La finestra di Ciro

Merito e politica in democrazia


Io ho una figlia di 31 anni, laureata in Scienza delle  Comunicazioni con 110, oltre alla sua lingua madre, parla e scrive fluentemente l’inglese e il tedesco; tuttora lavora presso una casa editrice con un contratto a progetto, eppure mesi fa per poter firmare un contratto di affitto è dovuta ricorrere al mio avvallo. Allora mi sono chiesto: a cosa sono valsi tutti quegl’anni d’impegno nello studio da parte sua , e tutto il sacrifico economico da me affrontato, se poi quel merito riconosciutogli dai suoi docenti non è valso a garantirgli neanche un misera affidabilità economica in materia di contratti di affitto ?        Certo i tempi sono cambiati, quando io ero della sua età, con la stessa sua preparazione avrei avuto molte più possibilità di scelta, sia nella pubblica amministrazione che nel privato. Ma oggi la situazione è totalmente diversa: il privato, con liberalizzazione  del mercato del lavoro, può fare e disfare a suo piacimento, mentre il pubblico difficilmente bandisce dei concorsi, e quando assume lo fa per chiamata diretta. Mentre per quei pochi concorsi che mette al bando, richiede delle conoscenze, che bisognerebbe  studiare tre vite di seguito per poterli superare senza problemi. Leggetevi, a titolo di esempio, le prove che bisogna superare per diventare “Segretario di Legazione in prova”, presso il Ministero degli Affari Esteri.       Questa ricerca del merito assoluto quando si tratta di “servire” lo Stato, sarebbe accettabile se fosse applicata a tutta la sfera d’interesse pubblico, ad iniziare dalla stessa politica.  Ma purtroppo lo scenario politico italiano ci mostra che il “merito” è l’unica qualità che non fa titolo.                          È lo dimostra la scarsa conoscenza della lingua inglese da parte del nostro presidente del Consiglio,  che per sfogarsi con Obama sulla sua situazione in patria, è dovuto ricorrere all’aiuto di un interprete, o di un attuale ministro che è riuscito ad ottenere uno straccio di diploma di “perito tecnico elettronico”,  solo presso la scuola per corrispondenza “Radio Elettra – Torino”.        Per capire meglio il quadro politico che accomuna quasi tutti i cosiddetti governi “democratici” dell’Occidente, vi propongo la lettura di un brano tratto dal saggio di Massimo Fini dal titolo “Sudditi – Manifesto contro la Democrazia”:
<<  La classe politica democratica è formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente, e tautologicamente, quello di fare politica. La loro legittimazione è tutta interna al meccanismo politico che le ha prodotte. Sono i professionisti della politica, che vivono di politica e sulla politica, secondo la lucida e spietata analisi di Max Weber che scrive “di politica come professione vive chi tende a farne una duratura forma di guadagno”, e aggiunge che l'origine storica di questo tipo di governante “è esclusivamente occidentale”.       Poiché non è necessaria alcuna qualità prepolitica,  la selezione della nomenklatura è autoreferenziale, puramente burocratica, avviene all'interno degli apparati di partito attraverso lotte oscure, feroci, degradanti, spesso truffaldine. L'oligarca democratico è un uomo senza qualità. La sua qualità è di non averne alcuna. Il che gli consente una straordinaria adattabilità. Ma, si obbietterà, la mediocrità dei governanti non solo è accettata ma presupposta dalla democrazia. Vero. Ma se al posto di una democrazia apparente c'è un sistema oligarchico la cosa cambia completamente di segno e di senso.        In democrazia infatti si accetta la possibilità che i governanti siano mediocri proprio per evitare ogni deriva autoritaria e la concentrazione del potere nelle mani di élites privilegiate, come avviene nei regimi aristocratici. Ma se in democrazia si formano delle aristocrazie di fatto, a causa di un metodo e non in virtù di qualità specifiche, allora la loro mediocrità diventa inaccettabile e intollerabile. Perché la loro superiorità non è giustificata da nulla: hanno i privilegi dell'aristocrazia senza averne le qualità e gli obblighi. Un'aristocrazia senza qualità, qual è quella dei professionisti della politica, non viene rispettata.       Nota Tocqueville: “Nella democrazia i semplici cittadini vedono un uomo uscire dalle loro file e giungere in pochi anni alla ricchezza e alla potenza; questo spettacolo suscita la loro sorpresa e la loro invidia, essi ricercano in che modo colui che era un loro uguale sia oggi investito del diritto di dirigerli”. Il regime democratico, trasformato surrettiziamente in un sistema di oligarchie e di feudatari senza prestigio e senza obblighi, si presta quindi in modo particolare alla perdita di dignità da parte del cittadino e alla sua corruzione, morale e materiale. La corruzione dei governati si intreccia fatalmente con quella dei governanti. Che le classi dirigenti democratiche siano profondamente corrotte è universalmente riconosciuto. Anche le dittature o le autocrazie o le aristocrazie naturalmente lo sono.        Ma è un'eventualità, sia pur molto probabile, in democrazia invece è una necessità pressoché ineludibile dovuta proprio a quella che ne è l'essenza: la competizione. Perché non è competizione leale fra cittadini singoli e uguali, posti sulla stessa linea di partenza, ma una feroce lotta fra gruppi organizzati per la spartizione del potere, che hanno quindi bisogno di strutture, di mezzi ingenti, di uomini, di servi e, soprattutto, di denaro >>.