libere parole

La nube


Erano andati a visitare l’orecchio di Dionisio, a Siracusa.La mamma spiegava al fanciullo: “Vedi? Da lì sopra il tiranno ascoltava quello che dicevano i prigionieri.”Il luogo era bello, con le forme curve. Era una specie di grotta, ampia. Si stava bene. Il papà del ragazzo, o del fanciullo, se ne stava placido, sorridente. Prese il fanciullo, o il ragazzo, per mano, e lo condusse in un angolo. “Vedi?” disse ”è un fenomeno acustico. Se parli qui, sottovoce, dall’altra parte della grotta si sente benissimo quello che dici.”Passarono per il lungo budello scavato nella roccia. Uscirono. Il calore della piena estate li circondò. Camminarono. Poi presero l’automobile. Andarono al mare. Era un mare, quella mattina, senza costume, senza giochi, senza bagno. Era stata un’estate diversa. Il ragazzo, il fanciullo, ricordò la casa, col grande giardino, dove erano stati due settimane, dalla quale andavano sì al mare, in auto. Ricordò il viaggio che li aveva portati dal nord al sud, a trovare gli amici dell’infanzia. Pensò alla notte passata in albergo. Il giorno prima aveva visto, nelle vetrine, i dolci di marzapane, che riproducevano frutti colorati, che sembravano veri.   Adesso erano in un bar, vicino alla spiaggia, con la sabbia che si spingeva fino sotto i tavoli all’aperto. Intorno, un recinto di legno dipinto di azzurro, col colore scrostato dalla salsedine. Era la fine di agosto, in quel momento magico che è ancora estate, che sembra prolungarla all’infinito, e che risuona di altri sapori, misteriosi.Il ragazzo, che non era ancora un ragazzo, o il fanciullo, che non era più un fanciullo, aveva conosciuto, quella mattina, fra i tavoli, una fanciulla, che non era più una fanciulla, certo, e nemmeno era già una ragazza.Lei gli aveva parlato, gli aveva chiesto chi fosse, da dove venisse. Il ragazzo, o il fanciullo, rispondeva. Lei aveva gli occhi neri. Erano, i due, dove finivano i tavoli e cominciava la sabbia. In fondo c’era una tettoia, con sotto il lungo bancone. Gli spazi erano grandi. “Andiamo” disse la madre del fanciullo, che non era più un fanciullo. “Dobbiamo andare” egli disse.  “Oggi pomeriggio vieni?” chiese lei.“No” egli rispose. “Ciao.”“Ciao” disse lei, e sembrava triste.Andarono. C’era qualcosa, che il ragazzo non capiva, che sembrava fosse nell’aria. Che era sopra di lui, ma anche accanto, e intorno a lui.Nel pomeriggio passeggiavano sul lungomare. Il sole incendiava l’aria. Il suono di una risacca, discreta e leggera, li accompagnava. I genitori e la sorella camminavano piacevolmente, un po’ più avanti. Improvvisamente accadde qualcosa. Si formò, accanto, intorno, davanti, e sopra di lui, una nube. Era come una nebbia, chiara e rilucente, che non nascondeva le altre cose, eppure era chiaramente definita.La nube parlava. Dall’alto, ma anche intorno, e davanti al ragazzo, parlava.Le parole, che qui cerchiamo di trascrivere, non erano parole, ma erano già concetti, erano già idee. Perché un’idea, che si presenta alla mente, o, per meglio dire, che si forma nella mente, senza passare attraverso parole, è qualcosa di più di un’idea. E’ già realtà. E non entra nella mente passando per la mente. Passa prima attraverso il corpo, le viscere. Si forma nel petto. Nella mente resta solo il risultato, di quell’evento. Quel risultato, che resta, è simile alla parola. Anzi, è parola. Parola pura. Parola illibata. Luminosa.Ancora oggi il ragazzo, che è diventato lentamente un uomo, sente nel cuore quella parola, che è prima delle parole, e che non sa dire che malamente, quando mi racconta questa storia. E io, che quella storia racconto, non posso che balbettare, ormai. “Devi scegliere” disse la nube. O era la voce nella nube. “Avrai due vite.“La prima è una vita normale, come quella di tutti. Ti sposerai e avrai dei figli. Sarai un buon padre. Tua moglie ti amerà, quasi sempre. Sarà bella, e tutti ti invidieranno. “Sarai felice, all’inizio, e poi crederai di essere felice.“Conoscerai poco dolore, che ti sembrerà tanto, ma sarà poco, perché ogni volta passerà presto.“La tua giovinezza sarà semplice, e ricca di successi. Ti inorgoglirai, lavorerai, guadagnerai. “Ma sarai sempre accompagnato da un’incertezza, un dubbio sordo, una lotta dentro di te, che non potrai capire né risolvere, e che ti rattristerà. La tua vecchiaia sarà triste e vuota, anche se apparentemente felice. “Dentro di te saprai, senza capirlo, che la tua vita sarà stata inutile. Ma riuscirai a ottundere questa voce, come fanno in tanti. Non riuscirai a perdonarti.“Nell’altra vita, invece, sarai sempre solo.“Prima a causa degli eventi, della durezza del tuo animo. Il mondo canterà la sua bellezza, e tu soffrirai, perché ti sarà negata, e non capirai perché. Mille volte, davanti a un alba, chiuderai gli occhi, e troverai labbra sognate da disprezzare e scacciare.“Il dolore sarà tanto, anche se poco, ma non lo saprai, e soffrirai.“Cercherai inutilmente di essere felice, perché molti, inconsapevolmente, ti faranno del male. Poi penserai di essere felice, ma ti toglierai tanto, con le tue stesse mani. Di quello che ti resterà, tanto ti verrà tolto dalla vita.  “Assisterai impotente allo sgretolarsi degli ideali per cui hai vissuto. E conoscerai dolore, dolore. Che sarà poco, ma per te sarà tanto. E soffrirai, per tutta la vita, per il dolore degli altri, per le ingiustizie del mondo, per la stoltezza degli uomini. “Ti costruirai uno spazio, ma faticosamente, e sarà continuamente insidiato.“Ma tutto questo sarà giusto, e tu capirai. “Col tempo conoscerai la vera felicità, e ne godrai pienamente, a momenti. “Vedrai ciò che gli altri non vedono, e capirai che la vita non si arresta con la morte di un uomo.”Come la voce non parlava con parole, così non chiedeva un atto per decidere. Il ragazzo, perché ormai era un ragazzo, sapeva cosa aveva scelto. Sempre senza parlare, la voce disse: “Tornerò.” La nube si dissolse, nell’abbagliante splendore, nel discreto suono che fa il mare, quando si frange leggero sugli scogli.