Stefano Maciocchi

Fusione calda


C'è una costante nel nostro paese: le più grandi porcherie ai danni della collettività sono state realizzate nei periodi in cui la maggioranza degli italiani è in ferie: si ricordano finanziare terribili votate il 24 dicembre. La fusione tra le banche Intesa e San Paolo non sfugge a questa regola: avviene a ridosso di ferragosto e, visti i precedenti, non c'è da stare tranquilli.Non è passato neanche un anno dallo scandalo della scalata alla BNL: una lobby trasversale, composta da banchieri, politici e dall'ex governatore della Banca d'Italia, Fazio, ha ostacolato con tutti i mezzi (soprattutto quelli illeciti) l'ingresso di banche estere nel nostro paese, impedendo di fatto la libera concorrenza. Tutto questo si è tradotto in un sistema bancario tra i più inefficenti d'Europa, ma al contempo esoso e vessatorio per i poveri correntisiti.E come risponde il "salotto buono" alla richiesta di maggior trasparenza? Con una fusione tra due giganti italiani, posseduti in percentuali azionarie minoritarie anche da altri istituti bancari nostrani quali, ad esempio, Capitalia. Di fatto si istituzionalizza un "cartello", cristallizzando la realtà creditizia italiana: un ristretto numero di "SuperBanche", sempre pronte ad accordarsi ed in finta concorrenza, continueranno a fare il bello ed il cattivo tempo ed impediranno l'accesso alle banche estere, che praticano condizioni assai più vantaggiose rispetto agli istituti italiani.Tutto questo ricorda la triste storia dell'Alfa Romeo negli anni settanta. La fabbrica milanese, in gravissime difficoltà economiche, aveva stretto un accordo con la Ford per cercare di sopravvivere. Avvennero feroci pressioni politiche e bancarie e, alla fine, l'Alfa andò alla Fiat del mitico Romiti che, lungi dal risanarla, ne fece una fucina di cassintegrati. Allora gli argomenti erano gli stessi di oggi: occorre salvaguardare l'impresa italiana, la fusione con la Fiat garantirà competitività e via discorrendo. Ed anche allora i consensi politici furono bipartisan, a dimostrazione che in Italia le grandi intese politiche non sono altro che terribili inciuci.E a questo servilismo omertoso non sfuggono nemmeno i giornalisti che si occupano di economia: da Libero all'Unità tutti ci spiegano come questa fusione sarà un toccasana. Probabilmente lo è già per le loro tasche, mentre le nostre continueranno a stento ad arrivare a fine mese.