La finestra di Ciro

Ma quale è il vero Dio?


Diciamo che in Italia, in ambito religioso, abbiamo tutti avuto, fin da bambini un educazione cristiana. Poi crescendo, chi più e chi meno, ha continuato a frequentare la parrocchia. La maggior parte, però, si è persa per strada e pur rimando convinti della propria fede, non hanno continuato ad essere dei cattolici praticanti, come lo dimostrano le chiese sempre più vuote.     Però, se provi a chiedere in giro: credi in Dio ? La quasi totalità ti risponderebbe di si. Se poi poni una seconda domanda: e perché credi in Cristo e non in Maometto o Buddha ? Allora qui iniziano i problemi, perché le risposte non sono ben chiare e concise come la prima. Ognuno la vede a modo suo.    Forse i più eruditi e ostici contro ogni forma di religione rivelata, potrebbero rispondere così:<< il mio Dio è quello inteso da Baruch Spinoza, il "Deus Sive Natura", e non quel vecchio con la barba bianca raffigurato da Michelangelo nella Cappella Sistina. Il grande filosofo affermava che Dio è in uno stesso atto, pensiero originario, causa se stesso ma causa anche tutte le cose, cioè essendo causa sua in Lui c'è l'origine di sé ma anche di tutto ciò che esiste, perché Lui è l'origine di ogni essenza e di ogni esistenza, è l'origine di tutta la realtà materiale e non materiale, poiché egli è l'Uno-Tutto. Quando crea se stesso contemporaneamente appare l'universo e l'universo è Lui stesso.>>     Ora io no voglio entrare negli oscuri meandri della filosofia e della psiche umana, perché non ho le giuste conoscenze per azzardarmi ad esprimere un parere, però, un dubbio atroce mi rimane: quale è stato il vero profeta di Dio ? Perché se il Dio è unico, fra Cristo, Maometto, Abramo o Buddha, uno solo può aver detto la “sacrosanta” verità. E, a rigore di logica, dovremmo considerare i restanti altri alla stregue di abili e visionari mistificatori. Sembrerebbe, questo mio, un discorso che ha un suo filo logico. Purtroppo, però, quando si parla di amore o di religione, la “logica” viene di solito completamente ignorata. Anzi, in ambito religioso, ogni credo ne ha inventa una tutta sua, proprio per colmare quelle lacune non ancora coperte dalla razionalità scientifica.     Tutto ciò, finché la fede rimane un qualcosa di personale, non dovrebbe influire sul comportamento dell'uomo nei confronti del “diverso” in ambito religioso. Perché, giustamente, ognuno deve essere libero di credere in ciò che vuole. L' affare, però, si complica quando una religione viene imposta con coercizione dal “potere”, ma non quello divino, bensì quello umano.  Io, torno a ripetervi, non sono tanto bravo ad esprimere un concetto così profondo e importante in merito al mio “atroce” dubbio. Ma c'è chi lo ha già fatto egregiamente. Si tratta di Sir Hermann Bondi, noto ed insigne matematico e cosmologo, austriaco di nascita e naturalizzato inglese e , per di più, cresciuto in una famiglia di origine ebraica, anche se poi nella sua vita non fu mai un praticante.     Sentite come la pensava in merito: << Credere in una verità rilevata comporta di solito un atteggiamento di inaccettabile arroganza: l'atteggiamento di chi dice” io so, e coloro che non la pensano come me sbagliano”. Non vi è altro campo in cui questa arroganza sia più diffusa, non vi è altro campo in cui gli individui siano così convinti della loro “conoscenza”. Trovo francamente disgustoso che ci possa sentire tanto superiori, così certi nell'avanzare giudizi contro coloro che credono o non credono in altre cose. E non basta, perché molti credenti fanno di tutto per diffondere le loro convinzioni: vogliono convincere non solo i loro figli , ma anche il loro prossimo, e la storia ci insegna che spesso ciò avviene ricorrendo alla violenza e alla brutalità più feroce. La cosa più strana è che da sempre gli uomini hanno nutrito idee religiose profondamente differenti, spesso con fede sincera e intelligenza. Poiché la fede vera può essere al massimo una sola, ne consegue che con grande probabilità gli esseri credono ferventemente e onestamente in cose, nel campo delle religioni rivelate, che non sono vere.     Questa incontrovertibile conclusione dovrebbe portare, sembra, a un atteggiamento più umile, nutrito dalla riflessione che, malgrado la saldezza della propria fede, è sempre possibile sbagliarsi. E invece, nulla è più estraneo al credente, a tutti i credenti, di questa elementare forma di umiltà. Chiunque rientri nella sfera dell'autorità personale dell'individuo che crede ( sfera che oggi, nei paesi industrializzati, tende a ridursi ai figli) deve forzatamente adottare le idee religiose di questi. Spesso si instilla nei figli la convinzione di appartenere all'unico gruppo provvisto di vera conoscenza e che è il solo in grado di comunicare direttamente con l'Onnipotente, mentre tutti gli altri rientrano in una categoria meno privilegiata.>>