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FATTI NON FOSTE PER ......

Post n°5 pubblicato il 15 Febbraio 2009 da orgaziendale

Abbiamo attraversato un brevissimo periodo nel quale si è avuta la sensazione che l’Italia intera avesse come unico problema la sorte di Eluana Englaro. Persino i politici, che normalmente non brillano per umanità, si sono affannati ed hanno messo in campo pratiche azzardate e certamente non rispettose del dettato costituzionale, per impedire che gli effetti di un provvedimento della Cassazione consentissero di porre fine ad un’esistenza.


Il clima percepito ha dato l’illusione del ritorno di uno dei valori essenziali, l’amore. Ma nel momento atroce della scomparsa di Eluana, è riaffiorata con forza la logica del profitto e dell’effimero, oltre che quella del cattivo gusto. I TG avevano appena dato la notizia della morte di Eluana Englaro, e tutti direttori di rete si sono dati da fare per modificare in palinsesti al fine di lasciare spazio alla vicenda che ha diviso l'Italia. Tutti? Non proprio. Mentre Raiuno trasmetteva in diretta uno speciale di Porta a Porta, Canale 5 decideva di mandare in onda il Grande Fratello. A nulla sono serviti i tentativi di Mentana di andare in onda in prima serata, l'azienda è stata irremovibile: il Grande Fratello, che é la gallina dalle uova d'oro, non si tocca, nemmeno se muore Eluana Englararo. E così è stato. Il Grande Fratello è andato in onda regolarmente, lavandosi la coscienza con qualche frase di circostanza pronunciata da Alessia Marcuzzi all'inizio del programma.


Enrico Mentana per protesta si è dimesso da direttore editoriale, spiegando che di fronte a un dramma che scuote il Paese intero, Canale 5 ha deciso di non cambiare di una virgola la sua programmazione serale, nonostante sia il TG 5 sia Matrix fossero pronti ad aprire finestre informative sulla morte di Eluana.


Il conduttore di Matrix, si è risentito ed ha tentato di spiegare che l’informazione deve avere la precedenza sull’audience, e che certi atteggiamenti rischiano di compromettere la credibilità della rete, ma a nulla sono serviti i suoi sforzi.


Le dimissioni di Mentana sono state accettate da Mauro Crippa, direttore generale dell'informazione di Mediaset, che ha in pratica giustificato l’atteggiamento del gruppo del Biscione, sbandierando il diritto del pubblico a scegliere fra informazione ed evasione, atteso che il gruppo stesso trasmette su tre reti.


Mentana, assumendo un atteggiamento certamente serio e coerente, credo abbia dimostrato di avere oltre che professionalità, anche una coscienza, che è la differenza distintiva fra uomo ed animale.


Mentre nel paese si consumava un dramma che ha fatto piangere e discutere tantissima gente, nel Grande fratello si consumava un altro dramma che ha appesantito gli animi di migliaia di Italiani che più numerosi del solito hanno seguito il “polpettone”, la cacciata dalla “casina allegra” di uno dei concorrenti.


Rimane comunque curioso che Mediaset non abbia modificato il suo palinsesto per far luce su una vicenda che nelle ultime settimane ha spaccato in due il Paese. Come sempre, ha prevalso il business è il suo tragico corollario: the show must go on.


La prima è più importante considerazione è quella sullo spessore culturale del popolo italiano che preferisce il Grande Fratello a Mentana, ed ai molti che parlano di trash ed evasione trionfante sulle reti del Biscione bisognerebbe chiedere se non dicono nulla i dati di ascolto che hanno fragorosamente premiato la scelta editoriale di Mediaset.


La vicenda si commenta da sola, la percezione del ritorno ai valori era solo frutto di atteggiamenti strumentali che poco avevano a che fare con i sentimenti umani, da una parte c'è stata la politica che goffamente ha tentato di far credere all'opinione pubblica di avere a cuore le vicende umane, dall'altra i grandi gruppi commerciali hanno tirato dritto senza farsi scrupoli pur di aumentare gli introiti che derivano dalla crescita dell'audience.


Potremmo dire mille cose, ma per la loro profondità occorrerebbero centinaia di pagine, credo sia opportuno porre l'accento su quanto sia stato diseducativo l'atteggiamento assunto da chi ha il potere di entrare nelle case di tutti, e vorrei ricordare il pensiero di uno dei sociologi più importanti del ventunesimo secolo, Zygmunt Bauman, il quale aveva descritto in una delle sue opere, "Modernità liquida", gli stili di vita, che purtroppo con il trascorrere del tempo sono andati sempre più peggiorando nella loro l'intrinseca accezione, i quali sono stati e sono gli assassini del più importante dei valori della vita, l’amore. L’uomo dei nostri giorni è permeato dal consumismo che è orientato sui valori del denaro, del successo e della ricerca del guadagno per cui “l’uomo vale per quello che ha” con la conseguenza di percepire i sentimenti e le relazioni con mentalità commerciale e/o contrattuale. I valori materiali, di conseguenza portano ad assumere quale naturale conseguenza stili esistenziali individualistici, orientati esclusivamente sul valore della propria realizzazione personale, ovvero “l’uomo vale molto solo quando pensa prima di tutto a se stesso”, ed a corollario si vive la vita come una gara con il prossimo e con la considerazione per il solo piacere personale, quindi “l’uomo vale solo quando vince e se sconfigge gli altri e solo quando si gode la vita e si diverte”.


Che si tratti di Eluana, degli infortuni sul lavoro, dei bambini soldato, dei bambini di strada, dei cassintegrati, dei diseredati di tutto il mondo, la soluzione è sempre la stessa, ci si orienta all’effimero, al superficiale. L’imbarbarimento veicolato dai media ed avallato anche dalla politica, ormai è parte di noi, che non siamo capaci di guardare né dentro né fuori del nostro animo, godiamo nel vivere a pochi centimetri dal suolo, siamo identici ai compagni di Ulisse trasformati da Circe in porci, condannati ad essere branco e con la testa rivolta sempre a terra. Dal turbine del materialismo più bieco si può uscire, pensiamo alle parole che Dante fece pronunciare ad Ulisse: fatti non foste per viver come bruti, ma …………..


 


 


f.napolitani@studiorizzonti.com

 
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DALLA CRISI CI SI PUO' SALVARE

Post n°4 pubblicato il 15 Febbraio 2009 da orgaziendale

DALLA CRISI CI POSSIAMO SALVARE


 


 


 


Tutto ci annuncia che viviamo in una condizione di indigenza, i mezzi di comunicazione ci raccontano di banche fallite, di aziende sull'orlo del precipizio, di negozi vuoti di persone e pieni di merci invendute, di un esercito di persone che hanno fondi sufficienti per far fronte alle spese per beni primari sufficienti solo per le prime due settimane del mese.


 


La classe politica gioca tutti giorni al gioco delle tre carte, quando si deve dare, il piede è sul freno, in quanto siamo nel pieno della più grave crisi degli ultimi cento anni, mentre quando l'opinione pubblica minaccia, per tutelare se stessa, di attuare atteggiamenti rigorosi, si dispensano iniezioni di ottimismo.


 


L'uomo della strada è giustamente confuso, è abituato a credere ciecamente in quello che "i grandi" dicono. Questo atteggiamento acquisito in maniera molto rapida, e certamente non per convinzione personale, ma perché i detentori del potere così hanno voluto che fosse, si sostanzia in uno dei pensieri fondanti della sociologia, ovvero, la democrazia, è considerata generatrice in masse indifferenziate di individui inappagati e desiderosi di tutela e ordine. In questo quadro, di massificazione e desiderio di assoggettamento, si riconosce l'emergere del narcisismo patologico. Si, perché, paradossalmente, il medium dominante, ha sviluppato nell’individuo un profondo egocentrismo ed una smodata autoreferenzialità, facendogli dimenticare che la caratteristica principale dell’uomo è la relazionalità, e che “l’altro” non è uno strumento da utilizzare.


 


La crisi, che in realtà esiste, è dovuta essenzialmente al condizionamento subìto dalle masse. Si è fatto credere che tutti sono in grado di autodeterminarsi, che ogni individuo è il perno dell’universo e tutto e tutti gli “altri” sono di almeno un gradino inferiori. L’uomo deve corre per raggiungere tutti gli obiettivi che crede di essersi posto, e che invece sono preconfezionati dal sistema; e per far ciò, procede come un rullo compressore, schiacciando ogni cosa, prime fra tutti i valori fondamentali. All’apice di questo folle atteggiamento, c’è l’obbligo della crescita infinita. La ricchezza è costruita sul nulla, fondamentalmente su pezzi di carta senza nessun valore reale. I consumi calibrati su modelli che esulano dai bisogni, ma sono strumentali esclusivamente all’arricchimento di pochi. Le risorse, che per definizione scientifica sono limitate, vengono sprecate; si è calcolato che per far fronte alle esigenze personali, ogni uomo ha bisogno di quasi due ettari di terra, mentre mediamente ogni abitante della terra, consuma per quanto possono produrre circa quattro ettari (3,5 per un italiano, 4,8 per un francese, 9,7 per uno statunitense, 5,2 per un australiano, 0,8 per un nigeriano). Purtroppo è difficilissimo fare marcia indietro, perché oltre alla riluttanza per la rinuncia, i messaggi subliminali che ci bombardano, ci fanno credere che la normalità sia prendere tutto quello che vediamo, tanto il credito ci aiuterà, la vacanza, la casa ricca di tutto, l’abbigliamento da cambiare ogni anno, l’aperitivo obbligatorio, la macchina ultimo modello, cene e pranzi al ristorante, compleanni dei bambini in strutture specializzate, e tante altre certamente non indispensabili cose. Invece la normalità non è assolutamente questa, la normalità è vivere dignitosamente avendo tutto ciò che serve per soddisfare i bisogni primari, il superfluo non ci aiuta a vivere, anzi, ci apre la strada all’autodistruzione sia psichica sia fisica, e se procediamo in questa direzione, contribuiremo anche alla distruzione del pianeta. I modelli proposti dai media, costituiscono i presupposti per la depressione come male pandemico, la spinta all’emulazione di modelli effimeri è sempre più forte, prendere coscienza di questo concetto, può salvare il nostro futuro.


 


La soluzione del problema esiste, bisogna risvegliare il senso critico, guardare la realtà alla maniera del mitico Ulisse quando si trovò al cospetto delle sirene, perché purtroppo chi ci condiziona è proprio paragonabile alle sirene che allettavano il navigante con lusinghe irresistibili e poi lo divoravano. A tal proposito credo si debba riconoscere come allarme sensato ed assolutamente credibile il pensiero di Serge Latouche, il quale asserisce che le vere e proprie associazioni per delinquere, nell’attuale società, sono LA PUBBLICITÀ, L’OBSOLESENZA (programmata), IL CREDITO.


 


Queste brevi riflessioni, non sono frutto di un infondato pensiero pessimistico, ma sono la sintesi di studi socio – psico - economici, attraverso i quali con rigorosissimi principi scientifici, si è analizzata la nostra società, e si sono effettuate delle proiezioni che hanno consentito la costruzione di un modello della società futura.


 


 


 


Se qualche lettore dovesse avere curiosità o dubbi sull’argomento, potrà inviare una e-mail a: fnapolitani@studiorizzonti.com, e sarò ben lieto di rispondere.

 
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DISTURBI NATALIZI

Post n°3 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da orgaziendale

Siamo in pieno clima natalizio e i luoghi comuni ci portano a considerare questo come il momento più felice dell'anno, mentre in realtà non è così, le feste natalizie sono fonte dell'accentuazione dello stress che colpisce quotidianamente la maggior parte della popolazione. I malesseri profondi che sorgono in questo periodo sono tanti, ed anche se non lo si vuole ammettere, colpiscono tutti. È Natale, l'imperativo è che ci si deve divertire, dobbiamo essere allegri, si deve essere altruisti, abbiamo l'obbligo di correre ad acquistare doni per mille persone, in definitiva ci conformiamo ad un modello imposto da tempo dal medium dominante.

In ogni caso, chi ha la fortuna di avere intorno a sé una famiglia riesce, e non sempre in maniera ottimale, in mitigare quelli che potremmo definire gli effetti devastanti del Natale; ma coloro i quali, ed al giorno d'oggi ce ne sono tanti, conducono una vita da single, proprio in questo periodo vedono affiorare pesanti problemi di carattere psicologico.

Le più comuni remore affioranti, sono il rimpianto per l'infanzia perduta, l'ansia degli incontri indesiderati, l'obbligo di mostrarsi felici: Non sempre il Natale è davvero la festa dei buoni sentimenti. Senza contare che sotto l'albero addobbato cresce il rischio di cardiopatie e aumentano i suicidi. Un'indagine inedita rivela che il disagio di Natale non è legato all'eccesso di cibo o allo stress da regali, ma ha a che fare soprattutto con aspettative tradite e promesse mancate.

Buon Natale? Non esageriamo. La festa più attesa dell'anno non suscita solo buoni sentimenti. Il disagio è palpabile, si percepisce per le strade affollate, nelle corsie del supermercato dove si scontrano carrelli ricolmi di cibo, nelle tavolate familiari dove una patina di buona educazione non basta a mantenere sereni gli animi. E soprattutto si coglie il giorno dopo, quando ci si risveglia con gli avanzi da finire e le carte regalo da buttare via. Dicendoci che, anche per quest'anno, il Natale è passato. Lasciandosi dietro una sensazione di rimpianto per ciò che non si è avuto. Perché Natale, o ancora meglio il periodo natalizio, che oggi si "spalma" per esigenze commerciali su diverse settimane, è soprattutto un periodo di attesa. Ma attesa di che cosa?

Su molti i social network si moltiplicano i gruppi "Odio il Natale", e gli elementi meno graditi sono il falso clima di allegria e la corsa allo shopping, ma c'è anche chi odia gli alberi di Natale finti o le strade illuminate con settimane di anticipo.

Per le persone vulnerabili, il fatto che questo momento coincida con le giornate più brevi dell'anno può acuire la sofferenza. Il suggerimento potrebbe essere quello di non sentirsi troppo in colpa se non si è davvero felici: Non ci si deve aspettare che il Natale sia sempre manifestazione di bontà e di gioia.

Il mal di Natale si incontra spesso, e si manifesta in forme diverse, che possono essere ricondotte ad alcuni elementi centrali, come la sofferenza legata al sentirsi esclusi da un nucleo familiare che non esiste o non ci appartiene più, vissuta da single, anziani soli, amanti il cui partner trascorre le feste in famiglia. Altre volte il conflitto psicologico nasce dalla nostalgia per l'esperienza infantile, spesso vissuta in modo idealizzato, e dal rimpianto per le speranze che non si sono tradotte in realtà. L'avvicinarsi delle feste fa riemergere in molti di noi le frustrazioni che abbiamo vissuto da bambini, il senso di essere stati privati di qualcosa - affetto, doni, attenzioni - che i nostri coetanei o i nostri fratelli ricevevano. A volte questa sensazione e ingiustificata, altre volte è un prodotto della nostra nevrosi, ma questo non la rende meno dolorosa, ed è il ricordo di una promessa mancata a generare rabbia e depressione, e a impedirci di godere delle festività.

In merito al disagio diffuso, emerge che a vivere meglio la festa sono quelli che riescono a sentirsi felici dedicandosi alla religione ed alla famiglia piuttosto che quanti vivano gli aspetti consumistici. Il mal di Natale è un male della persona nella sua integralità, come per ogni malessere psicologico. L'antidoto dunque deve riguardare tutta la persona, e questo è un principio che vale anche nell'esperienza quotidiana e nel quotidiano prendersi cura di sé.

Augurando ai lettori un sereno Natale, da sociologo clinico mi corre l'obbligo di formulare un invito a non combattere il mal di Natale combattendo la solitudine, ma imparando a vivere la propria "singolitudine", vale a dire la personale ricchezza di opportunità non assimilate e quindi non annegate nell’assunzione di comportamenti collettivi.

 
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IDEE

Post n°2 pubblicato il 06 Dicembre 2008 da orgaziendale

Mi farebbe piacere sapere cosa significa "crisi" per ognuno di voi, e se qualcuno desidera spendere un pò del proprio tempo, sarei curioso di conoscere l'dea che si ha dell'origine reale di questo particolare momento.

Non siate titubanti

 
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PER INIZIARE A CONOSCERCI

Post n°1 pubblicato il 30 Novembre 2008 da orgaziendale

Carissimi visitatori del blog, sono un sociologo clinico, ed ho voluto creare questo spazio per aprire una ulteriore finestra sul mondo, in quanto per esperienza professionale, so che molti hanno bisogno di aiuto, ed io stesso ho bisogno dell'aiuto di tutti per conoscere sempre più capillarmente i mali che attanagliano la nostra società.

Spero che in molti vorrete mettervi in contatto con me, condividendo i vostri problemi e chiedendo di chiarire i dubbi che avete sulle mille sfaccettature della vita di tutti giorni.

Se qualcuno è curioso di sapere qualcosa di più sulla sociologia clinica, potrà visitare il sito www.studiorizzonti.com

Vi aspetto numerosi

 
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