Storia XX Secolo

Guerra civile in Italia: Vigoponzo


Il 14 settembre 1944 - rammenta Francesco Rivara - una pattuglia partigiana nota un camion proveniente da Arquata Scrivia che, appena oltre le strette di Pertuso, in Val Borbera, scarica un certo numero di persone armate, le quali si dirigono verso la vecchia fornace, dove si trovava il posto di blocco dei partigiani.Gli armati, vestiti in borghese con fazzoletto rosso al collo, si sono qualificati come partigiani provenienti dal Cuneese diretti a Varzi per organizzare un lancio in quella zona.I numerosi dubbi dei partigiani valborberini furono confermati dopo poco tempo, quando una staffetta riferì che, invece che verso Varzi, gli armati si erano diretti verso Costa Merlassina: quindi non erano affatto partigiani.Si cercò immediatamente di radunare con ogni mezzo dei partigiani: il distaccamento più vicino si trovava a Camere, impossibile farlo intervenire.Tutti gli uomini disponibili ricevettero l’ordine di trasferirsi a Dernice.Si era in poco più di una ventina - racconta Rivara - Distaccammo pattuglie per seguire la direzione di questa banda.Aspettammo notizie più precise per prendere una decisione e stabilire un piano.Le pattuglie riferirono che erano armati con mitragliatrice e armi automatiche nonché grappoli di bombe a mano.I partigiani valborberini riuscirono comunque a tenerli sotto controllo e ad avere la conferma che la direzione seguita dai finti partigiani era quella di Dernice.Per approntare la difesa, venne scelta la zona che dalla locanda di Dernice va verso Vigoponzo. I partigiani erano numericamente inferiori ma contavano molto sull’effetto sorpresa, essendo all’interno di una palazzina adibita a scuola ( all’interno dell’edificio erano in quattro: Raffica, Marco, Bruno e Scrivia, armati con armi automatiche e bombe a mano ).Appena giunti nei pressi dell’edificio, il partigiano Raffica chiese al comandante del gruppo di finti partigiani in arrivo di deporre le armi per permettere un chiarimento.Il comandante parlò con i partigiani, pronunciando il suo nome di battaglia.I quattro partigiani gli contestarono la maniera di procedere, essendo quella zona di loro competenza.Egli esibì documenti con timbri con falce e martello e un’autorizzazione di trasferimento per la sua formazione da Cuneo per Varzi, ma era una documentazione palesemente falsa, secondo quanto afferma Rivara, e venne chiesto di fermare la sua truppa, deporre le armi e mettersi a disposizione per avere maggiori informazioni da Cuneo.Dopo alcune proteste, tutti gli uomini deposero le armi, anche perché si sentirono circondati dalle mitragliatrici partigiane, e i quattro partigiani notarono l’abbigliamento della truppa, completamente pulito nonostante la marcia da Cuneo da essi sostenuta a parole.Seguirono alcuni tentativi di interrogare i finti partigiani, andati tutti a vuoto, finché uno di loro, spaventato, si decise a parlare: si trattava di SS provenienti dalla scuola di Cà Bianca, partiti all’alba da Genova dalla caserma in via Marina di Robilant a San Fruttuoso; erano comandati dal tenente Corner, comandante del distaccamento della GNR alla Casa dello Studente, luogo di tortura tristemente famoso.Insieme a Corner si trovava il maresciallo Giuseppe Peters comandante dell’ufficio anti partigiani, poi fuggito.Lo scopo della banda di SS era quello di raccogliere informazioni dettagliate sui recenti rastrellamenti, conoscere il genere di messaggi scambiati tra i partigiani e colpire i loro reparti più isolati fino alla zona di Varzi.Vennero chiamati da San Sebastiano altri partigiani e furono eseguiti altri interrogatori, senza ottenere molto ma senza usare alcuna violenza.Nella notte, il tribunale partigiano condannò a morte tutti i fermati, con sentenza da eseguire all’alba.Vennero tutti così fucilati tranne l’uomo che confessò e fu fatto fuggire ed i comandanti finirono nelle mani della missione americana che, in quei giorni, si trovava a Carrega Ligure.Testimonianza del partigiano Francesco Rivara ( Bruno) sui fatti di Vigoponzo, tratta dal libro “ Cronache militari della Resistenza in Liguria – volume III ” scritto da Giorgio Gimelli e pubblicato dalla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia.