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Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 30 Agosto 2008 da mariofiorenza.m
Foto di mariofiorenza.m

FRANCESCO COZZA     Vita 

Dopo aver trascorso la giovinezza nella natia Stilo Calabria, Francesco Cozza si recò a Roma dove fu apprendista del Domenichino. La sua presenza è infatti registrata a Roma presso la parrocchia di Sant'Andrea delle Fratte, ospite dei Minimi di San Francesco di Paola, poco prima del 1630, anno in cui il Domenichino si recò a Napoli. Rimase ospite dei Minimi fino al 1634; in questo periodo seguì il Domenichino a Napoli e a Frascati. Rimase a Roma e nei dintorni di Roma per i rimanenti anni della sua vita. La morte sopraggiunse il 13 gennaio del 1682, pochi giorni dopo aver redatto il suo testamento (9 gennaio).

Opere

La prima opera datata è un San Giuseppe a Sant'Andrea delle Fratte (1632). Opere giovanili sono inoltre la Pietà alla Galleria Nazionale d'Arte Antica, l'affresco di Madonna e Santa Francesca Romana, a S. Andrea delle Fratte, e un bel Crocifisso con San Francesco di Paola, al refettorio nella omonima chiesa di Roma. Quest'ultima chiesa era stata costruita a partire dal 1623, quando cioè i frati minimi chiesero alla famiglia Cesarini un appezzamento di terreno nei pressi della Basilica di San Pietro in Vincoli; i lavori tuttavia iniziarono soltanto verso il 1640. Ciò costituì l'occasione dell'incontro con i Cesarini, signori fra l'altro di Genzano di Roma e Valmontone, per le successive committenze e lavori nelle due cittadine.

Verso il 1641 ottenne la commissione per gli affreschi, ora distrutti, della cupola di Santa Maria della Pace a Roma. Probabilmente a questo periodo risale anche la Nascita della Vergine della Galleria Colonna. Verso il 1645 dipinge la Madonna del Cucito dell'Ospedale di Santo Spirito a Roma, ispirata a Guido Reni e al Domenichino; nello stesso periodo eseguì, per i Frati di San Francesco da Paola in Sant'Andrea delle Fratte, la pala con San Giuseppe e San Carlo. Verso il 1650 dipinse la Madonna del Riscatto nella Basilica di Santa Francesca Romana e fra il 1658 ed il 1659 affrescò la volta del Fuoco nell'attuale Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone' e due affreschi con l' Estate e l' Inverno, nel Palazzo Altieri. A Valmontone Cozza conobbe Gaspard Dughet e Mattia Preti, due artisti che ebbero una notevole influenza nella sua formazione. Al 1660 risale la grande Pala d'altare (olio su tela) per la Chiesa di Santa Maria della Cima a Genzano, dove, secondo il critico Mariano Apa, "si accentua la sua personale ricerca di riproposta del classicismo emiliano rinforzato da un naturalismo ora vivido dalle esperienze con il forte parlare del Mattia Preti". Molto bella, sebbene rovinata, anche la Pala d'altare per il Duomo di Segni.

 
 
 

Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 29 Agosto 2008 da mariofiorenza.m

IMMAGINI DI STILO
San Domenico
Tommaso Campanella
Il Duomo
Il Castello Normanno
San Francesco
 








 

 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 29 Agosto 2008 da mariofiorenza.m

Feste e Tradizioni

In una cittadina come Stilo, così ricca di monumenti, di storia e di cultura, non potevano mancare gli appuntamenti con le feste tradizionali.
Feste, che a Stilo rivestono un ruolo unico ed importante, e per come si ristabilisce il legame culturale con il passato, e per il “phatos” che traspare dalla loro religiosità. Le celebrazioni investono tutta la popolazione ed hanno come palcoscenico il suggestivo centro storico stilese.
La più “sentita “ fra tutte, rimane comunque, la celebrazione della Settimana Santa.
Numerose le processioni, che si dipartono dalle chiese di Stilo: il giovedì quella dei penitenti, con le Croci; il venerdì Santo, quella con la Madonna Addolorata, che si conclude, a tarda ora, con la toccante “Agonia” (preghiere e canti intervallati da musica sacra) e con la deposizione dalla Croce di Gesù Cristo. Il culmina delle celebrazioni Pasquali, si ha il sabato Santo mattina, con la processione del “Monumentu”, cioè di Cristo morto. In questa processione, vengono portate dai fedeli su croci di canna, le tipiche “guccedate” (ciambelle di pane).
La domenica di Pasqua, la “Cunfrunta”, ovvero il ricongiungimento di Cristo risorto con la Madre, mette fine alle celebrazioni della Settimana Santa Stilese.
Suggestiva è pure la festa dell’Immacolata (otto dicembre) che si conclude con un gran falò davanti la chiesa di San Giovanni Theresti.
Interessanti anche le tradizionali fiere di S. Giovanni (24 giugno) e del Battesimo (sei gennaio).

Leggende

Le colonne della Cattolica – Narra una leggenda stilese che le colonne della Cattolica furono portate in testa sul posto da quattro giovinette, le quali filavano e cantando tranquille, pur salendo col greve peso lungo l’erto declivio del Consolino. Il tempio da dove provengono le quattro colonne sarà stato, senza dubbio, quello di aulonia (l’attuale Monasterace) dedicato a Zeus Homorios ( secondo Paolo Orsi ), invece, sacro ad Apollon Katharsìos, seguendo un’igegnosa interpretazione di Watchiss Lìoy.




I piedi della Matrice - Una leggenda popolare riferita alla Matrice, adorna di un’elegante portale del sec. XIV, su la cui facciata, a sinistra di chi guarda, si osservano ancora murati due piedi di marmo pare appartenessero ad una colossale statua sepolta nei sotterranei della chiesa, la statua pare fosse in parte di oro e parte in argento: manifesta derivazione biblica (Daniele, II, 31 – 33), anche il sommo poeta Dante Alighieri trasse “il Gran Veglio di Creta” (Inf.,XIV, 103 segg.), simbolo dell’umanità e il suo progressivo peggioramento.


Lo stemma di Stilo – Carlo V, fra gli altri privilegi, concesse agli Stilesi che nel loro stemma campeggiasse l’aquila nera di casa d’Austria. Non è poi fuori luogo rammentare che il motto di questo segno è tutto ispirato all’amor di patria e spirito di sacrificio sopportati dal popolo stilese per mantenere la sua autonomia ed indipendenza: “ SANGUINIS PRAETIO”.



Tripu do ngegnu – sul monte Consolino in prossimità del castello Normanno, esiste ancora il famoso…” Tripu do ngegnu !”. Questo “ buco “, artisticamente ricavato nel muro perimetrale di un vasto edificio dedicato, forse, in origine, al culto di qualche deità pagana, serviva, pare, a dare pubblicamente atto alle nascite…illegittime. Il figlio della prostituta o della donna infedele, anche se secco e allampanato come un manico di scopa, attraverso quel buco non sarebbe, di certo, potuto passare; mentre, tranquillamente vi girava dentro, come un filo della cruna dell’ago, il grosso e obeso bifolco, figlio legittimo di fedeli genitori. Quel buco venne denominato “ Buco dell’ingegno “ per il semplice motivo che, piccolo e molto stretto all’apparenza, è stato costruito in modo da lasciar passare anche una grossa vacca; mentre, a guardarlo, ti dà netta e precisa l’impressione che, attraverso di esso, non potrebbe passare nemmeno un piccolo agnellino.





Petra do Califfu – A Stilo soggiornò e…governò il Califfo “ Ibrahim “ nel 902. Fino a qualche tempo fa, esisteva, poco distante dalla fontana “ Gebbia “ (quasi difronte all’ex emporio Pacetta ) la cosiddetta…” Petra do Califfu “. Era un’enorme macigno, con la parte alta spianata, sul quale il Califfo sedeva con maestosa e religiosa solennità, per comunicare al popolo le sue importanti decisioni e per amministrare la giustizia. E’ risaputo, infatti, che presso gli ebrei e gli orientali in genere le riunioni per i pubblici affari, per i giudizi e lo scambio di merci si tenevano, di solito, presso la porta principale della città. E, da quel luogo, la… Porta Reale non era, certo lontana.





La piaga di Ruggero il Normanno – Uno dei tanti miracoli del Santo Stilese San Giovanni Theresti si verificò proprio quando Egli era già morto. La fama e la santità del buon frate era già corsa molto lontano. Così il conte Ruggero, che non riusciva a farsi curare una piaga che gli deturpava il viso, pensò di venire a Stilo e chiedere aiuto al Santo Mietitore. Quando, però, il conte giunse al convento, trovò che il Santo era morto da poco. Non potendo fare altro, si raccolse in preghiera ai piedi della bara, che raccoglieva le spoglie del Santo e, nell’atto di alzarsi, prese fra le mani un lembo di tunica che rivestiva il morto e se la passò devotamente sulla purulenta piaga del suo viso. All’istante il tumore scomparve dal viso di quel nobile, prode cavaliere tornò sano e bello come prima. Per riconoscenza il generoso normanno elargì al convento altri mille doni e privilegi.



La statua della Madonna della chiesa di S. Francesco – A causa delle dimensioni e del peso della statua molti tentativi per la sistemazione nella nicchia, della Madonna, non diedero alcun risultato. Stanche e delusi, gli addetti ai lavori lasciarono la chiesa a notte inoltrata col proponimento e l’intento di cercare e, possibilmente, trovare l’indomani il sistema per la definitiva collocazione della statua. Durante la notte, le campane della chiesa cominciarono improvvisamente a suonare e la chiesa apparve straordinariamente illuminata agli assonnati, stupiti e spaventati fedeli e frati, accorsi in massa per sentire e vedere cosa era successo. E quel che era successo “era” che la Madonna, aveva deciso di…salirsene da sola in quell’incavo, riparato e accogliente, che Le era stato destinato nella chiesa.




La Porta Stefanina – E’ la porta che s’apre tra l’ultima torre delle mura di Stilo e la chiesa allora detta di Santa Maria del Gesù (oggi San Domenico). Tale porta si chiama Stefanina, perché fin là giungeva la giurisdizione dei padri del Convento di S. Stefano del Bosco “Certosa di Serra San Bruno).




L’erba della Sapienza – Una leggenda popolare stilese attribuisce la portentosa sapienza di Tommaso Campanella a un’erba che egli avrebbe mangiato, ancora fanciullo, sul monte Consolino.



Il grano di San Giovanni Theresti – Un giorno d’estate, girando per la campagna di Stilo, Giovanni con la bisaccia sulle spalle, verso mezzogiorno, si imbattè in uno sparuto gruppo di mietitori, già stanchi morti e accaldati, che avevano ancora davanti un immenso campo da falciare. L’umile fraticello si fermò con loro rendendosi conto della loro preoccupazione di non poter riuscire ad ultimare presto il lavoro, tolse dalla bisaccia una fiaschetta, con del vino e la fece girare tra i mietitori in modo che, a turno, ognuno potesse bere un sorso. All’istante tutti si sentirono invadere da irresistibile, invincibile sonnolenza e non poterono fare altro che stendersi e dormire. Quando si svegliarono, il sole era già tramontato da un pezzo e tutto quel mare di grano era già stato mietuto e sistemato in grossi, dorati covoni. Gli allibiti contadini gridarono subito al miracolo che, giustamente, da tutti quanti loro, venne attribuito al santo fraticello cercatore. Corse subito la voce in paese dell’accaduto e, da allora, quell’umile frate venne da tutti nomato “ Theresti “ che, appunto, vuol dire mietitore.



Le palle di ricotta - Allarmi! Allarmi! La campana sona! Li turchi su calati alla marina!
In epoca non bene precisata, i Turchi sbarcarono alla marina numerosissimi e agguerriti . Respinti una prima volta dagli antichi abitanti di Stilida, essi tentarono ancora l’assalto; ma resosi conto dell’impossibilità di poter portare a buon fine l’impresa con le armi, decisero di costringere la popolazione ad arrendersi per fame. Posero, per questo, il loro accampamento oltre le mura di cinta e con continue scaramucce e lanci di pietre e dardi costringevano quella gente a stare, per giorni e giorni, inoperosa per difendersi. Una volta finite le provviste e trovandosi nell’impossibilità di procurarsi altre vettovaglie, gli scaltri e feroci turchi pensavano che nessuna alternativa sarebbe rimasta alla gente del …Monte se non quella di arrendersi, necessariamente, per fame. Continuando così, non potevano certo sperare di poter andare avanti per molto tempo ancora. Una mattina, però, mentre gli uomini più stanchi del solito vigilavano ai loro posti di combattimento e le donne e i bambini stremati dalla paura e dalla fame stavano tappati in casa, ecco affacciarsi ad ogni porta un giovane guerriero, bello e imponente d’aspetto che, con fare quasi autoritario, ordina alle donne di non allattare, quel giorno, i loro bambini e raccogliere tutto il latte dei loro seni, unitamente a quello che si poteva spremere dalle mammelle degli animali, in un capace recipiente di rame. Con tutto quel latte raccolto quell’intraprendente giovane prepara un discreto ammasso di ricotta e, formando con quella delle grosse e bianche palle, le scaglia, con violenza, ancora fumanti, contro l’accampamento nemico. I turchi a quella vista, pensarono subito che se quelli del…Monte potevano permettersi il lusso di sprecare tutto quel ben di Dio, per il semplice gusto di sfottere il nemico, chissà quanti anni ancora avrebbero potuto resistere al loro inutile assedio. Tolsero subito le tende e, quatti quatti, se ne tornarono nelle loro terre. Appena in tempo! Qualche altro giorno ancora e quei poveri stilesi sarebbero stati, costretti ad arrendersi e morire. Visto allontanarsi, col nemico, l’imminente pericolo, tutti allora cercarono quel giovane guerriero al quale dovevano la loro salvezza, per tributare doverosamente a lui ogni sorta di festeggiamenti. Ma per quanto cercassero e si dessero da fare, del bel giovane nessuna traccia. Allora tutti furono indotti a credere che quel provvido, insperato ed inatteso aiuto era venuto loro ad opera del Cielo e chi…materialmente aveva loro prestato le mani, altri non era se non quel glorioso, invincibile, martire guerriero di San Giorgio. A perenne testimonianza di quel meraviglioso avvenimento, il sito sul quale si erano accampati i turchi si chiama “ Vinciguerra “. San Giorgio fu proclamato protettore di Stilo. I ruderi del castello vengono chiamate “ I Casi e San Giorgi “.

 
 
 

Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 29 Agosto 2008 da mariofiorenza.m

 

L'Immacolata
Tutta leggiadra e bellasei, dolce anima mia,piena di grazia e di beltà, MARIA,se ben del ciel sei luminosa stella.Ché, avendo il volto e ‘l nomedi pietade e dolcezza,se poscia il cuor dentro ritien fierezza,ognor di biasmo ed onte carchi some.Non stanno ben insiemebellezza e crudeltade,perché l'una ci toglie libertade,e l'altra affatto nostra vita preme.Sii dunque a me, cor mio,d'amore e cortesiaverace albergo, se vera Maria;ché mal senza di te viver posso io.
Tommaso Campanella
La Cattolica X sec.
La Cattolica di notte
San Giovanni Therestis
Centro Storico
Sabato Santo

Castello Normanno
I Guccedati
Venerdi Santo
Sabato Santo
San Giorgio
La storia

In magnifica posizione, sulle pendici del monte Consolino, sorge Stilo; la sua panoramica posizione la rende visibile dalla costa, offrendosi in lontananza in una naturale scenografia.
La sua storia, le sue preziose testimonianze storiche e soprattutto il suo “gioiello”, la Cattolica, hanno fatto sì che Stilo diventasse un ricercato centro turistico a livello internazionale.
L’origine di Stilo, si perde nel corso dei secoli, tuttavia pare certo che il suo nascere è collegato alle vicende dell’antica Caulonia. Era l’anno 389 a.C. quando la gloriosa città della Magna Grecia fu devastata e distrutta da Dionisio il Vecchio; ma subito dopo nelle vicinanze della distrutta città (circa un miglio dal mare, zona nord di Monasterace) nel luogo che oggi si chiama Castellone o meglio Capo di Stilo, sorse Stilida. Questa in un primo tempo fu una piccola stazione militare, che poi divenne sempre più importante, ingrandendosi fino a diventare un piccolo centro di vita, di cui poco si conosce fino al IX secolo. Infatti la storia di Stilo precedentemente al 1000 è un mistero; visto che nel 982 d.C. ( la sconfitta di Ottone II di Sassonia ad opera dei bizantini) è certo che Stilo esisteva. Ma alcuni sostengono che la primitiva Stilo fu edificata più volte in distinti luoghi.
Il suo primitivo nome era Consilinum, Consilino, Cocinto, Stilida e, infine, Stilo.




Uomini illustri di Stilo



- Giovanni Theresty Santo
- Tommaso Campanella - Filosofo (1568-1639)
- Francesco Cozza - Pittore - (XVII sec.)
- Guglielmo Sirleto - Cardinale
- Domenico Vigliarolo - Cosmografo Illustrissimo (XVI sec.)
- Pietro Villaroel - Accademico degli Oziosi di Napoli
- Niccolò Coniglio - Eroe nobile
- Raffaele Crea - Deputato al I° Parlamento italiano
- Stefano Bardaro - Dei minori conventuali, tradusse un’antico codice greco, che ne
conteneva la vita di san Giovanni Therestys
- Nicola Brescia - Fu vescovo di san Marco Argentano
- Aurelia Carnevale – Nobil donna
- Giovan Battista Carnevale – Dottissimo medico
- Sansone Carnevale - Canonico della Metropolitana di Napoli, fondatore delle missioni apostoliche
- Domenico Carnevale - Dotto della lingua greca e latina
- Tiberio Carnevale - Medico famoso di cui scrisse il Campanella
- Raimondo Castagna - Avvocato
- Marco Antonio Contestabile - Vescovo di Cava
- Silvio Contestabile - Priore della Certosa di Santo Stefano del Bosco
- Giovan Battista Contestabile - Sei volte sindaco dei nobili del Parlamento di Stilo
- Francesco Antonio Contestabile - Dottore in legge
- Giovan Battista Gregorace - Poeta commediografo (XVII sec.)
- Fra Pietro Vigliarolo - Poeta
- Domenico Vigliarolo - Conoscitore del greco, latino ed ebraico
- Nicola Carnevale - Ciambellano della Regina Giovanna
- Nunzio Mosca - Scrittore
- Domenico Catanzaro - Pittore
- Fra Pietro Presterà - Scienziato e letterato amico del Campanella
- Luigi Carnevale - Pensatore , scrittore, filantropo, idealista
- Luigi Consolo - Poeta , scrittore
- I Capialbi - Conti
- Gregorio Galluccio - Traduttore di greco
- Giovan Battista Tassone - Avvocato, scrittore
- Scipione Ponzio - Girecolsulto
- Marcantonio Ponzio - Poeta


I Monumenti


La Cattolica (X secolo), minuscolo e delicato tempietto, di aspetto orientale, con bellissimi effetti scenici dovuti al gioco architettonico dei mattoni rossi di cui e fatta. Il tempietto, di minuscole dimensioni, a pianta quadrata a forma di cubo, sormontato da cinque cupolette cilindriche, quattro delle quali poste sugli angoli, a rappresentazione degli evangelisti, e la quinta, più in alto al centro, a significazione del Cristo. All’interno quattro esili e graziose colonne,una diversa dall’altra, in una delle quattro colonne, si legge, tra i bracci di una elegante croce greca, una iscrizione Deus venerandus dominus passus apparuit nuper ( an ) LV (V. Capialbi).L’interno del tempietto, con pianta, a croce greca, è impreziosito da quel che resta degli affreschi che, in origine, ricoprivano tutte le pareti e le volte. Disposti su vari strati di intonaco, a significare le varie epoche di esecuzione: sulla parete a monte, una “dormitio virginis”, eseguita sull’ultimo strato, probabilmente in epoca Angioina; su una volta del tetto si osserva un Cristo benedicente sec. XII-XIII; e sulle pareti absidali, S.Giovanni Crisostomo; S.Giovanni il Precursore; S. Nicola; S. Basilio Magno. Sulla destra della porta d’ingresso vi sono le tre absidi, rivolte ad oriente come da consuetudine greca. La Cattolica di Stilo rappresenta, un “insigne monumento bizantino,il più bello, il più completo della Calabria” (P. Orsi), è la “più meravigliosa chiese greche esiliate in Calabria” (E. Bertaux), “ –Fratelli! Alzate al nostro Salvatore un tempio che si sgorga da lontano: su quella roccia è apparso il Salvatore! – ( L. Consolo).



Il Castello Normanno, costruito da Ruggero il Normanno (1071), era uno dei più forti e sicuri dell’intera Calabria, con la destinazione a custodire anche i prigionieri di Stato; infatti le sue mura accolsero numerosi prigionieri politici. Nel corso dei secoli subì diversi rifacimenti, soprattutto nella parte più antica, che era la più alta. La decadenza del castello di Stilo con le sue annesse opere di fortificazione ebbe inizio con i danni subiti durante la guerra tra Francesi e Spagnoli. Fantastiche leggende sul castello indusse diversi avventurosi cercatori di tesori a contribuire al suo disfacimento.




La Matrice, solenne e magico il Duomo, dedicato a S. Maria d’Ognissanti; è stata una delle più antiche chiese vescovili della Calabria. E’ certo che sotto di essa esiste un’antica chiesa, forse del periodo paleocristiano, su cui l’attuale Matrice fu edificata nel XIV sec., in stile romanico-gotico. Risale al primitivo edificio l’abside, ancora visibile. La facciata possiede un portale di rara bellezza in pietre lavorate, costruite da un fascio di colonnine tortili, alternate ad altre lisce, che continuano anche nella parte superiore formando un arco ogivale. Sul lato sinistro del portale murati in periodo successivo due piedi in marmo, sul lato destro una croce accantonata da foglie di acanto; e due colombi stilizzati nell’atto di bere. Al suo interno possiamo apprezzare la Cappella del SS. Sacramento; in essa spicca il ciborio in marmo venato. Nella chiesa vi sono inoltre stupefacenti dipinti il più rappresentativo di tutti è la raffigurazione del Paradiso, una grandiosa pala di Battistello Caracciolo. Nel 1599, durante un sermone, in occasione del giorno della Purificazione (due febbraio), Fra Tommaso Campanella, enunciò, davanti alla popolazione che gremiva la chiesa, le proprie convinzioni “utopistiche” e, predicò “…la renovazion del secolo…” e preannunciò”…che saranno mutazioni…”.




San Domenico, inizialmente in questo luogo esisteva un grandioso complesso: il Convento dedicato a S. Maria del Gesù, successivamente detto San Domenico, con a fianco una chiesa di dimensioni ridotte, che in epoca successiva fu ingrandita per iniziativa del Campanella, il quale è probabile che abbia eseguito il disegno della cupola. La facciata eretta in bella posizione, domina l’intera vallata dello Stilaro. Le nobili famiglie stilesi avevano ognuno una cappella, per seppellire i propri congiunti. Queste mura sono diventate celebri, appunto perché nel 1589 vi si ritirò il frate Tommaso Campanella. Il convento venne soppresso dopo le devastazioni conseguenti al terremoto del 1783. San Domenico, ebbe il colpo di grazia nel 1927 quando crollò l’intera volta della chiesa. Il 2 Maggio 2002 la riconsacrazione e riapertura al culto. “ La Sua Casa è stata Riedificata “ (Zac.1,16).





San Giovanni Theresti, costruito dai Paolotti nel 1625, fu sede 1662 dei PP. Basiliani, successivamente affidato dopo il terremoto del 1782 ai PP. Pii Operai del Redentore (Liguorini), i quali lo ingrandirono e lo abbellirono ulteriormente. Complesso in stile tardo rinascimentale e barocco, è costituito da due edifici contigui, il più grande dei quali era il Convento (oggi sede Municipale), a cui si accede attraverso un maestoso portale in granito e marmo rosa. Nell’interno, di notevole interesse è il chiostro con il pozzo in granito rosa, sormontato da un baldacchino, sorretto da quattro colonnine, su cui poggia una barchetta con bambino, raffigurante una scena della vita di San Giovanni Theresti. La Chiesa, con facciata settecentesca sormontata da due campanili, ha un interno grandioso a tre navate con decorazioni barocche. Interessante e degno di nota è l’altare settecentesco, nel transetto di sinistra, arricchito da intarsi policromi in marmo, in cui sono custodite le sante reliquie di San Giovanni Theresti, S. Ambrogio e S. Nicola.






San Francesco, in bellissima posizione nella piazza Carnevale, furono innalzati nel 1450 la chiesa di S. Francesco e il convento, ampiamente rifatti nel XVIII secolo. La bella facciata è d’ ispirazione barocca, composta da un’armoniosa combinazione di nicchie a linee spezzate e curve, che costituiscono più piani notevolmente articolati e movimentati; e portale lapideo. L’interno a croce latina e ad unica navata, sormontata da una grande cupola, la volta presenta alcuni affreschi (forse del Cozza), di ottima fattura il coro ligneo che la chiesa possiede, nel transetto di sinistra la statua in marmo della Madonna Immacolata, opera settecentesca. Nel refettorio del convento, si riuniva in inverno il Parlamento Stilese. Nella piazza davanti la facciata fu innalzata una statua bronzea a Tommaso Campanella.





San Nicola da Tolentino “ tipologia bizantina “, rifatta del XV-XVI secolo, con caratteristica cupola a forma di trullo e pianta a croce latina, nel suo interno, vi sono tracce di un affresco raffigurante il Santo.




La Ferdinandea, “…dimora misteriosa ed invisibile”, così fu descritta la Ferdinandea, da Matilde Serao, nel 1883 ospite dall’allora proprietario Achille Fazzari, amico di Giuseppe Garibaldi, e Senatore del Regno. Residenza amministrativa e fonderia fu voluta da Ferdinando II di Borbone, a cui deve il nome. Nel 1832, in occasione della sua inaugurazione, Federico II di Borbone, sensibile alle suppliche della popolazione, ordinò di far funzionare i forni fusori, allo scopo “ …di dare da vivere agli abitanti di quei paesi vicini…”. A ricordo della visita fu eretta un’edicola in ghisa sormontata da una palla di cannone, visibile ancora oggi nel cortile interno del fabbricato. Nello stesso cortile, sono visibili l’artistica fontana ed un busto in granito raffigurante il Reale Borbone.





Le diciotto chiese di Stilo:
La Cattolica
La Matrice
San Francesco dei Minori Conventuali
San Domenico
La Chiesa dei Cappuccini
San Giovanni Theresti dell’Ordine di S. Basilio
San Nicola da Tolentino
Santa Caterina
San Nicola di Bari nella contrada Orologio
Sant’Onofrio fuori le mura
San Biagio al Borgo
Santa Marina e Lucia
Santa Barbara
La chiesa della Badia
San Biagio fuori le mura
La Chiesa di Sant’Annunziata
La Chiesa del Castello
La Madonna delle Grazie fuori le mura





I Monasteri


Convento dei Basiliani
Convento dei Domenicani
Convento dei Francescani e dei Minimi
Convento delle Clarisse
Convento dei Cappuccini
Convento delle Pentite


Le Laure (sec IX – X )
Le Luare di Sant’Angelo e della Madonna della Pastorella , sono delle piccole grotte, sulle pentici scoscese del Monte Consolino, vere e proprie culle di religiosità, rappresentano il ricordo più toccante della presenza intorno all’anno Mille, di quella nutrita schiera di Anacoreti Brasiliani, che abbandonati i luoghi di origine (Siria, Egitto, Libia, Sicilia ecc.), si rifugiarono anche nel circondario di Stilo, definito per questo “la terra santa del basilianesimo”, in cerca di quella solitudine e quella pace, che avrebbe consentito loro di avvicinarsi a Dio. Nell’interno delle grotte, vi sono tracce di affreschi del periodo Bizantino-Normanno raffiguranti il Redentore Benedicente; SS. Cosma e Damiano, S. Sebastiano, ecc.




Le Cinque Porte

Porta Reale
Porta Stefanina
Porta Terra
Porta Cacari
Porta Scanza li Gutti



Dinastie Reali di Stilo

Bizantini
Normanni
Svevi
Angioini
Aragonesi
Borboni




Fontana Gebbia

Perfettamente integrata nel centro storico è la Fontane Gebbia o dei Delfini, un complesso architettonico di modeste dimensioni, del periodo settecentesco, ripetutamente restaurato; dato dalla fusione dello stile barocco con il neoclassico, costituita da un prospetto di tre arcate e una scultura centrale, di stile arabo, formata da due delfini attorcigliati.



Il Centro Storico

L’abitato di Stilo è dominato dalla grandiosa monumentalità dei suoi edifici religiosi, che sminuiscono il resto dell’agglomerato, che è pur sempre costituito da un caratteristico centro storico, disposto secondo la naturale conformazione del pendìo. Nel vecchio centro urbano, oltre ai già citati edifici religiosi, spiccano i settecenteschi palazzi nobiliari. Sono circa una ventina, quasi tutti di dimensioni notevoli, tutti di pregevole fattura.




 
 
 
 
 

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Data di creazione: 18/08/2008
 

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