Stefano Maciocchi

Il vecchio partito democratico


Il '900 è finito da quasi dieci anni ma i leader politici non se ne sono ancora accorti. Siamo ancora imbambolati dalle farneticazioni berlusconiane sul "pericolo comunista" e dall'"apparato" burocratico dei DS.I partiti che riscuotono il maggior numero di voti sono decrepiti, mummificati in posizioni che rispecchiano una società industriale che si è estinta almeno trent'anni fa. E per questo stentano a farsi capire, prendono decisioni anacronistiche e perdono voti in quantità crescente dopo ogni tornata elettorale.Dopo la striminzita vittoria di aprile qualche stratega del centrosinistra si è accorto che forse qualcosa è cambiato e, su suggerimento di questi grandi politologi (nella speranza che non abbiano lasciato appunti artigianali su carta intestata alla Presidenza del Consiglio), Prodi, Rutelli e persino Fassino hanno varato l'era del partito democratico.La cosa in se è positiva, questa politica pietrificata ha bisogno urgente di rinnovamento. Ma è il metodo che è sbagliato: come argutamente fa notare Curzio Maltese, sulle pagine di Repubblica.it, non occorre un partito grande, inteso come pura somma algebrica dei rottami oggi esistenti, ma un grande partito, fatto di idee innovative e, preferibilmente, di gente nuova.Gli attuali leader politici sono le riserve della poco nobile classe politica che fu spazzata via nel lontano 1992 da "mani pulite": Casini era il fido portaborse di Forlani, Berlusconi era la "longa manus" di Bettino Craxi, di cui ne prese la comoda eredità. Fini era l'"enfant prodige" di Almirante, senza mai riuscire a raggiungerne le vette dialettiche.Ma anche a sinistra le cose non sono migliori: D'Alema e Fassino, ai tempi di Berlinguer e Occhetto, contavano meno del due di coppe quando regna bastoni, ma nonostante questo erano già antipatici come se fossero il re e la regina di Prussia.Prodi era il ragioniere dell'IRI, quando non era affaccendato con la Goldman-Sachs, banca di affari che casualmente fornirà la sua "preziosa" consulenza nella svendita dello stato che qualcuno ancora chiama privatizzazioni.Fare il partito democratico a sinistra, o il partito popolare a destra, con le attuali "mezze calzette" e vecchie glorie "pduiste" significa prolungare l'agonia del nostro paese. Occorrerebbe un bel ricambio generazionale ed una nuova ed efficace legge elettorale, che premi le idee migliori e chi le sa mettere in pratica.Ma provate ad iscrivervi ad un qualunque partito, brutto a piacere, e tentate di portare avanti queste istanze: sarete immediatamente isolati, quando addirittura non vi verrà chiesto di restituire la tessera.(il link dell'immagine è tratto dal sito adnkronos.it)