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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 29 Agosto 2008 da mariofiorenza.m

Feste e Tradizioni

In una cittadina come Stilo, così ricca di monumenti, di storia e di cultura, non potevano mancare gli appuntamenti con le feste tradizionali.
Feste, che a Stilo rivestono un ruolo unico ed importante, e per come si ristabilisce il legame culturale con il passato, e per il “phatos” che traspare dalla loro religiosità. Le celebrazioni investono tutta la popolazione ed hanno come palcoscenico il suggestivo centro storico stilese.
La più “sentita “ fra tutte, rimane comunque, la celebrazione della Settimana Santa.
Numerose le processioni, che si dipartono dalle chiese di Stilo: il giovedì quella dei penitenti, con le Croci; il venerdì Santo, quella con la Madonna Addolorata, che si conclude, a tarda ora, con la toccante “Agonia” (preghiere e canti intervallati da musica sacra) e con la deposizione dalla Croce di Gesù Cristo. Il culmina delle celebrazioni Pasquali, si ha il sabato Santo mattina, con la processione del “Monumentu”, cioè di Cristo morto. In questa processione, vengono portate dai fedeli su croci di canna, le tipiche “guccedate” (ciambelle di pane).
La domenica di Pasqua, la “Cunfrunta”, ovvero il ricongiungimento di Cristo risorto con la Madre, mette fine alle celebrazioni della Settimana Santa Stilese.
Suggestiva è pure la festa dell’Immacolata (otto dicembre) che si conclude con un gran falò davanti la chiesa di San Giovanni Theresti.
Interessanti anche le tradizionali fiere di S. Giovanni (24 giugno) e del Battesimo (sei gennaio).

Leggende

Le colonne della Cattolica – Narra una leggenda stilese che le colonne della Cattolica furono portate in testa sul posto da quattro giovinette, le quali filavano e cantando tranquille, pur salendo col greve peso lungo l’erto declivio del Consolino. Il tempio da dove provengono le quattro colonne sarà stato, senza dubbio, quello di aulonia (l’attuale Monasterace) dedicato a Zeus Homorios ( secondo Paolo Orsi ), invece, sacro ad Apollon Katharsìos, seguendo un’igegnosa interpretazione di Watchiss Lìoy.




I piedi della Matrice - Una leggenda popolare riferita alla Matrice, adorna di un’elegante portale del sec. XIV, su la cui facciata, a sinistra di chi guarda, si osservano ancora murati due piedi di marmo pare appartenessero ad una colossale statua sepolta nei sotterranei della chiesa, la statua pare fosse in parte di oro e parte in argento: manifesta derivazione biblica (Daniele, II, 31 – 33), anche il sommo poeta Dante Alighieri trasse “il Gran Veglio di Creta” (Inf.,XIV, 103 segg.), simbolo dell’umanità e il suo progressivo peggioramento.


Lo stemma di Stilo – Carlo V, fra gli altri privilegi, concesse agli Stilesi che nel loro stemma campeggiasse l’aquila nera di casa d’Austria. Non è poi fuori luogo rammentare che il motto di questo segno è tutto ispirato all’amor di patria e spirito di sacrificio sopportati dal popolo stilese per mantenere la sua autonomia ed indipendenza: “ SANGUINIS PRAETIO”.



Tripu do ngegnu – sul monte Consolino in prossimità del castello Normanno, esiste ancora il famoso…” Tripu do ngegnu !”. Questo “ buco “, artisticamente ricavato nel muro perimetrale di un vasto edificio dedicato, forse, in origine, al culto di qualche deità pagana, serviva, pare, a dare pubblicamente atto alle nascite…illegittime. Il figlio della prostituta o della donna infedele, anche se secco e allampanato come un manico di scopa, attraverso quel buco non sarebbe, di certo, potuto passare; mentre, tranquillamente vi girava dentro, come un filo della cruna dell’ago, il grosso e obeso bifolco, figlio legittimo di fedeli genitori. Quel buco venne denominato “ Buco dell’ingegno “ per il semplice motivo che, piccolo e molto stretto all’apparenza, è stato costruito in modo da lasciar passare anche una grossa vacca; mentre, a guardarlo, ti dà netta e precisa l’impressione che, attraverso di esso, non potrebbe passare nemmeno un piccolo agnellino.





Petra do Califfu – A Stilo soggiornò e…governò il Califfo “ Ibrahim “ nel 902. Fino a qualche tempo fa, esisteva, poco distante dalla fontana “ Gebbia “ (quasi difronte all’ex emporio Pacetta ) la cosiddetta…” Petra do Califfu “. Era un’enorme macigno, con la parte alta spianata, sul quale il Califfo sedeva con maestosa e religiosa solennità, per comunicare al popolo le sue importanti decisioni e per amministrare la giustizia. E’ risaputo, infatti, che presso gli ebrei e gli orientali in genere le riunioni per i pubblici affari, per i giudizi e lo scambio di merci si tenevano, di solito, presso la porta principale della città. E, da quel luogo, la… Porta Reale non era, certo lontana.





La piaga di Ruggero il Normanno – Uno dei tanti miracoli del Santo Stilese San Giovanni Theresti si verificò proprio quando Egli era già morto. La fama e la santità del buon frate era già corsa molto lontano. Così il conte Ruggero, che non riusciva a farsi curare una piaga che gli deturpava il viso, pensò di venire a Stilo e chiedere aiuto al Santo Mietitore. Quando, però, il conte giunse al convento, trovò che il Santo era morto da poco. Non potendo fare altro, si raccolse in preghiera ai piedi della bara, che raccoglieva le spoglie del Santo e, nell’atto di alzarsi, prese fra le mani un lembo di tunica che rivestiva il morto e se la passò devotamente sulla purulenta piaga del suo viso. All’istante il tumore scomparve dal viso di quel nobile, prode cavaliere tornò sano e bello come prima. Per riconoscenza il generoso normanno elargì al convento altri mille doni e privilegi.



La statua della Madonna della chiesa di S. Francesco – A causa delle dimensioni e del peso della statua molti tentativi per la sistemazione nella nicchia, della Madonna, non diedero alcun risultato. Stanche e delusi, gli addetti ai lavori lasciarono la chiesa a notte inoltrata col proponimento e l’intento di cercare e, possibilmente, trovare l’indomani il sistema per la definitiva collocazione della statua. Durante la notte, le campane della chiesa cominciarono improvvisamente a suonare e la chiesa apparve straordinariamente illuminata agli assonnati, stupiti e spaventati fedeli e frati, accorsi in massa per sentire e vedere cosa era successo. E quel che era successo “era” che la Madonna, aveva deciso di…salirsene da sola in quell’incavo, riparato e accogliente, che Le era stato destinato nella chiesa.




La Porta Stefanina – E’ la porta che s’apre tra l’ultima torre delle mura di Stilo e la chiesa allora detta di Santa Maria del Gesù (oggi San Domenico). Tale porta si chiama Stefanina, perché fin là giungeva la giurisdizione dei padri del Convento di S. Stefano del Bosco “Certosa di Serra San Bruno).




L’erba della Sapienza – Una leggenda popolare stilese attribuisce la portentosa sapienza di Tommaso Campanella a un’erba che egli avrebbe mangiato, ancora fanciullo, sul monte Consolino.



Il grano di San Giovanni Theresti – Un giorno d’estate, girando per la campagna di Stilo, Giovanni con la bisaccia sulle spalle, verso mezzogiorno, si imbattè in uno sparuto gruppo di mietitori, già stanchi morti e accaldati, che avevano ancora davanti un immenso campo da falciare. L’umile fraticello si fermò con loro rendendosi conto della loro preoccupazione di non poter riuscire ad ultimare presto il lavoro, tolse dalla bisaccia una fiaschetta, con del vino e la fece girare tra i mietitori in modo che, a turno, ognuno potesse bere un sorso. All’istante tutti si sentirono invadere da irresistibile, invincibile sonnolenza e non poterono fare altro che stendersi e dormire. Quando si svegliarono, il sole era già tramontato da un pezzo e tutto quel mare di grano era già stato mietuto e sistemato in grossi, dorati covoni. Gli allibiti contadini gridarono subito al miracolo che, giustamente, da tutti quanti loro, venne attribuito al santo fraticello cercatore. Corse subito la voce in paese dell’accaduto e, da allora, quell’umile frate venne da tutti nomato “ Theresti “ che, appunto, vuol dire mietitore.



Le palle di ricotta - Allarmi! Allarmi! La campana sona! Li turchi su calati alla marina!
In epoca non bene precisata, i Turchi sbarcarono alla marina numerosissimi e agguerriti . Respinti una prima volta dagli antichi abitanti di Stilida, essi tentarono ancora l’assalto; ma resosi conto dell’impossibilità di poter portare a buon fine l’impresa con le armi, decisero di costringere la popolazione ad arrendersi per fame. Posero, per questo, il loro accampamento oltre le mura di cinta e con continue scaramucce e lanci di pietre e dardi costringevano quella gente a stare, per giorni e giorni, inoperosa per difendersi. Una volta finite le provviste e trovandosi nell’impossibilità di procurarsi altre vettovaglie, gli scaltri e feroci turchi pensavano che nessuna alternativa sarebbe rimasta alla gente del …Monte se non quella di arrendersi, necessariamente, per fame. Continuando così, non potevano certo sperare di poter andare avanti per molto tempo ancora. Una mattina, però, mentre gli uomini più stanchi del solito vigilavano ai loro posti di combattimento e le donne e i bambini stremati dalla paura e dalla fame stavano tappati in casa, ecco affacciarsi ad ogni porta un giovane guerriero, bello e imponente d’aspetto che, con fare quasi autoritario, ordina alle donne di non allattare, quel giorno, i loro bambini e raccogliere tutto il latte dei loro seni, unitamente a quello che si poteva spremere dalle mammelle degli animali, in un capace recipiente di rame. Con tutto quel latte raccolto quell’intraprendente giovane prepara un discreto ammasso di ricotta e, formando con quella delle grosse e bianche palle, le scaglia, con violenza, ancora fumanti, contro l’accampamento nemico. I turchi a quella vista, pensarono subito che se quelli del…Monte potevano permettersi il lusso di sprecare tutto quel ben di Dio, per il semplice gusto di sfottere il nemico, chissà quanti anni ancora avrebbero potuto resistere al loro inutile assedio. Tolsero subito le tende e, quatti quatti, se ne tornarono nelle loro terre. Appena in tempo! Qualche altro giorno ancora e quei poveri stilesi sarebbero stati, costretti ad arrendersi e morire. Visto allontanarsi, col nemico, l’imminente pericolo, tutti allora cercarono quel giovane guerriero al quale dovevano la loro salvezza, per tributare doverosamente a lui ogni sorta di festeggiamenti. Ma per quanto cercassero e si dessero da fare, del bel giovane nessuna traccia. Allora tutti furono indotti a credere che quel provvido, insperato ed inatteso aiuto era venuto loro ad opera del Cielo e chi…materialmente aveva loro prestato le mani, altri non era se non quel glorioso, invincibile, martire guerriero di San Giorgio. A perenne testimonianza di quel meraviglioso avvenimento, il sito sul quale si erano accampati i turchi si chiama “ Vinciguerra “. San Giorgio fu proclamato protettore di Stilo. I ruderi del castello vengono chiamate “ I Casi e San Giorgi “.

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