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Cattolici nella società

Post n°22 pubblicato il 22 Settembre 2006 da gasfra
 

Messaggio N°129 27-05-2006 - 06:13Tags: CULTURA CRONACA CINEMA TEATRO, ECONOMIA

 Cattolici nella società

Cattolici nella società: ultimi due incontri a Guastalla e Casina

Il ciclo di incontri mensili “profili paralleli” promossi grazie alla fattiva collaborazione di alcune associazioni reggiane (Csc, Ac, Acli, Aimc, Cisl, Uciim) e dedicate a figure significative del movimento cattolico, che richiamano però immediatamente temi di forte attualità (Alberto Marvelli: l'etica in politica; Ezio Vanoni: la giustizia fiscale; Giulio Pastore: l'autonomia del sindacato; Gesualdo Nosengo: democrazia ed educazione ) stanno volgendo al termine. L'attenzione viene portata ora a due personalità dell'Italia del secondo '900, Enrico Mattei e Adriano Olivetti, che rimandano da subito a problemi, l'energia e la partecipazione dei lavoratori, che rappresentano nodi scoperti ed in larga misura irrisolti sia nella società italiana sia nel contesto internazionale.  Nodi politici e nodi economici insieme.
Prendiamo il caso dell'energia, con i prezzi del petrolio che non finiscono mai di crescere, con l'accaparramento di risorse da parte di paesi asiatici in forte sviluppo (India e Cina), con la difficoltà di avere fonti rinnovabili a prezzi competitivi, con le tensioni e la guerra intestina esistente in paesi, forti produttori, come l'Iraq e l'Iran. Appare dunque in tutta evidenza l'interesse che può avere la serata del 29 maggio a Guastalla, Sala Padre Paolino BV della Porta, dedicata a “Enrico Mattei : l'energia, fattore strategico per lo sviluppo del Paese : ieri, oggi e domani” che sarà animata da contributi di elevata competenza: da Marcello Colitti, già braccio destro di Mattei al Gruppo Eni, già presidente Enichem, oggi consulente internazionale in materia petrolifera, e da Cristina Corazza, giornalista specializzata, redattrice dei Notiziari Energia e Ambiente dell'Agenzia Adnkronos, autrice del recente volume di successo “Oro nero conti in rosso. Come sta cambiando il grande gioco del petrolio”. Come testimone del clima politico che si respirava allora, sarà Corrado Corghi , ex segretario regionale della DC Emilia-Romagna quando Mattei incominciò a perforare pozzi in Valle Padana per cercare metano e quando poi creò una potente industria di Stato come l'Eni, capace di tener testa alla “sette sorelle” che dominavano il gioco del petrolio nel mondo.
Non meno attuale, anche se può dare meno ansia immediata al cittadino che si reca quotidianamente al distributore di benzina, è l' argomento che sta alla base dell'ultimo incontro del ciclo, che si terrà il 23 giugno al Castello di Sarzano ( Casina), dedicato a “Adriano Olivetti : l'impresa come comunità di persone” . Partendo da un indirizzo ricorrente nelle Encicliche sociali della Chiesa, soprattutto quelle più recenti di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II , si metterà in rilievo l'esigenza di regolare e temperare un'economia non raramente orientata al liberismo selvaggio e al capitalismo senza scrupoli, introducendo nuovi modelli di contrattazione sindacale nonchè strumenti veri di partecipazione dei lavoratori alla vita dell'azienda e di piena valorizzazione delle loro capacità professionali. Esperienze lungimiranti che negli anni '60 aveva incominciato ad implementare quel grande uomo di cultura ed imprenditore innovativo come fu appunto l'ingegner Adriano Olivetti di Ivrea. Ne parleranno il Giorgio Campanini, docente all'Università di Parma e di Lovanio, autore di un saggio sulle idee olivettiane e Ettore Morezzi, già alto dirigente ad Ivrea, della Fondazione Olivetti, con una diretta testimonianza di un imprenditore reggiano di successo Ermanno Pivetti , che nei primi anni giovanili di carriera manageriale , si è fatto le ossa in quella stimolante realtà produttiva e sociale.
“La nostra iniziativa di approfondire personalità emblematiche che hanno segnato la storia d'Italia come del cattolicesimo italiano, non nasce dalla nostalgia di un certo odore di sagrestia - sottolinea Luigi Bottazzi, presidente del Collegamento Sociale Cristiano, coordinatore di “profili paralleli” - ma dal dato reale, che emerge dalla varie storie, sulle capacità creative di chi ha operato nel concreto, con un'incisiva leadership, nella vita sociale e pubblica, seguendo una ispirazione sociale forte di fede cristiana vissuta, e che anche oggi può essere segno di speranza nel mondo e per un mondo migliore”.
http://www.reporter.it/articoli/20060526090546.htm
 
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Messaggio N°128 27-05-2006 - 06:07Tags: POLITICA
  LE RADICI CRISTIANE

VENT’ANNI DOPO SPINELLI: TRE UOMINI DI GOVERNO INSIEME CON IL CAPO DELLO STATO HANNO RICORDATO IL PADRE DEL FEDERALISMOAmato: le radici cristiane non dividanoIl ministro dell’Interno: dobbiamo far ripartire in modo laico il processo di integrazione europea22/5/2006
Paolo Baroni



Il ministro dell'Interno
Giuliano AmatoVENTOTENE. La nuova Europa? Deve essere laica, suggerisce Giuliano Amato. Che attacca chi usa (ed ha usato) la scusa delle «ragioni cristiane» per escludere chi non è gradito. «Occorre includere, non escludere», sostiene, e guardare non ai nostri confini ma a quello che avviene fuori, attorno a noi. Lo stop alla Costituzione europea e lo smarrimento che ne è seguito è certamente un colpo pesante: Emma Bonino lo descrive come un «sentiero smarrito» che oggi ci obbliga ad «uscire dagli stereotipi di un europeismo usurato e logoro». A Ventotene si ricordano i vent’anni della morte di Altiero Spinelli, il padre del federalismo europeo, e il tema-Europa è d’obbligo. Il neo-ministro dell’Interno è convinto che «con il governo Prodi si riprenda il cammino per il rafforzamento delle istituzioni europee». A suo parere «l'Unione europea uscirà dalla crisi non se rinuncerà alle sue missioni ma se le porterà avanti». A cominciare dal «bisogno enorme di pace».

Il suo è un discorso molto appassionato, e la platea gli tributa applausi tra i più calorosi. «Occorre includere, non escludere - insiste -. Come del resto il messaggio cristiano nella sua universalità dovrebbe essere inteso da chiunque non ne faccia un uso personale e lo prenda per quello che dice da oltre duemila anni». Ed è anche per questo che dal nuovo governo italiano dice di aspettarsi «che cancelli al più presto il richiamo alla capacità di assorbimento come pre-requisito per l'ingresso di Paesi che stanno aspettando di entrare in Europa e che vorrebbero entrare e riprenda il cammino per il rafforzamento delle istituzioni europee».

Si è perso tempo, ma non è il caso di «abbandonarsi a facili scetticismi o allarmismi». La lentezza della costruzione europea non lo spaventa. «Mi spaventa - dice - chi rivendica le radici cristiane dell'Europa, per escludere e non per includere chi chiede di farne parte; quando proprio l'inclusione è il messaggio universale del Cristianesimo», così come lo spaventano «quanti leggono il no franco-olandese alla Costituzione europea come giustificazione per la propria liberazione dalle responsabilità europee». Ma «molti di quei no - sottolinea l'ex vicepresidente della Convenzione europea - chiedono più Europa e non meno e la leadership dell'Ue deve consentire che i no si convertano in sì dando risposte efficaci».

Quella sull’isola pontina non è la prima uscita pubblica del solo Presidente della Repubblica. Anche per Amato, Emma Bonino e per il nuovo responsabile dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, è un debutto, una prima. Ognuno porta la sua testimonianza, ognuno offre un contributo, uno spunto per rileggere a oltre 60 anni di distanza il «manifesto» scritto qui da Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni ai tempi del confino. Documento attualissimo, una «guida valida ancora oggi», ripetono in tanti alternandosi dal palco allestito in piazza Castello. Secondo Emma Bonino, da poco nominata ministro per il Commercio internazionale e gli Affari europei «il Governo Prodi è calibrato per persone e per programmi per affrontare l'agenda degli appuntamenti europei che non sono appuntamenti di politica estera ma di politica internazionale». A suo parere «è necessario che l'Unione cammini uscendo da vecchi schemi superati e logori e non penso certo dicendo questo al Manifesto di Spinelli e Rossi - ha spiegato Bonino - che mi sembra il testo più attuale perché parla più che di europeismo di federalismo europeo. Noi viviamo in tempi difficili ma non così drammatici come i loro, non vedo perché dovremmo fermarci, io cercherò di mettercela tutta». Poi ispirandosi a quel «grado di follia» che anche Spinelli consigliava sempre di portare con sé il ministro radicale lancia una proposta: «Vorrei che il Manifesto di Ventotene fosse tradotto in arabo e corredato di note critiche - azzarda - perché l'idea che la pace si fa tra gli Stati e non solo negli Stati è un grande insegnamento da portare».

Padoa-Schioppa, a Ventotene non parla da ministro dell’Economia ma da presidente di «Notre Europe», la fondazione creata da Jacques Delors che ora lascerà. Per questo si tiene alla larga dalle questioni economiche di stretta attualità, cita solo l’ex presidente francese della commissione, il suo coraggio, la sua grande visione ed il suo grande realismo che al pari di Spinelli contraddistinguono chi è al tempo stesso «capo» (che sa decidere ed accettare anche ciò che si può ottenere in quel momento), e «consigliere», capace cioè di guardare lontano. Così è stato per l'Atto unico europeo dell'86 come per la liberalizzazione dei mercati finanziari di due anni dopo che gettò le basi per la creazione dell’euro e fece compiere un balzo impensabile alla costruzione della casa comune europea. Legge un passo dell’autobiografia di Spinelli e si commuove: troppo forte ancora oggi è l’intreccio di storie personali. «L'Europa - afferma convinto Padoa-Schioppa - può superare l'attuale momento di difficoltà». La via da seguire è già scritta: è la lezione di Spinelli.
 
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Messaggio N°127 27-05-2006 - 06:02Tags: AMBIENTE
 AMBIENTE ED ECONOMIA

    Giovanelli: «L´Ambiente non può restare un ministero della comunicazione»Per l´ex senatore Ds occorre integrare economia ed ecologia. E rilancia il ruolo di Agenda 21 per creare una nuova governance basata anche sulla contabilità ambientaledi Diego Barsotti REGGIO EMILIA. Fausto Giovanelli, avvocato e insegnante di scuola superiore, membro del consiglio nazionale dei Ds, ha concluso nei giorni scorsi la sua avventura in Senato, dove era stato eletto nel 2001.
Segretario della commissione territorio, ambiente e beni ambientali nella XI legislatura, capogruppo nella commissione permanente territorio, e beni ambientali in quella successiva, è stato primo firmatario di 17 disegni di legge soprattutto in materia di tutela dell’ambiente e salvaguardia del territorio e cofirmatario di 27 disegni di legge.
Nella XIII legislatura Giovanelli (nella foto) ha ricoperto l’incarico di presidente della commissione permanente territorio, ambiente e beni ambientali, ed è stato membro della commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. A lui chiediamo di fare il punto della situazione sulle tematiche ambientali al passaggio del nuovo governo.

Il nuovo governo sta muovendo i primi passi, che posto avrà l´ambiente nella pratica quotidiana?
«Il Centrosinistra ha presentato un programma ed elaborato idee che, seppur finora non abbiano ancora potuto dimostrare la loro concretezza, dicono comunque che la chiave sarà nell’integrazione e nel legame molto stretto tra economia, ecologia e società. Quindi il mio non può che essere un giudizio positivo ma problematico. Problematico perché mi pare che il centrosinistra nel rapporto con l’ambiente soffra di una idea piuttosto datata di separazione della tematica ambientale rispetto a quelle economiche dello sviluppo e della fiscalità. Questo anche per il fatto che esiste un partito Verde nella coalizione che tende a presentare una tematica senza volerlo in modo separato».

Quali sono secondo lei le priorità che questo governo dovrebbe seguire?
«Stando ai temi di maggiore attualità e urgenza metto sicuramente al primo posto la sfida energetica, che è un tutt´uno con l’innovazione tecnologica: è necessario accettare la sfida di Kyoto così come abbiamo accettato quella dell’euro. Kyoto non deve cioè essere considerato un vincolo, ma un incentivo per migliorare l’efficienza del sistema. Penso a quel 20-30% che può essere recuperato con un consumo più intelligente che privilegi l’efficienza di sistema, anche facendo un uso più intelligente delle leve fiscali: nel 2005 sono stati 29 milioni di euro gli introiti delle accise sugli oli combustibili: questa è un’enorme ‘carbon tax’ usata senza intelligenza solo per coprire costi, mentre un uso intelligente presupporrebbe di reinvestire parte di questi soldi nell’efficienza».

Rimanendo in tema di energia, l’Italia ha bisogno di rigassificatori?
«Io credo che sui rigassificatori e sua altre grandi infrastrutture ci sia prima di tutto un problema di governance del territorio: certamente ne abbiamo bisogno, ma certamente non si può concentrare tutto insieme e va preso atto che se non c’è sufficiente consenso è impossibile forzare la mano. Mi riferisco anche al vostro caso toscano, quello di Livorno, un caso che non conosco approfonditamente ma di cui si parla spesso a livello nazionale, perché l’opposizione è ben motivata e quindi per convincere l’opinione pubblica è necessario fare un’opera di sensibilizzazione e conoscenza della contabilità ambientale del progetto, non si può sfondare a spallate e farli a tutti i costi, anche perché comunque credo che in Italia i rigassificatori vadano fatti, ma vadano fatti bene. E allora ne basteranno 4 o 5 in tutta la penisola, uno di questi è sicuramente quello di Monfalcone, sul quale non ho alcun dubbio».

Altri suggerimenti per l’esecutivo guidato da Romano Prodi?
«Un´altra questione importante riguarda il territorio. In questi ultimi anni l’edilizia ha sostituito i bot come bene rifugio. Ritengo che sia necessario rivedere tutto il sistema degli oneri di urbanizzazione e dell’Ici in modo da non farli diventare incentivi all’edilizia sfrenata che poi quasi sempre sfocia nella speculazione. Non dico di aumentarli, ma di rimodularli, sganciandoli dal locale: una parte dovrebbe andare al comune e una parte a livello nazionale, che poi la ridistribuirerebbe attraverso altre forme. Questo perché se le cose continuano a funzionare in questo modo la finanza locale resterà impiccata all’Ici, inseguendo un’espansione edilizia massiva invece della qualità».

Il precedente governo ha lasciato in eredità la legge delega sull’ambiente. Pensa che sia necessario intervenire in qualche modo per correggerla?
«Bisogna riscrivere una buona parte dei decreti delegati della legge delega, fatti in modo comicamente teso a dare risposte particolari da una parte ed ideologiche da un’altra. In che modo? Usando la delega stessa: il nuovo governo infatti ha la delega a rivedere la delega e può quindi mettere mano alle parti più critiche.
Tra le parti sicuramente da rivedere c’è tutta la tematica relativa alle autorità di bacino, che con un blitz degli ultimi giorni il centrodestra è riuscito a delegittimare tutto il lavoro fatto e che stava dando i propri risultati. Sui rifiuti credo vadano attentamente eliminati tutti quei piccoli favori a questo e a quello che non tengono minimamente in conto il portafoglio: non si può pensare infatti di sottrarre categorie di superfici o categorie produttive per poi far pagare la differenza a tutti gli altri cittadini. Anche sulle bonifiche, condividendo un impostazione dell’approccio di sicurezza serve una garanzia degli interessi pubblici, ovvero che gli accordi di programma non siano sotterfugi per derogare alle leggi. Un approccio di rischio serio quindi, perché finora forse c’è stato un eccesso di vincoli e di controlli che ha creato l’immobilismo del settore».

Nei suoi lavori ha affrontato spesso il tema della contabilità ambientale. Quanto è importante?
«Le faccio un esempio: ogni estate si dice che l’Italia soffre tremendamente del rischio-incendi e si spendono molte risorse per questo problema. In realtà la superificie boschiva italiana cresce ormai ininterrottamente dal 1999. La contabilità ambientale serve a dare cifre e valutazioni concrete, basate su dati reali, con un approccio di rischio molto più serio di quello attuale.
Per sviluppare la contabilità ambientale i dati ci sono già, tutte le Arpa regionali e l’Istat sono in grado di fornire un database adeguato, ma deve essere il governo a voler utilizzare questi dati».

Perché allora non lo facciamo?
«Perché per una nuova politica ambientale c’è bisogno di nuova governance: lo sviluppo sostenibile ha bisogno anche di istituzioni calibrate che non siano stanze separate all’interno del governo: le tematiche dell’ambiente non si risolvono negli assessorati all’ambiente, bisogna trovare sedi diverse, come quelle del bilancio e della finanza: l’ambiente non può rimanere un ministero della comunicazione ambientale».

Qual è lo strumento in grado di attivare questa nuova governance.
«Bisogna mettere in campo strumenti di terza generazione: cioè quelli della concertazione sociale ed economica. Penso prima di tutto ad Agenda 21, che ora è diventata una sigla povera, ma che invece sarebbe la scommessa su cui impostare la nuova governance: fatta prima di tutto di una contabilità ambientale, cioè di sistemi di bilancio paralleli a quelli finanziari, cultura e responsabilità dei numeri.
Serve uno scarto culturale e di volontà politica perché se non lo si fa e si considera l’ambiente solo come variabile o interferenza non risolveremo né i problemi dell’ambiente né quelli del Paese. Il centrosinistra ha i cromosomi per affrontare questo scarto culturale».
http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=1932

 
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