Stefano Maciocchi

Morale bipartisan


Non ho seguito molto le vicende umane, politiche e giudiziare di Adriano Sofri, o meglio, ne so quanto la maggiorparte degli italiani che leggono i giornali e si informano su internet. Ma la polemica scaturita dal suo articolo sull'indulto, pubblicato dall'Unità, è uno specchio dei tempi e del bassissimo livello etico che ha toccato una larga parte della sinistra.Voglio essere ben chiaro: sto dalla parte della magistratura. Ho combattuto e combatto ogni giorno contro l'indecoroso atteggiamento del cavalier Berlusconi, il cui unico fine politico è quello di distruggere la magistratura. E c'è quasi riuscito, grazie alle leggi "ad personam" che hanno salvaguardato lui ed i suoi più stretti collaboratori da residenze assai meno nobili rispetto alle loro lussuopse magioni.Ma la magistratura va difesa sempre, sia quando colpisce i "nemici" sia quando colpisce gli "amici". La squallida manfrina inscenata da un manipolo di sostenitori dei DS, l'indomani dell'arresto del capogruppo calabrese diessino Franco Pacenza, ha fatto più danni dei presunti reati contestati al loro referente, infondendo una volta di più nella gente la convinzione che la differenza tra i dipendenti di Berlusconi e la sinistra sia prossima allo zero.Stesso discorso vale per Adriano Sofri che, secondo la giustizia italiana, è stato il mandante dell'omicidio del commissario Calabresi. Questo attempato "enfant prodige", passato con allegria da Lotta Continua al Foglio di Giuliano Ferrara, dall'alto della sua condanna a 22 anni, sputa contro chi si è battuto non contro l'indulto, bensì contro l'estensione di questo provvedimento ai reati di corruzione e concussione contro la pubblica amministrazione, definendoci "il popolo dei fax", forcaioli e quant'altro.Ormai siamo al paradosso: i mascalzoni sono celebrati come eroi e martiri della legge, mentre gli onesti e quanti difendono un minimo di legalità nel nostro paese vengono censurati ed additati al pubblico ludibrio. In qualunque parte del mondo Craxi sarebbe ricordato come un disonesto latitante, condannato in contumacia per aver infranto la legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Qui da noi Berlusconi ed i suoi dipendenti lo santificano rendendogli doveroso omaggio. Ma si sa, tra simili ci si rispetta sempre. Con vigliacca omertà.