Stefano Maciocchi

Quale democrazia


Nel film-denuncia di Deaglio non s’ipotizza soltanto il tentativo dei brogli elettorali del centro-destra, ma soprattutto che i partiti che oggi sono al governo, venuti a sapere del presunto misfatto, avrebbero preferito mettere tutto a tacere, tenendosi una vittoria risicata piuttosto che fare esplodere uno scandalo. Le tesi del direttore di Diario non sono affatto peregrine, il crollo delle schede bianche e dell’astensionismo è quantomeno sospetto oltreché poco credibile per dimensioni e repentinità. Inoltre Deaglio non è affatto un pericoloso “no-global” od un frequentatore di centri sociali: è di poche settimane fa la sua presa di posizione contro le tesi “complottistiche” del 11 settembre. Mai titolo fu più azzeccato. Solamente il verbo è stato coniugato male, la democrazia nel nostro paese è defunta da un bel pezzo: quaranta anni di cortina di ferro democristiana e dieci di inciucio dalemian-berlusconiano hanno svilito le istituzioni democratiche a pura coreografia. Le decisioni che contano vengono prese al di fuori del Parlamento e del Consiglio dei Ministri, ma in oscure e potentissime stanze dei bottoni che pullulano di ex-piduisti in libro paga di lobbies corporative e monopolistiche. E in questo teatrino miserabile tenta di sopravvivere la povera gente che in buona fede crede nelle fandonie che le vengono raccontate nei telegiornali e nella carta stampata, scritte da agenti segreti che, come secondo lavoro, sono iscritti all’Albo dei giornalisti. I pochi che osano denunciare queste cose sono emarginati dai “salotti buoni”, vengono calunniati e presi per pazzi. Ma, come affermava Erasmo da Rotterdam nel suo “Elogio della follia”, “le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”.