Sulla fotografia

L'Istituto Luce e la Storia d'Italia


L’Istituto Nazionale Luce fu istituito da Mussolini, con qualità d’Ente morale di diritto pubblico, con il Regio Decreto legge n. 1985 del 5 novembre 1925, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 25 del corrente mese, a sostituire la precedente società anonima L.U.C.E. (L’Unione Cinematografica Educativa), sorta nel 1924 da un’idea di Mussolini, Paulucci De Calboli e De Feo, a raccogliere il progetto del precedente Sindacato Istruzione Cinematografica. Il Luce rappresentò in Italia il primo esempio di organizzazione pubblica e sistematica di educazione, informazione e propaganda attraverso le immagini, rivolte ad una popolazione ancora fortemente colpita dall’analfabetismo. L’Istituto Luce rappresentava l’organo tecnico cinematografico dei singoli Ministeri e degli Enti posti sotto il controllo e l’autorità dello Stato, con lo scopo essenziale della «diffusione della cultura popolare e della istruzione generale per mezzo delle visioni cinematografiche, messe in commercio alle minime condizioni di vendita possibile, e distribuite a scopo di beneficenza e propaganda nazionale e patriottica».Inizialmente, l’Istituto dipendeva direttamente da Mussolini. L’art. 17 del R.D. sanciva, infatti, che l’Istituto era «sottoposto al controllo ed all’autorità del Ministro per gli Affari Esteri», al quale dovevano essere sottoposti per l’approvazione i regolamenti generali e tecnici. Lo statuto, inoltre, prevedeva la supervisione diretta di Mussolini sui materiali realizzati, conferendogli anche il potere di annullare qualunque delibera del consiglio di amministrazione, oltre che ratificare l’approvazione riguardo l’ingresso di nuovi enti od istituti all’interno del Luce. Nel marzo del 1927, contestualmente alla produzione dei primi cinegiornali, proiettati per obbligo in tutti i cinema del paese prima di ogni spettacolo, il Luce istituì il Servizio Fotografico, che avrebbe avuto contemporaneamente il compito di ordinare, conservare e completare un Archivio Fotografico Nazionale, e di forgiare e diffondere l’immagine di Mussolini, arrivando a detenere, in pratica, il completo monopolio della ripresa fotografica degli avvenimenti ufficiali. La fotografia, dunque, fu elevata ad uno strumento diretto di persuasione politica, avendo essa l’importante funzione, attraverso la sua elaborazione e diffusione, di agire sulle coscienze degli individui, cercando di eliminare ogni riserva e capacità critica, per stimolare un’adesione spontanea negli italiani alle tematiche fasciste. Il Servizio Fotografico del Luce, a tal fine, organizzò un sistema di distribuzione delle immagini che fosse il più possibilmente funzionale alle esigenze del regime. Tutte le fotografie «di propaganda o di interesse nazionale» venivano inviate gratuitamente a tutta la stampa nazionale, la quale, però, doveva pagare un canone o sottoscrivere un abbonamento per ricevere le immagini cosiddette di «varietà». Alla stampa estera, invece, veniva recapitata senza alcuna spesa ogni genere di immagine. Studiando la storia d’Italia attraverso la fotografia dell’Istituto Luce, possiamo trasferirci negli occhi di chi ha prodotto quella data immagine, svelandone così l’intenzionalità soggiacente alla modulazione creativa, ma ancor più importante, noi possiamo entrare negli occhi di chi quella data immagine l’ha vista poi, riprodotta sui giornali, cercando di percepire la stimolazione di pensiero che la fotografia ha suscitato in lui. A questo punto, la fotografia si eleva a divenire il trascrittore della percezione visiva, oltre che attestare la valutazione della realtà italiana che il Luce, secondo le direttive del regime, effettuò nel corso della sua esistenza.