Il mio scrigno

vivere.vita,


Il papà di Tommy come Eluana «Mi disse: non voglio vivere così» La moglie Paola: «No all'accanimento, mi opporrei a una rianimazione» * «Sono contro l'accanimento terapeutico. Se a Paolo dovesse succedere qualcosa, se dovesse essere necessario rianimarlo o prendere nuovi farmaci, direi no, lasciatelo andare ». Paolo Onofri come Eluana. Lo ammette a malincuore la moglie Paola. Il suo cuore batte, ma lui non lo sa. Gli occhi azzurri spalancati, lo sguardo fisso nel nulla. Da mesi la vita del papà del piccolo Tommy, il bimbo rapito e ucciso la sera del 2 marzo 2006, è tutta in un letto d'ospedale nel centro di riabilitazione «Cardinal Ferrari» di Fontanellato (Parma). Per il momento. Nel futuro ci sarà una struttura diversa, di sicuro non la cascina di Casalbaroncolo, il casale ristrutturato dove una sera di nebbia il figlioletto di 17 mesi, ammalato di epilessia, venne strappato dal seggiolone da due sequestratori improvvisati. L'incubo peggiore della sua vita, oggi, forse, neppure un vago ricordo. Perché Paolo è in stato vegetativo da quasi sei mesi. Se pensa o ragiona, se abbia o meno coscienza, non c'è alcuna certezza. Colpa di un infarto, l'11 agosto scorso. Il cuore si ferma, il sangue non circola, il cervello resta privo di ossigeno. Quaranta minuti di buio. Poi il muscolo ricomincia a pompare. Ma per Onofri è il tramonto della coscienza, il sipario che cala su un destino beffardo. Paolo come Eluana. La sorte non smette di sbalordire. E Paola lo sa: «Sono tre anni di massacro, ma dopo la fine che ha fatto mio figlio, forse, nulla più mi spaventa». Una vita a metà, senza più Tommy, senza più Paolo. «Vado a trovarlo, ma nulla è più come prima. I medici me l'hanno detto, sarà difficile che possa riprendersi». Le condizioni cliniche sono stazionarie: Paolo non è più attaccato alle macchine, respira da solo, mangia attraverso un sondino allo stomaco. Ma dove sia finita la sua mente, resta un mistero. E i dubbi non finiscono mai. «Prima che accadesse a me, ho sempre seguito la storia di Eluana, sono sempre stata dalla parte del padre Beppino. Ma ora che sono nelle sue condizioni, è difficile decidere».) Una questione non nuova, quella del «fine vita», che Paolo Onofri aveva affrontato. «Con mio marito ne avevo parlato, lui mi ha sempre detto che non avrebbe mai voluto vivere dipendendo completamente da altri. Ma adesso che si trova in queste condizioni, sinceramente non saprei cosa fare». Di fatto la speranza non manca: «I medici dicono che miglioramenti non ne ha avuti, che Paolo potrebbe restare così per tutta la vita. Ma chi ce l'ha la certezza? A me pare, a volte, di vedere una sua reazione, di sentire che dica qualcosa. È capitato quando sono andata a trovarlo con Sebastiano. Per questo voglio aspettare, chissà che non succeda qualcosa». Speranza sì, ma mai ostinazione: «Ne ho parlato anche con la sorella di Paolo. Per quanto possa augurarmi che vada tutto per il meglio, una cosa è certa: se lui dovesse stare male, vorrei solo che lo lasciassero stare». Resta il pensiero di Tommy: «Il mio bambino mi sta aiutando, è lui che mi dà tanta forza. Forse non tutto succede per caso». Grazia Maria Mottola 23 gennaio 2009(ultima modifica: 24 gennaio 2009)Sono cose ke solo vivendole si possono comprendere..Quattro anni fà,mio padre in seguito ad un ictus ,fù in coma vegetativo per 45 gg..Intubato,in coma....ma come sentiva mio figlio piangeva....i dottori dicevano ke nn c'erano speranze...Il suo unico segno di vita era quando sentiva mio figlio..Con il passare dei giorni aveva iniziato a piagarsi...aveva avuto anche un arresto cardiaco....i suoi occhi erano fissi...nn si muovevano più...Tenuto in vita tramite un tubo per mangiare e uno per respirare...E' difficile accettare una cosa così quando c'è una persona che ami in queste condizioni...all'epoca icordo ke i medici ci dissero ,che se volevamo avrebbero staccato tutto .....Con mia sorella decidemmo per il no...Rifiutavo l'idea che cmq stava morendo...Ma dentro di me c'era la speranza ke lui si potesse svegliare...e ke potesse dire ancora qualcosa...Porto nel cuore il suo ricordo di come era là....con quei tubi attaccati...la sua sofferenza forse...quello ke lui forse avrebbe voluto dire ma nn poteva è rimasto nel silenzio...Ed è difficile,veramente difficile dover decidere...veramente difficile..