In questi giorni, anche per fatti di cronaca recenti, ho riflettuto sulla tragedia del morire quando si viene uccisi. Morire è certo sempre angoscioso. Molti malati soffrono per l'angoscia di andarsene, di lasciare i propri cari, di non aver vissuto appieno la propria vita. Meno male che, solitamente, l'ultimo momento viene vissuto con incoscienza; raramente un malato muore lucidamente, io penso. La Natura in questo fornisce un aiuto.
Ma morire per mano altrui deve essere terribile. Vi figurate voi quella povera ragazzina gettata dal padre giù dal viadotto? Essere uccisa dalla persona che amava, trovarsi nel vuoto cadere verso la propria morte? un corpo ci mette qualche secondo a fare 45 metri, che angoscia deve aver provato. E le ragazze del Circeo di cui si è riparlato? Sapere di essere nelle mani di bruti che le avrebbero violate e uccise. E il povero Niccolò Regeni torturato a morte senza motivo, come deve aver vissuto i suoi momenti di dolore? Ricordate cosa disse la madre quando lo vide: ho visto sul suo volto tutto il dolore del mondo. Pensare a questi fatti mi provoca un'angoscia terribile.
Verso chi si rende colpevole di questi delitti non ci può essere perdono e la loro pena, se vengono assicurati alla giustizia (cosa che non sempre succede) dovrebbe essere commisurata al dolore inferto alle vittime. In quest'epoca in cui tutto si perdona so che il mio parere sarà minoritario, ma è questo. Purtroppo nessuna pena, per quanto atroce, potrà mai cancellare il dolore procurato.
|
|
|
Ogni giorno qualcuno viene ucciso per mano di qualcun altro e ogni giorno la notizia viene trasmessa dai telegiornali ammazzando anche un po' ognuno di noi dal grande dispiacere. Molto spesso, alcuni assassini, mentre vengono inquadrati dalle telecamere che, ammanettati salgono o scendono dai veicoli della Polizia, ridono e sogghignano mostrando spocchia e sarcasmo a chi da casa, sconvolto, sta guardando. Ecco, ora senza entrare nel tema dell’essere favorevoli o meno alla pena di morte, quel ghigno, in faccia di chi ha ucciso viene davvero preso, ed è comprensibile, come una beffa insopportabile, gravissima dal punto di vista della morale umana, un’umiliazione senza eguali. Quasi più dell'omicidio stesso che, per alcuni, l'atto in sé, a seconda dei parametri può anche essere compreso, non giustificato ma compreso. Ecco, è proprio questo il tema, la comprensione e di conseguenza l’eventuale perdono. Perdonare non significa condonare anche se è visto come suo sinonimo, è un qualcosa di molto più profondo, un misterioso meccanismo che accade solamente dentro noi stessi e solo noi stessi riguarda, non ha niente a che vedere in realtà con l'eventuale colpa affidata al criminale o pseudo criminale. Penso che l'unica possibilità per superare un dolore così grande, sia la certezza che il proprio caro abbia un'anima. Nessuno può portargliela via e quindi, continua a vivere, un’anima che, nel futuro, andrà a riunirsi alla propria. La vendetta, l'odio, non servono a nulla. Però e sicuramente più facile a dirsi che a farsi. Buon pomeriggio Renato. |
(Rispondi)
|
|
|