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Dopo tante volate vinte, Alessandro Petacchi ha affrontato oggi la prova più dura: dalle 10, il velocista spezzino che ha trionfato cinque volte nell'ultimo Giro d'Italia, è stato per due ore davanti ai giudici della procura anti-doping del Coni. Ha dovuto rispondere della positività al salbutamolo, sostanza proibita ma per la quale ha un'esenzione dovuta ad attacchi di asma. Dai suoi esami, però, risulterebbe una concentrazione troppo alta per un utilizzo solo terapeutico. Petacchi ha presentato un dossier medico-scientifico per dimostrare al procuratore Ettore Torri che la positività al salbutamolo non è doping.
Un tentativo di accelerare i tempi nella speranza di correre al Tour. Ma la corsa francese, considerando che Torri ha già detto che si tratta di un caso delicato e su cui vuole fare piena luce, sembra allontanarsi. Per Petacchi, infatti, nel caso in cui dovesse essere accertata la violazione dell'articolo 2.1 del codice mondiale anti-doping, potrebbe profilarsi uno stop di due anni che alla sua età, 33 anni, potrebbe significare la fine della carriera.
"Ho cercato di spiegare le mie cose scientificamente, e la mia buona fede in quello che è accaduto", ha commentato il ciclista, a interrogatorio concluso. Sulla partecipazione al Tour de France, invece, non si è voluto sbilanciare: "Ora ha tutto in mano la procura".
E proprio la procura assicura che la vicenda si concluderà molto presto. Per Ettore Torri, infatti: "I tempi per Petacchi saranno rapidissimi. Dobbiamo verificare la consulenza che è stata prodotta dalla difesa". Quindi, in caso di archiviazione del caso, per il ciclista si aprirebbero le porte del Tour.
E' una nuova batosta per il ciclismo azzurro, già messo a dura prova dal caso Basso e dalle recentissime confessioni choc rilasciate dal corridore tedesco Joerg Jaksche alle pagine del settimanale Der Spiegel: in quel frangente era finito sotto accusa Gian Luigi Stanga, oggi direttore sportivo del Milram di Petacchi, colpevole, a detta del pentito, di averlo spinto a doparsi quando entrambi militavano, Stanga come manager, Jaksche come ciclista, nel Team Polti. ''Voleva vedere cosa andasse bene per me'', dice Jaksche. Parole che Stanga, ha già bollato come ''assurde''. Ma, dopo Petacchi, proprio Stanga ha dovuto prendere posto davanti a Torri per fare chiarezza sulle accuse del corridore tedesco: "Mi trovo coinvolto mio malgrado. Ho cercato di ribadire che quello che è stato detto non è vero, e credo che possa essere confermato dagli atleti".
Sempre Stanga, che davanti alla procura ha preso le difese di Petacchi, ha dichiarato: "Ritengo che quello che potevamo fare per dimostrare la buonafede di Alessandro l'abbiamo fatto, ora sta alla Procura decidere. Dovessi scegliere tra il Tour e l'assoluzione di Petacchi- ha aggiunto Stanga- sceglierei l'assoluzione di Petacchi".
Jaksche, espulso dal suo gruppo, il Tinkoff, a due giorni dal via del Giro d'Italia, per il coinvolgimento nell'Operation Puerto, ha deciso di seguire le orme di Erik Zabel e da Bjarne Riis, parlando delle diverse sostanze usate durante la sua carriera, dal 97 sino ad oggi. "Che cosa prendevamo? Epo, ormone della crescita e cortisone - risponde il corridore - per dieci anni".
La procura antidoping, oltre a occuparsi della positività al salbutamolo, vuol sapere da Petacchi anche dei suoi rapporti con il medico lucchese Luigi Cecchini il cui nome rientra nell'inchiesta "Oil for drugs" in cui risulta implicato anche il vincitore del Giro Danilo Di Luca, il cui interrogatorio potrebbe slittare di qualche giorno.
Dopo un giorno di pausa, con le audizioni di mercoledì si entra nel vivo dell'inchiesta Oil for Drug, quella che coinvolge mondo del ciclismo e dell'atletica: il primo a essere sentito sarà Ruggero Marzoli, altro ciclista del Tinkoff, che si è già autosospeso dall'attivita'
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