che si muovono dentro la nostra coscienza, quindi spesso è più fruttuoso nell'intimo di noi stessi. vai a inizio pagina / top of pageOM-NAVAH-SHIVAYA è sempre un Mantra indiano, è una supplica alla divinità Shiva che rappresenta il terzo aspetto, la distruzione. Invochiamo questo Mantra per porre fine al nostro egoismo e al nostro senso di separazione; è importante perché indica anche una caratteristica del Signore che, pur amandoci, alle volte ci fa soffrire. Questa sofferenza non deve essere vista come una punizione, ma come un campanello d’allarme per indicare che non stiamo percorrendo il giusto cammino. OM-MANI-PADME-HUM è il più importante dei Mantra buddisti, non fa riferimento alla figura divina ma sta ad indicare il gioiello che è nel loto del cuore. E' una figura molto bella perché questo gioiello è il tesoro che è perennemente nascosto nel nostro cuore. Il cuore viene visto come il loto, figura ricorrente nel buddismo: ha la caratteristica di poter crescere anche in zone paludose senza che i suoi petali vengano sporcati e intaccati dal terreno fangoso. Il loto è il simbolo perfetto della purezza e testimonianza della purificazione dalle nostre colpe quando ripetiamo questo Mantra. Ci sono anche Mantra ebraici tra cui BARUKH-ATTAH-ADONAI che significa benedetto sia tu o Signore, il Signore è la sorgente di tutta la forza, di tutto il coraggio, la gioia e l’amore. Quelli elencati finora sono Mantra che raffigurano l’aspetto personale della divinità, per quanto riguarda, invece, l’aspetto impersonale è stato definito con vari epiteti quali: l’Assoluto, la Realtà Ultima… nell’induismo evidenziato con il termine BRAHMAN. Questi termini sono comunque inadeguati in quanto la concezione della parte impersonale della divinità è al di fuori del concetto causa-effetto, spazio-tempo ed è collegata alla Teoria Vibratoria che sta alla base della creazione dell’Universo, formulata da saggi indiani millenni fa e poi ripresa ultimamente dalla fisica moderna, teoria secondo cui l’intero mondo fenomenico consiste di vibrazioni. Tutte le cose che noi vediamo nel mondo fenomenico in realtà sono energia che vibra, la vibrazione più bassa sarà la materia percepibile con i sensi, man mano che saliamo di livello, di vibrazione e quindi di energia abbiamo ciò che non viene percepito dai sensi, quindi le emozioni, lo stato mentale, l’anima. Il simbolo perfetto dell’aspetto impersonale della natura divina, cioè la vibrazione più sottile, è la sillaba OM (AMEN in cristiano). Questo concetto viene ripreso sia nel Vangelo secondo Giovanni dove si dice in principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio sia nel Rig Veda uno dei testi più antichi della religione induista dove si dice in principio era Brahman presso cui era il Verbo ed il Verbo era in verità Brahman. Si noti come due religioni così distanti in realtà si basino sullo stesso principio. Questa figura impersonale, cioè l’OM, non può essere utilizzata da sola perché noi non possiamo rispecchiarci in qualcosa di impersonale che non riusciamo neanche a concepire con la nostra mente: E' meglio sempre fare riferimento a figure che hanno “camminato” sulla terra e quindi che ci possono ispirare, eventualmente si può aggiungere l’ OM ad un Mantra personale così da evidenziarne anche la natura impersonale.vai a inizio pagina / top of pageLa pratica del Mantra non richiede tanto tempo, bastano pochi minuti qua e là nell’arco della giornata, alla fine della quale si dovrebbe aver accumulato un bel po’ di tempo.La parola Mantra è formata da due particelle: Man significa mente e Tri significa attraverso, il Mantra serve per attraversare il mare della mente. Questa similitudine è molto azzeccata in quanto la mente proprio come è il mare che in alcuni giorni è in burrasca mentre in altri è calmo. In questo mare riusciamo a vedere solo gli strati superficiali e non il profondo dove in realtà sono nascoste le cause dei nostri mali, le paure, l’ansia, la brama… Il Mantra serve a controllare questi pensieri. Di frequente i conflitti che ci rendono difficile concentrarsi sono alla base di gravi disturbi fisici e fin troppo spesso ci fanno sprofondare nella depressione. La maggior parte della gente non intravede alcun modo di cambiare la situazione, alla fine la accetta come un fatto inevitabile, ma in realtà è solo un condizionamento. Nel profondo di noi stessi abbiamo immense risorse che possiamo utilizzare per avere il controllo della nostra mente, senza intenderlo come un atteggiamento freddo e rigido. Molte persone, specialmente quelle molto istruite, pensano che un controllo impedirebbe il libero scorrere dei pensieri eppure a nessuno viene in mente di mettere in discussione la necessità del controllo e della disciplina quando ci si deve impadronire di abilità di tipo fisico. Bisogna saper superare le barriere tra conscio ed inconscio attraverso un processo che i grandi mistici chiamano calmare o fermare la mente, cioè porre ogni processo mentale sotto il nostro completo controllo anche a livelli mentali più profondi. Più la mente diventa calma e stabile, più riusciamo a realizzare nella vita quotidiana, il nostro vero diritto alla sicurezza, alla gioia e ad acquistare quell’instancabile energia nell’operare per il benessere del prossimo. Quando siamo preoccupati, inquieti o mossi da un bisogno urgente di soddisfazione personale a spese del nostro prossimo, il Mantra può trasformare queste emozioni in una fonte di forte potere e aiutarci a non agire e parlare impulsivamente: questo non significa reprimere le emozioni, bensì usarle, invece di farci usare da esse. Un’enorme quantità di energia vitale viene dispersa nell’oscillazione della mente tra ciò che ci è gradito e ciò che non lo è, quando siamo prigionieri di preferenze e avversioni, di opinioni ferme e abitudini rigide non possiamo agire al nostro meglio né conoscere una vera sicurezza. Viviamo alla mercé di circostanze esterne: se le cose vanno come diciamo allora siamo contenti, in caso contrario siamo depressi. E' difficile modificarsi, essere elastici e accettare qualunque cambiamento, ma possiamo provarci. Le persone che hanno sviluppato questa preziosa qualità sono in grado di riprendere la loro posizione ogni volta che la vita prova ad abbatterle.Per affrontare i lavori sgraditi bisogna seguire alcune semplici regole: attenzione totale e non rimandare ciò che deve essere fatto… così si otterranno i migliori risultati nel minor tempo possibile. Siamo costantemente condizionati a ricercare l’eccitazione come se fosse la quinta essenza della vita, ciò che non è eccitante ci appare solo noioso e monotono. Se ci sentiamo vivi solo quando siamo euforici allora saremo condannati a sentirci depressi quando l’eccitazione svanisce. La legge della natura stabilisce che ciò che sale deve inevitabilmente scendere, più saremo eccitati prima più saremo depressi dopo e così via in una continua altalena.vai a inizio pagina / top of pageIl Mantra serve anche a tramutare i diversi sentimenti come le preoccupazioni, la paura, l’ansia, l’ira, l’impazienza o i desideri e a convertirli in qualcosa di più utile.I Mantra fanno parte di altre discipline spirituali tra cui sono importanti- la Meditazione (che deve essere fatta sempre)
- la Calma cioè saper rallentare tutto (la mente veloce è malata, la mente lenta è sana e la mente calma è divina)
- la Concentrazione (se sapessimo applicare in tutte le cose la stessa concentrazione che applichiamo per ciò che ci piace otterremmo migliori risultati)
- l’Educazione dei Sensi
- l’Anteporre gli altri
- l’Amicizia Spirituale
- le Letture Mistiche 
Moto uguale vibrazione, vibrazione uguale suono. Ho letto questa affermazione in un libro di fisica. Se nel nostro universo, dunque, tutto si muove, ne consegue che tutto vibra. E se tutto vibra, l'universo ha un suo suono che consegue dalla somma dei suoni dei corpi celesti.
La fisica, perciò, concorda con le interpretazioni filosofiche religiose che affermano il suono come principio primo. Basti pensare all'induismo e al suono della Om oppure a "in principio era il verbo" della nostra cultura religiosa.
I più autorevoli movimenti filosofici indiani affermano che l'uomo (microcosmo) è della stessa sostanza di Dio (macrocosmo), per conseguenza, si possono studiare le componenti e reazioni umane per comprendere quelle universali.
Se sottoponiamo un soggetto a elettroencefalogramma, notiamo le seguenti reazioni: in presenza di attività cerebrale si manifestano vibrazioni che, per farla breve, l'ago dello strumento trasforma in segni grafici visibili. A noi interessa in questo articolo di esaminare un aspetto di questo fenomeno. Se poniamo un soggetto in condizioni ideali di riduzione dell'attività cerebrale, a digiuno, magari in una stanza silenziosa, incolore a occhi chiusi e poi appoggiamo una mela davanti a lui e lo esortiamo ad aprire gli occhi, notiamo che, non appena il soggetto vede la mela ed inizia una primordiale attività cerebrale comparabile al suo primo desiderio di mangiarla, l'ago si muove. Voglio arrivare a dimostrare che il desiderio di mangiare la mela che precede l'azione stessa dell'afferrarla è già una realtà vibrazionale. La cultura indiana afferma che il desiderio di dare vita alla manifestazione da parte del trascendente è già una realtà assolutamente concreta, una prima vibrazione espressa dallo stesso trascendente, come il desiderio nella mente dell'uomo che vede la mela. Tale vibrazione sarebbe la Om. La Om precederebbe l'espressione della manifestazione. E' come dire che questa vibrazione si trova tra l'idea e la sua materializzazione o messa in pratica. Ecco perché nelle lezioni di yoga si inizia cantando la Om. Per mettere gli allievi nella condizione di suggerire a se stessi di trovarsi come minimo tra il materiale e il trascendente, tra la tangibile manifestazione e Dio ed iniziare a prendere in esame i fenomeni da quel punto di vista. Lo Yoga infatti mira all'esperienza del trascendente e con la Om è come se scegliessimo di collocarci su una piattaforma spaziale intermedia tra l'uomo e Dio, tra il materiale e lo spirituale. Da questa piattaforma si può azzardare l'ipotesi di un viaggio verso l'esperienza sovrumana.vai a inizio pagina / top of pageVediamo ora altri aspetti della Om. Essa rappresenta la somma di tutti i suoni presenti nella manifestazione. La lingua sanscrita ha creduto di raggruppare in 50 suoni la tipologia delle vibrazioni universali dando vita ad altrettanti segni grafici che corrispondono alle lettere dell'alfabeto. Tra queste ce ne sono tre, che poi diventano due, e vedremo come, le quali praticamente li comprendono tutti.
Questi suoni sono corrispondenti alle lettere A U M. Da un punto di vista pratico la lettera A, quando si pronuncia, e provate a farlo, ha una collocazione fisica bassa nella gola, la lettera U al centro sul palato e la lettera M sulle labbra. Tutti gli altri suoni si collocano nella cavità orale all'interno di queste tre posizioni, e per questo le comprendono tutte, assumendo quel giusto valore di sintesi universale.
Ecco cosa la Om rappresenta: la sintesi universale della vibrazione materiale divina espressa. Si parte sempre dalla presa di coscienza del molteplice, poi si procede all'identificazione di espressioni che possono essere raggruppate, nel tentativo, semplificando, di fare l'esperienza dell'Uno. E' così anche in questo caso, dove l'infinita molteplicità dei suoni presenti nell'Universo viene organizzata in cinquanta lettere-suoni per poi identificarne tre che li rappresentano tutti ed infine scoprire che la A e la U se pronunciate insieme possono essere benissimo contratte nol suono O. In tal modo prende corpo la sillaba sacra Om che esprime la vibrazione universale, principio della manifestazione.
Per lo stesso presupposto una Om di base risulterebbe dalla somma di tutti i suoni che le particelle, in noi attive, emetterebbero. Una specie di suono personale per ogni essere o oggetto animato, una sua caratteristica, una sua tendenza e sensibilità vibrazionale. Si ha ragione di ritenere che, questo suono, può essere modificato. Da lì la scienza del mantra che mira ha innestare processi di cambiamento, determinanti nuove caratteristiche.
La parola Mantra, letteralmente significa strumento per la mente, ed è qualcosa in grado di indurre una diversa natura vibrazionale. Come dicevamo all'inizio, la mente emette diversi tipi di vibrazione. Vi sarà capitato di entrare in certi luoghi dove la presenza dei pensieri di qualità bassa dei presenti non vi faceva sentire a vostro agio. Diverso è il tipo di vibrazioni emesso dalla mente di un assassino rispetto a quello della mente di una madre che si rivolge a un neonato. Potete constatarlo anche in pratica: la voce della madre assume toni sottili, alti ed acuti, sicuramente di natura superiore. Di diversa qualità sono le onde cerebrali, infatti, che lei emette.
Proprio partendo da questo presupposto il mantra stabilisce che si possono praticare, volontariamente, diversi tipi di onde cerebrali fino, attraverso la ripetizione ossessiva, a modificare quelle naturali. L'obbiettivo è di indurne di migliori, abituando la mente a esercitare pensieri della stessa natura.
Questo è ciò che il mantra si prefigge, in qualche caso, ha la pretesa di portare la mente a vibrare all'unisono con Dio. vai a inizio pagina / top of page

 
 
 

Ragni

Post n°166 pubblicato il 04 Settembre 2010 da strega.lilith

I I ragni (Araneae Clerck, 1757) sono un ordine di Aracnidi, suddiviso, a giugno 2010, in 109 famiglie che comprendono ben 41.719 specie.[1]Sono artropodi terrestri provvisti di cheliceri e hanno il corpo suddiviso in due segmenti, cefalotorace e opistosoma, e otto zampe. I due segmenti sono congiunti da un piccolo pedicello di forma cilindrica.[2] Come in tutti gli Artropodi, il celoma (cavità del mesoderma per il trasporto dei fluidi), pur essendo molto piccolo, consente il passaggio dell'emolinfa che ossigena e nutre i tessuti e rimuove i prodotti di scarto. L'intestino è così stretto che i ragni non possono mangiare alcun grumo di materiale solido, per quanto piccolo, e sono costretti a rendere liquido il loro cibo con vari enzimi digestivi e macinarlo finemente con l'apparato masticatorio.Ad eccezione del sottordine più primitivo, quello dei Mesothelae, i ragni hanno il sistema nervoso più centralizzato fra tutti gli Artropodi e, come questi, hanno i gangli fusi in una sola massa all'interno del cefalotorace. Diversamente dalla maggior parte degli artropodi, i ragni non hanno muscoli estensori nel loro corpo; i movimenti delle zampe e del corpo sono ottenuti attraverso variazioni di pressione del loro sistema idraulico.[3] Nella parte terminale dell'addome sono presenti le filiere che estrudono la seta, usata per avvolgere le prede e costruire le ragnatele.La seta secreta dai ragni può essere considerata superiore a qualsiasi materiale sintetico finora elaborato per leggerezza, tenacia ed elasticità.La sola specie vegetariana di ragni è stata descritta nel 2007[4]; tutte le altre sono predatrici, sia di altri ragni che di insetti; le specie più grandi arrivano a predare anche piccoli uccelli e lucertole senza difficoltà. Da vari studi e osservazioni si è scoperto che gli esemplari giovani completano la loro dieta con il nettare, mentre gli esemplari adulti preferiscono integrare con il polline. In parecchie specie di ragni i cheliceri sono diventati atti a secernere un veleno per immobilizzare le prede, a volte tanto tossico da risultare pericoloso anche per l'uomo. Di recente si stanno sperimentando piccole dosi di questi veleni a scopo terapeutico o come insetticidi non inquinanti. Buona parte dei ragni cattura le prede intrappolandole in vischiose ragnatele ponendosi in agguato nelle vicinanze e pronti a iniettare loro il veleno. Le specie che usano questa tattica di caccia sono molto sensibili alla più piccola vibrazione che scuota anche minimamente i fili della ragnatela. D'altro canto, le specie che cacciano all'agguato sono fornite di un'ottima vista, fino a dieci volte più acuta di quella di una libellula.[5]Alcuni ragni cacciatori hanno particolare abilità ed intelligenza nell'adoperare varie tattiche per sopraffare la preda, mostrando anche di saperne imparare di nuove se occorre. Alcune specie hanno ad esempio modificato il loro aspetto prendendo le sembianze esteriori di formiche al punto da essere facilmente confusi con una di loro. il comportamento sociale è variegato: da una semplice tolleranza di vicinato, come nell'aggressiva vedova nera, ad una vera e propria caccia coordinata fra più esemplari e successiva suddivisione delle prede catturate. In quanto a longevità, la maggior parte dei ragni non supera i due anni, solo alcuni esemplari di tarantole e vari migalomorfi in cattività sono noti per essere sopravvissuti fino a venticinque anni.[7]] La testa è composta da vari segmenti che si fondono l'uno con l'altro durante lo sviluppo dell'embrione.[13] In quanto chelicerati il loro corpo è costituito da due tagmata, tipica segmentazione degli Artropodi, insieme di segmenti che sottendono una funzione simile. Il primo di questi, che prende il nome di cefalotorace o prosoma, è la fusione completa di due tagmata che in un insetto sarebbero separati: il capo e il torace; il tagma posteriore prende il nome di addome o opistosoma.[12] Lo schema della fusione dei segmenti che compongono la testa dei chelicerati è unico fra gli artropodi, e quello che sarebbe il primo segmento del capo di norma scompare all'inizio dello sviluppo, cosicché ai chelicerati mancano le antenne tipiche di molti artropodi. Infatti i chelicerati hanno solo due appendici davanti alla bocca, che funzionano al più solo per accompagnare il cibo, ma mancano completamente di una struttura che potrebbe avere funzione di mascella.[13][14] Le prime appendici sul davanti dell'apparato della bocca sono chiamate pedipalpi e hanno funzioni diverse all'interno di gruppi diversi di chelicerati.[12]Ragni e scorpioni appartengono ad uno dei gruppi di chelicerati, denominato Aracnidi.[14]  In aggiunta, i ragni maschi hanno allargato queste ultime sezioni adoperandole per il trasferimento di sperma.[7]Nei ragni, il cefalotorace e l'addome sono congiunti da un piccolo peduncolo di forma cilindrica che consente all'addome di muoversi indipendentemente dal capo mentre secerne la seta. La parte superiore del cefalotorace è ricoperta da un singolo carapace convesso, mentre la parte inferiore è ricoperta da due pezzi di carapace di forma alquanto appiattita. L'addome è molle ed ha la forma ovoidale, non mostra alcun segno di suddivisione o frazionamento, ad eccezione dei primitivi Mesothelae, i cui rappresentanti odierni, i Liphistiidae, hanno il carapace costituito da vari segmenti nella parte posteriore. Normalmente i ragni sono considerati predatori di altri animali, tuttavia esistono alcune eccezioni: ad esempio, il ragno salticida Bagheera kiplingi ottiene il 90% del suo cibo da materiale vegetale abbastanza solido prodotto dalle acacie in mutua relazione simbiotica con una specie di formica del genere Pseudomyrmex.[4] Studi di laboratorio mostrano che si comportano così intenzionalmente, per lunghi periodi e, mentre si alimentano, provvedono anche ad una pulizia periodica del loro corpo. Questi ragni preferiscono anche soluzioni zuccherine ad acqua semplice, il che indica che sono alla continua ricerca di nutrienti. Siccome molti ragni hanno abitudini notturne è probabile che sia stato sottostimato il loro ricorso al consumo di nettare. Il nettare contiene amminoacidi, lipidi, vitamine, sali minerali oltre a zucchero e vari studi hanno dimostrato che, quando queste integrazioni alimentari sono disponibili, i ragni riescono a vivere più a lungo. Dal punto di vista strettamente ergonomico il ragno, alimentandosi di nettare, evita i rischi di lotte con le prede e il dispendio energetico nel produrre veleno ed enzimi digestivi.Diverse specie di ragni sono note per alimentarsi di artropodi morti (saprofagia), della seta delle ragnatele ed anche delle loro cuticole esterne dopo la muta. Il polline intrappolato nella ragnatela può essere mangiato e vari studi hanno dimostrato che i giovani ragni che hanno potuto nutrirsi di polline hanno migliori possibilità di sopravvivenza. Tutto ciò è meno insolito di quanto si pensi: fra gli insetti, gli esemplari giovani di una specie di mantide religiosa, si nutrono attivamente di polline, proprio come si comportano alcuni ragni adulti che catturano insetti all'interno dei fiori, (Thomisidae, ad esempio), cibandosi anche del polline per integrare l'alimentazione.Tecniche predatorieIn agguato sulle ragnateleIl metodo più classico e più famoso di un ragno per catturare la preda è la ragnatela appiccicosa. La grande varietà di disposizioni e strutture delle ragnatele permette a diversi tipi di ragni di intrappolare specie di insetti diversi nella stessa area; ad esempio ragnatele costruite orizzontalmente fra le foglie intrappolano insetti che volano dalla vegetazione interna verso l'alto, mentre ragnatele verticali o poco inclinate consentono di catturare insetti che volano orizzontalmente. I ragni costruttoriLe femmine del ragno d'acqua Argyroneta aquatica costruiscono una ragnatela a forma di campana di immersione subacquea che riempiono d'aria ed usano per digerire le prede, mentre fanno la muta, quando si accoppiano e allevano i piccoli. In pratica vivono quasi completamente all'interno di queste campane; ne escono solamente per cacciare le prede che hanno la sfortuna di impattare con la campana stessa o coi fili che la ancorano. Alcuni ragni usano le superfici placide di laghi e stagni a guisa di ragnatele: quando due insetti lottando tra loro finiscono sul pelo dell'acqua, il ragno sente le vibrazioni che causano agitandosi e accorre per assalirli. Ragnatele mobili e semi-mobiliVi sono inoltre ragni che tessono piccole ragnatele, aderenti ad una o più zampe, mobili o semimobili, che manipolano per catturare le prede: in pratica distendendo le zampe, la ragnatela si tende in tutta la sua ampiezza; ripiegando le zampe, la tela si affloscia. Quelli del genere Hyptiotes e i ragni della famiglia Theridiosomatidae tendono fortemente le loro tele per poi rilasciarle quando una preda le colpisce, tuttavia non trasportano attivamente la tela con loro, fabbricandola nuova di volta in volta. Le specie della famiglia Deinopidae tessono tele molto piccole, le tengono distese fra le loro due prime paia di zampe e le spingono in avanti fino a due volte la lunghezza del proprio corpo per intrappolare la preda; questa tecnica può aumentare la superficie occupata dalle tele stesse anche di un fattore dieci. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che il Deinopis spinosus ha due diverse tecniche per intrappolare la preda: zampate all'indietro per prendere insetti volatori che individua attraverso le vibrazioni e zampate in avanti per afferrare prede che camminano sul terreno. Queste due tecniche sono state osservate anche in altri deinopidi. Gli insetti che camminano sul terreno costituiscono la maggior parte delle prede dei Deinopidae, ma popolazioni di Deinopis subrufus si cibano principalmente di ditteri tipulidi che afferrano menando zampate all'indietro.[60]Nascosti in agguatoAltri predatori in agguato, inclusi i ragni-granchio, fanno a meno di tali aiuti;[7] alcune specie per predare le api, che hanno un'ottima visione nell'ultravioletto, riescono ad adeguare l'indice di riflessione nell'ultravioletto per mimetizzarsi completamente nei fiori in cui si sono appostate. [55] Lycosidae, Salticidae e ragni-granchio catturano la preda inseguendola e fanno principalmente affidamento sulla vista per localizzarla con precisione

 
 
 

Serpenti

Post n°165 pubblicato il 04 Settembre 2010 da strega.lilith

Col termine serpente, od ofide, vengono comunemente chiamati i Rettili Squamati appartenenti al sottordine Serpentes (od Ophidia). La filogenesi dei serpenti è collegata strettamente a quella delle lucertole (nome comune dei rettili appartenenti sottordine Sauria), con i quali costituiscono l' ordine Squamata. Esistono molte specie di lucertole prive di arti che assomigliano in modo superficiale ai serpenti, ma la loro parentela è più lontana di quanto possa sembrare. I serpenti, inadatti a vivere in un clima freddo, nelle zone temperate quando arriva l'inverno si abbandonano a una sorta di coma letargico fino alla fine dell'inverno. La scienza che studia i serpenti è chiamata ofiologia e i suoi studiosi ofiologi. serpenti sono animali carnivori, si nutrono quindi di piccoli animali, compresi altri rettili e serpenti, uccelli, uova o insetti. Alcune specie sono dotate di un morso velenoso con il quale uccidono la preda prima di nutrirsene oppure la paralizzano; altre invece uccidono le prede per costrizione. I serpenti ingoiano la preda senza masticarla poiché, disponendo di una mascella e di altre numerose articolazioni del cranio estremamente flessibili possono aprire la bocca e ingoiarla interamente, anche se queste sono di grandi dimensioni.

I serpenti non si nutrono normalmente di uomini, ma si sono comunque registrati casi di bambini mangiati dai grandi costrittori nella giungla. Anche le specie più aggressive preferiscono, di norma, evitare il contatto.

A causa della presenza di molte specie velenose, alcune con tossine mortali per l'uomo, i morsi di serpenti sono tra i più pericolosi: la diversa composizione del veleno può comportare vari sintomi per ogni morso.

I serpenti causano ogni anno tra i 30 ed i 40 mila morti, il maggior numero dei quali nel sud-est asiatico.

In Italia gli unici serpenti velenosi sono rappresentati dalle vipere il cui morso comporta un'intossicazione molto simile da specie a specie ed una sintomatologia comparabile: in primo luogo compare dolore nel punto colpito (punto nel quale si possono riscontrare i segni lasciati dai denti veleniferi) successivamente compare una tumefazione alla quale fanno seguito sintomi generali di shock, con dolori gastrici ed intestinali, vomito e diarrea, dopo due ore il morso provoca la morte.

La terapia si basa, principalmente, sul rallentamento dell'assorbimento del veleno, fino alla somministrazione di un siero antiofidico.La pelle è coperta di squame. La maggior parte dei serpenti utilizza le squame della pancia per muoversi. Le loro palpebre sono squame trasparenti che rimangono perennemente chiuse. I serpenti mutano periodicamente la loro pelle. Diversamente da altri rettili, questa mutazione è fatta in un solo passo, come tirarsi fuori un calzino. Lo scopo della muta è la crescita delle dimensioni del serpente, dunque indispensabile per il miglioramento del movimento.

I ritrovamenti fossili dei serpenti sono relativamente scarsi, a causa dei loro scheletri fragili che difficilmente si fossilizzano. I più antichi resti fossili attribuibili a serpenti datano a circa 110 milioni di anni fa (Lapparentophis) e sono stati ritrovati in Nordafrica. Si suppone che questi antichi serpenti siano derivati da animali del gruppo delle lucertole, probabilmente da forme scavatrici e di abitudini sotterranee (come suggeriscono alcuni resti fossili). Si conosce una forma del Cretaceo superiore, Najash rionegrina, che era dotata di due zampe posteriori e di osso sacro; presumibilmente era un animale compiutamente terrestre e scavava tane nel terreno. Una forma attuale, forse analoga a questi antenati scavatori, è il lantanoto del Borneo (Lanthanotus borneensis), una "lucertola" varanoide dalle abitudini semiacquatiche e priva di orecchie esterne.

I serpenti scavatori, probabilmente, svilupparono corpi allungati e persero le zampe per adattarsi a un habitat sotterraneo. Per questo motivo, inoltre, svilupparono anche palpebre fuse e trasparenti, così come l'assenza di orecchie esterne, per evitare di rovinare la cornea e di far entrare terra nelle orecchie.

Altri serpenti fossili risalenti al Cretaceo (Haasiophis, Pachyrhachis, Eupodophis), rinvenuti in strati leggermente più antichi di quelli di Najash, erano dotati di zampe posteriori, ma erano chiaramente forme marine e le zampe non erano del tutto articolate con la pelvi. Nel Cretaceo superiore, in ogni caso, erano già presenti serpenti simili a quelli attuali (Dinilysia), accanto a forme gigantesche dall'incerta collocazione (Madtsoiidae).

Attualmente vi sono numerosi gruppi di serpenti primitivi, come i pitoni e i boa che possiedono ancora zampe vestigiali, usate esclusivamente nell'accoppiamento per trattenere la femmina. Altri serpenti dotati di questi "speroni" sono i Typhlopidae e i Leptotyphlopidae, noti comunemente come serpenti verme.


Un'altra ipotesi sull'origine dei serpenti suggerisce che questi fossero stretti parenti dei mosasauri, grandi lucertole marine del Cretaceo (anch'essi derivati dai varanoidi). In questo caso, le palpebre trasparenti e fuse si sarebbero sviluppate per fronteggiare condizioni marine potenzialmente dannose, mentre le orecchie esterne sarebbero scomparse a causa di un mancato utilizzo; secondo questa ipotesi, i serpenti in origine erano animali marini, che successivamente colonizzarono le terre emerse. I fossili di Pachyrhachis e delle forme simili testimonierebbero la correttezza di questa ipotesi.

La grande diversificazione dei serpenti moderni cominciò nel Paleocene, dopo la scomparsa dei dinosauri e insieme alla radiazione adattativa dei mammiferi. In questo periodo sono note forme acquatiche (Palaeophis, Pterosphenus) e gigantesche (Titanoboa, Gigantophis), sviluppatesi grazie a un clima particolarmente caldo e umido. Uno dei gruppi più comuni al giorno d'oggi, i colubridi, divenne particolarmente diversificato grazie alla dieta a base di roditori, che a loro volta erano un gruppo di mammiferi dallo straordinario successo.

 
 
 

Chirotteri

Post n°164 pubblicato il 04 Settembre 2010 da strega.lilith

 

I pipistrelli sono gli unici mammiferi capaci di volo attivo.
La loro ala e' il risultato della trasformazione dell'arto anteriore, in particolare della mano, le cui dita, ad eccezione del pollice, si presentano estremamente allungate. Da cio', il nome di chirotteri: "mano alata".

Le specie che effettuano volo piu' lento e "acrobatico" hanno ali larghe; quelle che volano piu' velocemente (possono superare i 70 km/h) e in linea retta hanno ali in proporzione piu' strette e lunghe.

Vi sono specie che utilizzano lo stesso territorio per tutto l’anno, specie che compiono spostamenti stagionali di qualche decina o di poche centinaia di chilometri e specie che migrano anche a distanze di 2000 kilometri.

Nel mondo sono attualmente conosciute quasi 1000 specie di Chirotteri.
Esse presentano specializzazioni alimentari assai varie.

La maggior parte delle specie e' insettivora. Esistono pipistrelli che suggono il nettare dei fiori e altri che si nutrono di frutta, importantissimi per l’impollinazione e la disseminazione di molte piante tropicali.
Vi sono pipistrelli predatori di pesci, rane e di altri piccoli vertebrati. Infine, vi sono anche i “famigerati” vampiri, che, come le zanzare, si nutrono di sangue; nulla a che vedere con Dracula pero': si tratta di 3 specie di chirotteri di piccola taglia, che vivono nell’America tropicale e si cibano prevalentemente su uccelli e bovini.

Tutti i chirotteri europei sono insettivori, hanno cioe' un'alimentazione fondamentalmente basata su invertebrati.

In Italia sono segnalate quasi tutte le specie di chirotteri presenti in Europa. Esse rappresentano oltre un quarto delle specie di mammiferi indigeni del nostro Paese.

Un corpo che vibra produce un suono, che si propaga nell’aria come un’onda.
I suoni gravi (bassi) sono caratterizzati da poche oscillazioni al secondo. In linguaggio tecnico si dice che hanno una bassa frequenza.
I suoni acuti (alti) sono caratterizzati da molte oscillazioni al secondo. Essi hanno un’alta frequenza.
L’orecchio umano distingue suoni compresi tra una frequenza di 16 Hertz (Hz) e una frequenza di 18000- 20000 Hz (= 20 kHz). I suoni con frequenza superiore ai 20 kHz vengono detti “ultrasuoni”.
I pipistrelli emettono suoni udibili all’orecchio umano, simili a dei “cri cri”, e ultrasuoni, che noi non percepiamo.

Utilizzano parte delle emissioni per comunicare: alcune hanno significato territoriale, altre vengono utilizzate dai maschi, nel periodo degli accoppiamenti, per attirare le femmine, altre ancora costituiscono richiami volti a coinvolgere esemplari in azioni di disturbo contro predatori.

La maggior parte delle emissioni, tuttavia, non ha significato sociale, ma serve per esplorare l’ambiente circostante (ecolocalizzazione). In netta prevalenza si tratta di ultrasuoni, emessi dalle narici o dalla bocca. Le onde riflesse dagli ostacoli sono captate dai padiglioni auricolari e trasmesse al cervello, ove si traducono in una nitida immagine del contesto esplorato, anche nel buio assoluto.

I rinolofidi emettono gli ultrasuoni dal naso, concentrandoli con le pieghe della foglia nasale. Si tratta di emissioni lunghe, a frequenza prevalentemente costante.
Negli spazi aperti, invece, i segnali ad alta frequenza si indeboliscono e non forniscono una eco. Per tale motivo, le specie che volano e cacciano a cielo aperto utilizzano basse frequenze, con le quali possono percepire ostacoli e prede anche molto distanti.
Varie specie si servono di emissioni diverse, a seconda delle caratteristiche dell’ambiente circostante.

Esistono pipistrelli di ambiente aperto e specie forestali, pipistrelli che volano al di sopra degli alberi o tra le fronde, specie che cacciano presso il suolo, sulla superficie dell’ acqua o, ancora, intorno ai lampioni delle strade.

Il molosso di Cestoni (Tadarida teniotis) puo' volare a centinaia di metri dal suolo per cacciare gli insetti del plancton aereo.
All’opposto, il vespertilio maggiore (Myotis myotis) si posa frequentemente al suolo, a caccia di grossi coleotteri carabidi. Il vespertilio di Daubenton (Myotis daubentonii) e il vespertilio di Capaccini (Myotis capaccinii) cacciano sull’acqua e possono utilizzare la parte caudale della membrana alare come fosse un retino, per “pescare” gli insetti posati sulla superficie e le loro larve acquatiche. Alcune specie, come il rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), alternano alla ricerca delle prede in volo la caccia da appostamento: appigliati a posatoi, scandagliano l’ambiente con rotazioni del capo in ogni direzione.

Complessivamente, in quanto predatori notturni di insetti, i nostri pipistrelli rivestono un ruolo importantissimo e insostituibile negli ecosistemi: pochissime, infatti, sono le specie di uccelli che si alimentano di insetti durante la notte.

Intorno a novembre, quando le condizioni climatiche diventano critiche e la disponibilita' di insetti minima, i pipistrelli vanno in letargo, all'interno di grotte o di altri ambienti con microclima adatto. Le funzioni vitali sono rallentate, col risultato di un eccezionale risparmio energetico.

L'attivita' viene ripresa a febbraio-marzo. I pipistrelli si portano verso i siti estivi, utilizzando spesso quartieri di transizione. Nelle femmine mature, accoppiatesi a partire dalla fine dell'estate precedente, avviene l'ovulazione: le cellule seminali maschili, trattenute fino a questo periodo all'interno delle vie genitali femminili, possono fecondare le cellule-uovo prodotte. Fanno eccezione le femmine del miniottero (Miniopterus schreibersii): in esse la fecondazione e' avvenuta subito dopo l’accoppiamento, ma il successivo sviluppo embrionale si e' comunque interrotto, per riprendere a primavera.

In aprile – maggio, le femmine gravide si aggregano a costituire colonie riproduttive, all'interno di siti di rifugio denominati nursery. In maggio - luglio ciascuna di esse da' alla luce un piccolo, piu' raramente due.
Nella colonia i piccoli vengono accuditi e allattati. Stare insieme e' vantaggioso: ad esempio si mantiene meglio il calore corporeo. Ciascuna mamma riconosce tuttavia il suo piccolo, dall'odore e dalla voce, anche fra centinaia di altri piccoli.
In questo periodo, i maschi e le femmine che non hanno partorito conducono prevalentemente vita solitaria o in gruppetti isolati rispetto alle nursery.

Al termine dell'estate le colonie riproduttive si sciolgono e inizia il periodo degli accoppiamenti, che in alcune specie puo' interessare anche la stagione d'ibernazione.

Per il riposo diurno, per partorire e allevare i piccoli, per accoppiarsi e per trascorrere il periodo invernale in letargo, i pipistrelli utilizzano vari tipi di siti di rifugio, generalmente denominati col termine inglese di roost.

Varie specie si servono delle cavita' arboree: nidi abbandonati di picchi, fessure aperte nel legno dal gelo o a seguito di nubifragi, spazi sotto lembi di corteccia sollevati. Per esse la presenza di vecchi alberi deperienti o di tronchi di alberi morti, ancora in piedi, e' vitale.
Altri siti di rifugio particolarmente importanti sono le grotte: alcune specie penetrano a distanza di kilometri dall’apertura, altre si collocano nei suoi pressi.
Alcuni chirotteri utilizzano inoltre le fenditure delle pareti rocciose e, al suolo, gli interstizi delle pietraie.

A sostituzione degli ambienti naturali, spesso distrutti o alterati dall’uomo, molte specie si sono adattate a frequentare le cavita' sotterranee artificiali (miniere, gallerie) e le costruzioni, utilizzando gli spazi simili (per condizioni di microclima, oscurita', volume e possibilita' di appiglio) ai siti naturali originariamente utilizzati.
Alcune specie necessitano di volumi ampi, bui e poco disturbati, condizioni che talora si riscontrano in chiese, castelli e altri edifici monumentali. Altre frequentano piccoli spazi, anche semplici fessure, talora sotto i ponti o nelle comuni abitazioni.

Vediamo il mondo con la nostra vista, lo ascoltiamo con il nostro udito, lo fiutiamo con il nostro povero olfatto… e, convinti di essere biologicamente perfetti, pensiamo che il mondo SIA così.

Ma cio' che vediamo, sentiamo e fiutiamo, e' solo una parte, offuscata, della realta'. E per cercare di capire come percepiscano la realta' altre specie, quali sensazioni provino, non abbiamo a disposizione che i nostri sensi e parole create in funzione di essi.

Guardate quest’immagine notturna, senza chiarore lunare e senza illuminazione artificiale. Vedete il filare di salici e ontani e la riva del lago, con la bordura di canneto? Sopra le canne c’e' un grosso sciame di zanzare e, due metri sopra l’acqua, sta passando in volo un grosso coleottero Hydrophilus. Fra le fronde svolazzano alcune falene, attratte dal profumo dei fiori di caprifoglio.
E poi ci sono i pipistrelli, che “sentono” tutto questo con gli ultrasuoni e stanno cacciando: due esemplari di vespertilio di Daubenton sul pelo dell’acqua e un orecchione bruno fra gli alberi.

Immaginiamo di essere anche noi pipistrelli e, attingendo alle nostre esperienze di esseri umani, proviamo a capire…
Una sensazione di vuoto allo stomaco? Quando si comincia a volare e' normale e poi, qui si tratta di volo acrobatico: volteggi, picchiate, improvvise variazioni di rotta, immersi nell’aria fresca e carica di profumi.
Ora “sentiamo” nitidamente cio' che ci circonda e possiamo dedicarci ad acchiappare il nostro cibo preferito. Immaginate salatini, pasticcini, fiocchi di panna montata che fluttuano e scappano via veloci per l’aria.
In poche ore ne mangiamo l’equivalente di un terzo-meta' del nostro peso corporeo.

Sazi e soddisfatti, desideriamo una bella dormita. Torniamo nel nostro roost. Appigliati alla volta senza alcuno sforzo, poiché la presa dei nostri arti non richiede lavoro muscolare, penzoliamo nel materasso piu' morbido che c’e': l’aria.
Sara' un riposo perfetto, mai provato da esseri umani. Le nostre cellule non dovranno lavorare per mantenere alta la nostra temperatura corporea: dolcemente, ci raffredderemo di 15-20 gradi, sprofondando in un sonno ristoratore fino alla sera…

C'e' un diffuso senso di preoccupazione per la sorte delle specie minacciate che investe ormai un'ampia fascia della nostra popolazione; nell'ambito dei mammiferi esso si rivolge a specie quali la lontra e il lupo, ma purtroppo non si puo' dire altrettanto dei chirotteri. Eppure tra i mammiferi terrestri presenti in Italia inseriti nella Lista Rossa dell'I.U.C.N. (International Union for Conservation of Nature), ossia nell'elenco degli organismi minacciati di estinzione o prossimi a divenire tali, meta' delle specie sono chirotteri.

La distruzione e l'alterazione degli ambienti piu' importanti per l'alimentazione dei pipistrelli (zone umide e formazioni forestali), unitamente all'impiego irrazionale, in agricoltura, di pesticidi, influenzano negativamente la disponibilita' di insetti. Per i pipistrelli cio' significa una riduzione della propria fonte alimentare e il rischio di intossicazione a causa del consumo di prede contaminate.

Siti di riposo diurno, riproduzione e ibernazione vengono cancellati da interventi forestali (abbattimento degli alberi cavi), da lavori su edifici realizzati senza tener conto delle esigenze dei pipistrelli, dal disturbo e da altre forme di alterazione degli ambienti sotterranei (grotte, miniere abbandonate). Talora, spazi che venivano frequentati dai pipistrelli, vengono resi a loro inutilizzabili dall'impiego di sostanze chimiche antifungine e insetticide, usate in particolare nei trattamenti delle strutture in legno.
Infine, sono purtroppo da ricordare anche episodi vandalici di uccisione diretta, spinti fino alla distruzione di intere colonie.

Fra i problemi che minacciano i pipistrelli, ci sono anche alcune assurde superstizioni popolari, ancora molto diffuse nelle culture occidentali e causa di azioni persecutorie contro esemplari e colonie.
Citiamo qui le piu' comuni:

  • i pipistrelli si “attaccano” ai capelli;
  • i pipistrelli succhiano il sangue;
  • i pipistrelli sono ciechi e aggressivi.

Contribuiamo a sfatare queste sciocche credenze: i pipistrelli hanno disperatamente bisogno di amici!!!

 

 

 
 
 

abracadabra

Post n°163 pubblicato il 28 Agosto 2010 da strega.lilith
 

"l'uccello combatte per uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuole nascere deve distruggere il mondo. L'uccello vola a dio. Il nome del dio è Abraxas " -

Come un fiume carsico che emerge più volte durante il suo corso verso il mare, affiorando agli occhi di ignari, occasionali, o ignoranti osservatori, così Abraxas da quasi duemila anni emerge continuamente nello spazio esoterico, da un lato irridendo coloro che hanno cercato di sopprimerlo attraverso il rogo e l'ostracismo, e dall'altro lasciando stupiti o istupiditi coloro che sono avvezzi a considerare i simboli esoterici come pezzi intercambiabili di un unico puzzle.Troviamo l'incisione della parola Abraxas e della fantastica figura che lo rappresenta su pietre, gemme, manoscritti e sigilli. Gnostici, Vescovi, Priori Templari, cabbalisti, massoni e occultisti si sono fregiati di tale sigillo, o strumento: chi per il riconoscimento, chi per l'operatività, e chi per entrambe.Giova sempre ricordare come in alcune messe che traggono libera ispirazione dallo gnosticismo alessandrino, spesso Abraxas viene invocato affinchè offra conoscenza e grazia ai fedeli.Ancora alcuni vogliono che la parola magica ABRACADRABA, altro non sia che una particolare trascrizione di Abraxas. La rinveniamo per la prima volta nel Liber medicinalis ( secondo -terzo secolo ), ad opera di Sereno Damonico, medico gnostico, discepolo di Basilide. Suggerendo quindi una etimologia non ebraica della parola magica in oggetto, vista l'ostilità verso il patrimonio spirituale e religioso ebraico,  considerati espressione demiurgica, di Basilide.Inquadramento gnosticoCome anticipato, l'ambito gnostico da cui è emerso Abraxas è riconducibile a Basilide, maestro alessandrino del primo secolo dopo Cristo ( ancora una volta è da notare la coincidenza temporale assoluta fra cristianesimo religioso e cristianesimo gnostico, suggerendo, quantomeno, la compresenza di almeno due o tre radici cristiane ), la cui scuola, a carattere iniziatico, ebbe un'ampia diffusione in tutto il bacino del mediterraneo. Alcuni brevi cenni alla gnosi basilidiana, rimando ad altre trattazioni più specifiche in materia, sono riconducibilki al dualismo fra spirito e materia, la creazione di questo mondo da parte di un Demiurgo coincidente con il Dio ebraico, la presenza di 365 cieli che sovrastano questo nostro mondo, e che devono essere risaliti, attraverso adeguate parole di passo, per poter giungere alla liberazione.

  • Sul Trono del cielo più alto siede Abraxas,  associando ad ogni lettera ( in greco ), un numero ( A=1, B=2, R=100,A=1,X=60,A=1,S=200 ) otteniamo 365. Ovviamente ci riferiamo quindi  ai giorni dell'anno solare, in un ciclo di vita- crescita -morte-rinascita nel quale l'influenza divina si dispiega, e dal quale l'uomo gnostico si deve sottrarre. Abraxas è quindi colui che regge l'ultimo dei cieli, quello più alto, dove lo spirito è oramai liberato dall'influenza della materia, e si connatura come Divinità Solare ( è il simbolo del Sole che contraddistingue l'ultimo cielo), al pari di Mitrha ed Horus, in un ciclo di compimento che vede l'uomo unico protagonista, e la meccanica natura come antagonista. Si vuole che le lettere che compongono il nome di Abraxas  siano la radice del nome dei sette angeli che hanno creato il mondo, oppure che il nome di questa divinità gnostica altro non sia che quello divino dispiegato. Sono invece sicuramente fantasiosi, o frutto di pochezza culturale, i tentativi cabbalistici di associare Abraxas ad Abramo (Abraham ); purtroppo, per loro,  la natura fortemente antiebraica della gnosi Basilidiana, la connaturazione solare e spirituale di Abraxas, mal si conciliano con l'ibrido spirituale Abramo, legato alla terra, al desidero e alla dualità conflittuale ( Isacco ed Ismael ), ma come ben sappiamo di forzatura in forzatura tutto può essere piegato a piacimento.

  • Sempre in ambito cabbalistico, e ancora ciò va preso con estremo beneficio di inventario in quanto non si accorda alla radice gnostica basilidiana, si vuole che le prime tre iniziali di ABRAXAS, indicassero le tre parole ebraiche Ab (Padre), Ben (Figlio) Ruach (Spirito), raccogliendo quindi in tale divinità l'origine della trina manifestazione divina. Per i lettori che non si lasciano trascinare dalle infatuazioni sincretistiche, apparirà macchinoso come- per giungere a tale convergenza-  sia necessario traslitterare le lettere ebraiche in greco, addentrandosi in un gioco intellettuale da cui è possibile trarre ogni risultanza.Quello che sicuramente possiamo affermare, è come il supremo sette (uno degli attributi di Abraxas, in relazione ai sette angeli/eoni emanati, il quali hanno formato il mondo e i cieli ), può essere considerato la suprema Mente, da cui è scaturita ogni creazione. La mente, dove per immota casualità, o per mota causalità, ha preso forma un'idea, trovando in essa germe di sostanza ogni duale attributo, in quanto separata dall'oceano quintessenziale in cui si trovava indistintamente immersa.  Il profilo simbolico di Abraxas Abraxas appare come una figura fantastica dalla testa di gallo, il tronco di uomo, e due serpenti come gambe. In alcuni sigilli lo ritroviamo armato di frusta, in altri di arco, e quasi sempre provvisto di scudo. Un essere quindi fantastico, frutto di un'ardita composizione simbolica, che ricorda altri esseri legati al sacro e al mondo mitologico ( Melusina, Ippogrifo, Chimera, ecc... ).Tali rappresentazione altro non sono che la traslazione su di un piano immaginifico di un vettore, o veicolo, che unisce il mondo dei fenomeni umano al mondo spirituale; in altri termini, una raffigurazione dinamica di un concetto non afferrabile nella sua interezza, attraverso il pensiero dialettico razionale. Vi è un termine psicopompo che forse può aiutarci a comprendere il significato di questo Immaginario, un termine che indica degli animali in grado di traghettare l'uomo  conscio, verso le profondità dell'uomo inconscio:a tale genere di rappresentazione afferisce Abraxas ? Oppure è egli stesso l’inconscio manifesto ?

  • La testa di Abraxas è quella di un gallo. Simbolicamente questo animale è legato al mattino e al Sole. Esso rappresenta la vigilanza, l'attenzione e, nel cristianesimo esoterico, la resurrezione. Il gallo è quindi colui che saluta il Primo Sole, che emerge dalle tenebre, ad indicare la volontà protesa verso lo Spirito occultato, ma possiamo anche leggervi l'annuncio della venuta del Cristo, e del cambiamento fra una fase di ignoranza (notte), ad una fase di conoscenza (giorno). Al canto del gallo non sta bene farsi trovare ancora immersi nel sonno della ragione, per non rischiare, come San Pietro, che il torpore e l'inebriamento delle emozioni ci conducano a testimoniare il falso, su ciò che in realtà siamo, o dovremmo essere.

  • Le gambe rappresentano l'elevazione e la possanza: il fondamento su cui si regge tutta l'opera umana. Esse sono, per ovvia constatazione, il basamento o piedistallo necessario, per elevarsi e tendere al cielo; se salde a terra permettono all'uomo di protendersi verso l'alto, è attraverso di esse che traiamo forza dall'elemento terra, ma che subiamo anche la forza dell'elemento aria.In Abraxas le game sono sostituite da due corpi di serpente. Un simbolo questo che ritroviamo in innumerevoli culture iniziatiche, rappresentante sia l'energia nella sua forma pura, senza condizionamenti nè indirizzo, nella bivalenza di cura e di morte, ma anche una conoscenza arcana, profonda ed abissale. E' utile ricordare come, nell'immaginario gnostico, il serpente rappresenti oltre alla primitiva e superiore conoscenza sul bene e sul male, capace di liberare l'uomo dalla dorata prigionia demiurgica nel Paradiso Terreste, anche la potenza sessuale al suo stato primordiale. E’ infatti attraverso il binomio sesso-conoscenza, che lo gnostico comprende la genesi, e fonda la propria opera.

  •   La frusta è antico simbolo egizio di potere, di dominazione, di punizione, legato a divinità del tempo. Nell'Antica Roma la frusta era appesa ai carri di trionfo, mentre in Grecia era simbolo dei Dioscuri. La frusta riassume in sè lo scettro ( potere ) e il cappio ( punizione ). L'associazione scudo -frusta, indica la completezza di Abraxas  in grado di dispiegare il proprio supremo potere, ed immune ad ogni altro potere.

  • Il sette, come le lettere che ne compongono il nome, è il numero fondamentale che regola la manifestazione ( sette i colori, sette le note, sette i giorni della settimana, sette i vizi, sette le doti, le direzioni, ecc... ). Il sette è l'incontro fra il 4 ( gli elementi ), e il 3 ( numero delle tre forze: positiva, negativa, e neutra, ma anche del divino ); la geometria esoterica ci suggerisce che la comunione fra il quadrato e il triangolo, produce  il pentagono (l'uomo realizzato ). Possiamo vedere anche i tre elementi zoologici che compongono Abraxas ( serpenti, tronco umano, e testa di gallo ), come la necessaria cooperazione fra l'elemento inconscio-atavico ( la forza sessuale del serpente nella sua duplice natura di elevazione ed abbattimento ), l'elemento conscio-razionale ( il corpo umano e l'ordine con cui sostiene gli strumenti di dominio e difesa ), e l'istanza divina solare che armonizza, trasmuta ed eleva gli elementi inferiori, ma necessari.  Abraxas e C.G. Jung Uno degli aspetti meno conosciuti del pensatore C.G.Jung è la sua passione innata per il simbolismo e l'immaginifico, che spesso si estrinsecava attraverso il perseguimento di pratiche sicuramente poco ortodosse per il mondo scientifico ed accademico di allora, come di oggi. Pratiche che potremmo definire oscillanti fra la medianicità, il sogno lucido, e l'evocazione, e che nel 1916 diedero frutto al  libro I Septem Sermones ad Mortuos, stampato e diffuso privatamente da Jung nella cerchia ristretta di conoscenti. Lo stesso studioso narra come tale opera sia nata di getto, attraverso la scrittura automatica, in uno stato di trance dove Jung si identifica con Basilide. Questo stato di possessione è preceduto da fenomeni paranormali che investono la casa e i figli dell'analista: presenze spiritiche, trilli di campanello, sogni inquietanti, che hanno esatto termine, nel momento in cui Basilide-Jung inizia a scrivere. Facile intravedere in questi fenomeni un'incursione ( evocazione ) nella nostra dimensione, di istanze ataviche o di vere e propri fenomeni psichici o forse, più semplicemente ma non meno inquietante per l'uomo razionale, dell'affioramento dell'inconscio, o porzioni inconscie, sul piano manifesto.Senza volere commentare i sette sermoni, che varrebbe un lungo lavoro, propongo i passi dove si parla di Abraxas, in modo da meglio chiarire la collocazione di questa chimera nel pensiero di Jung-Basilide.L'effettività li unisce. Quindi l'effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza.
    Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perché gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio.
    Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole.
    Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l' ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si dispiega liberamente. L' ineffettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al dì sopra del demonio. E' probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.
    Il sole ha un effetto definito, e così pure il demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi di Abraxas, che è indefinito. E' forza, durata, mutamento"Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile. E' splendido come il leone nell'attimo in cui abbatte la preda. E' bello come un giorno di primavera. Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E' Priapo.E' il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia. E' l'ermafrodito del primissimo inizio. E' il signore dei rospi e delle rane che vivono nell'acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte. E' la pienezza che si unisce col vuoto. E' il santo accoppiamento, E' l'amore e il suo assassinio, E' il santo e il suo traditore, E' la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia, Vederlo significa cecità, Conoscerlo è malattia, Adorarlo è morte, Temerlo è saggezza, ..." ( C.G. Jung )
    “Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il  summum bonum, del demonio l’ infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male….Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano…Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio. Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire. Questo è il terribile Abraxas."” . 

  • Jung propone quindi un Abraxas come la causa prima di ogni manifestazione, e al contempo come materia informe, prima di ogni ordine e forma, almeno nel senso percepito e percepibile dall'umana ragione. Un elemento ( nel senso di elementare ed inscindibile ) dove pensiero, volontà, e oggetto di essi, trovano coesistenza in una completa comunione, non spiegabile attraverso altro che simboli. Abraxas, in Jung-Basilide, è posto ben oltre il mondo tridimensionale dei fenomeni, esso è la radice del tutto, e di ogni dualità, in quanto il tutto altro non è che un aspetto scisso o percepito del suo dinamismo.   Curiosità Templare Non sono molti i sigilli templari che sono giunti a noi, attraversando le pieghe del tempo. Molti sono stati distrutti, o semplicemente perduti, successivamente alla sospensione dell’ Ordine  da parte del Papa Clemente V.Uno dei sigilli superstiti porta incisa  la sagoma di Abraxas, prendendone quindi il nome, o in alternativa quello di  “Gemma Gnostica”. Storicamente viene fatto risalire al Precettore di Francia Andre’ de Coloors, 1215 circa, riportante il motto: "SECRETUM TEMPLI". Il "dio gnostico" di Basilide lo ritroviamo anche sui sigilli appartenuti a Luigi VII, a Margherita di Fiandra, con la frase incisa Sigillum Secreti; ai Vescovi di Canterbury e di Chichester, e ad altri prelati. Tutti questi sigilli hanno una collocazione temporale che non pare superi i primo due decenni del 1200.

  • Possiamo avanzare due lecite ipotesi, attorno al perché Abraxas apparisse in sigilli ufficiali di Vescovi, Arcivescovi, Priori di un ordine monastico, e nobili.La prima è come una certa conoscenza simbolica gnostica, fosse diffusa in un modo maggiore di quanto solitamente si pensa, e come anche strati della Chiesa Cattolica, antagonista millenaria dello gnosticismo, fossero permeabili ad essa. Ciò non significa necessariamente che vi fosse un corpo unico di conoscenza o una elitaria comunità cristiana esoterica, ma solamente che elementi gnostici decontestualizzati erano utilizzati da persone che provenivano da una tradizione ad essi avversa.La seconda ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione, è come una fratellanza gnostica basilidiana fosse presente in tale periodo, e raccogliesse al suo interno anche elementi rilevanti della Chiesa Cattolica, indicando come lo gnosticismo sia sopravvissuto nei secoli proprio occultandosi nella viva carne del suo persecutore.Oppure che è la gnosi l’ultimo ed estremo segreto, che alcuni occultano attraverso l’ortodossia e i dogmi. La pratica con Abraxas, riflessioni volutamente incompiute Come colui che si trova all'ombra profonda di una stanza, immerso nella folla, e intravvede dai contorni di una porta il filtrare di una luce, decide di elevarsi e camminare sulla teste urlanti, piuttosto che impegnarsi in spinte, e pressioni.Giunto alla porta aperta e varcatone il passo, si trova in un altro spazio anch'esso buio, ma di una luce nera diversa, e vuoto. Fino al giungere estremo di una voce, che lo accompagna laddove vi è la radice dei fenomeni, per poi all'improvviso precipitare nuovamente nella prima delle stanze.Interrogandosi se ciò che è accaduto  sia frutto di pazzia, ma volonteroso l'indomani notte nell'ora di mezzo, a volgere ancora una volta il proprio cammino laddove la coda si confonde con la testa.Un’onda fredda e scura, che circolarmente spinge ogni cosa verso l’esterno, lasciando affiorare, dopo una lunga attesa sul bordo del pozzo, delle immagini perse nella fissità. In quanto è forse impossibile abbracciare la vastità che ci racchiude, senza dover rinunciare completamente ad essere.Conclusioni Non è semplice offrire delle conclusioni attorno ad un argomento così complesso e dalle sottili vibrazioni come il simbolismo e l'operatività connessi ad Abraxas, che riguardano una realtà misterica di quasi duemila anni fa, certamente non votata a quella sincretistica universalità che tanto affligge l'esoterismo moderno.Per quanto è emerso sotto il profilo simbolico, non possiamo soffermarci su come Abraxas rappresenti un concetto archetipale, talmente sofisticato e astratto, che sembra sfuggire a qualsiasi possibilità di comunicazione dialettica. Esso raccoglie in sè la terra e il cielo, il sacro e il profano, l'uomo e il divino, il positivo e il negativo, il maschile e il femminile, la materia e lo Spirito, l’evoluzione e l'involuzione. Tali coppie non vivono, e neppure convivono, nella loro separatività, e neppure formano un equilibrio grottesco, ma bensì sono presenti ad uno stato potenziale, su di un piano superiore, non legato a fattori come percezione e cognizione, soggetto ed oggetto, ma di totale fusione.Ecco quindi Abraxas afferire alla totalità e alla complementarità, di questo mondo superiore di cause prime, ma anche artefice delle cause che sul nostro piano produrranno effetti. Del resto la bestialità/lunarità - umanità - bestialità/solarità ci suggeriscono che cogliamo l'una o l'altra solamente per un difetto percettivo-cognitivo, e che tale scissione decade nel momento in cui abbracciamo la complessa unicità del simbolo e dell’uomo.Abraxas si colloca quindi  prima di ogni effetto, e prima di ogni causa, essendo esso stesso causa ed oggetto in potenza. La chiave Abraxas, ci porta a dichiarare come tutto il nostro mondo del fare e del pensare è da un lato parziale, e dall'altro lato secondario. Parziale in quanto scissione statica di un insieme maggiore, particola separata da noi stessi di un continuo, che altro non è che uno sviluppo aperto di qualsiasi forma chiusa; dall'altro secondario, perchè frutto di agenti e agiti che si pongono su di un altro piano dell'idea-formazione. Volendo identificare Abraxas con questo Altro piano dell'idea-formazione, esso è il nucleo occulto, avvolto dal mondo interiore e dal mondo esteriore. Dove in un locus atemporale e multidimensionale, coesistono le infinte volontà dell'uomo-dio. Locus da noi solamente percepito nella sua esteriorità, in quanto posto oltre l'abisso e il silenzio che separa la nostra comprensione-compressione, legata alle quattro dimensioni e all'emersione delle idee.Nei fatti ognuno di noi è l'espressione ultima di Abraxas, e ogni nostro atto è la creazione o  la distruzione di un mondo, che in sè non è che una delle dimensioni finite, che compongono le multidimensioni infinite.Non è forse ogni nostra azione sul piano materiale, il frutto di una scelta o non scelta, di una volontà-riflesso su di un piano emotivo istintuale eo intellettuale ? Non comporta essa la creazione di una serie di eventi, e la non creazione su questo piano di altre serie di eventi ? Che però sussistono, coesistono ed insistono nel locus atemporale ove la volontà-riflesso è stata partorita ?Da Jung-Basilide: "In questo mondo l'uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo." Esiste un mondo che non si genera e non si distrugge? Esso è Abraxas in quanto ogni mondo è in esso in potenza, e non in numero. Un Abraxas superiore, svincolato completamente da ogni azione e forma grossolana, di cui noi siamo il caduco riflesso, ma non in cielo e neppure all’inferno va ricercato, bensì in noi stessi.

 
 
 
 

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Tetra notte e splendente luna
delle streghe udite la runa
Est e poi sud, nord e occidente
Ecco, vi chiamo, immantinente.
Aria e fuoco, acqua e terra
esaudite la mia preghiera
Bacchetta, spada, stella a cinque punte
queste parole vi siano giunte
Frusta e coltello, corde e incensiere,
svegliatevi e vita possiate avere.
E dell'Athame la forza invocata
giunga a noi se la magia e' avverata
Regina degl'Inferi e del cielo sovrano
Per l'incantesimo dammi una mano
E della Notte, Cacciatore Cornuto,
per il mio rito dammi un aiuto.
Per tutto il potere di terra e di mare
come io dico, cosi' possa stare.
Per la potenza del sole e di luna
possa accadere cantando la Runa.

 
 
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A voi riuniti in mia presenza
Portate al mio spirito la reverenza.
Venere dalla bellezza accecante
del Dio Cornuto la splendida amante
di stregoneria regina e potenza.
Etoine, Nisene, e poi Morgana,
Brigida sono, e Artemide, e Diana
Io la saggezza e Melusine
e Cerridwen madre di Taliesin
Signora del Buio, del Cielo Sovrana.
Voi che volete una mistica Runa
o che chiedete migliore fortuna
cercatemi in una radura nascosta
nel fitto del bosco e rotonda disposta,
danziamo nel Cerchio rivolti alla Luna.
In un placido posto selvaggio e isolato
danziamo d'intorno a un altare scavato;
rivelati adesso arcano mistero
mentre vi porto un segreto pensiero
pur se magia avete inventato.
La schiavitu'dimenticherete
se la fedelta' mi concederete.
Voi che il mio cerchio nel Sabba pestate
toglietevi tutto ed ignudi avanzate
in segno che liberi adesso sarete.
Vi insegno il mistero della rinascenza.
Riempite di gioia la vostra adunanza.
Labbra con labbra e cuore con cuore.
Nessuna legge, ma solo amore.
Cinque i punti della comunanza
che a tutti danno compiuta esperienza,
perche' sono il cerchio e rinasco ogni volta.
Inchinati adesso e quest'ultima ascolta:
sacrifici non chiedo, ma solo rispetto.
Quello che vive lo fa al mio cospetto.
A me tutto prendono, a me tutto danno,
da me tutti vengono , da me tutti vanno.

 

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Molto carino questo post. Ciao da chiocciola
Inviato da: diletta.castelli
il 22/10/2016 alle 15:19
 
meravigliosa
Inviato da: Velo_di_Carne
il 08/07/2015 alle 15:08
 
Infiniti auguri di buon compleanno!
Inviato da: anton6100
il 10/06/2011 alle 08:10
 
Molto bello, si vede che hai la vena poetica, con simpatia,...
Inviato da: giannis5
il 28/04/2011 alle 20:20
 
e mo ce vo u fatt..!!!
Inviato da: strega.lilith
il 28/09/2010 alle 13:22
 
 

 
 

 


La parola delle streghe adesso devi sapere,
segreti che nascondiamo nelle notti piu' nere
quando il buio era il sentiero del nostro destino
che ora portiamo nella luce del mattino.

Mistica acqua e fuoco misterioso,
la terra e l'aria del vento tempestoso
noi conosciamo per la nascosta quintessenza
e il segreto teniamo per la nostra conoscenza.

Cerchio magico, ciclo naturale,
con te godiamo e con la vita universale
il nascere e rinascere di tutta la natura
il placido passare di inverni e primavere.

Torna il Gran Sabba per quattro volte all'anno
e per prepararsi le streghe gia' sanno
si danza di Lammas, a Imbolc ,  Ostara
ad Halloween ch'e' forse  la festa piu' cara

A Marzo e Settembre c'e' l'equinozio
A giugno e dicembre invece il solstizio
Per quattro volte le Streghe van fuori
a festeggiare  i Sabba Minori.

Tredici lune d'argento in un anno
Tredici  membri in coven ci stanno
Tredici volte gli esbat si fanno
Per dodici mesi e un giorno che vanno.

Attraverso il tempo  il potere passava
tra donna e uomo ed ognuno donava,
quando ogni secolo andava a finire
l'uno  nell'altro  insieme ad unire.

Quando il magico cerchio e' tracciato
dal potere di  spada o athame  incantato,
in mezzo ai due mondi  giace il suo raggio
e in terra di ombre comincia il suo viaggio.

E allora questo mondo non potra' sapere
quello che l'Altro non vorra' dire,
gli Dei piu' antichi sono invocati,
e i Riti Magici sono riusciti.

Due sacre colonne ci sono all'entrata
dei mondi sorreggon la porta innalzata;
due son le forze della natura
e doppio e' l'aspetto divino in misura.

Il buio e la luce in continuazione
stan l'uno nell'altro in successione:
Deo e Dea saranno chiamati;
questi i concetti che ci hanno insegnati.

Cavalca di notte nel vento in tempesta
Signore del buio, il Dio Cornuto,
Di giorno e'  invece il re della foresta
e a lui tutte le piante ed il verde e' dovuto.

E' giovane o vecchia, e' come le pare,
tra nubi squarciate e' il suo navigare,
a mezzanotte d'argento diventa
e come L'Anziana incantesimi inventa.
 
Maestro e Maestra di ogni magia
che state nell'animo e nella mente
per sempre immortali vi rinnovate
voi che potete e fate e disfate.

Fai quello che vuoi, fai come ti va
fai con amore, se male non fa,
se questa regola si rispettera'
l'antica Magia compiuta sara'

 
 
 
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