THE DOCMARK WINDOW

L’ARTICOLO DEL MESE – SETTEMBRE 2010


 Quando si parla di servizi finanziari ed assicurativi si ha l’impressione che ci si ponga su di un piano diverso dalla realtà quotidiana, il retail marketing dei servizi s’auto rappresenta come qualche cosa di diverso dall’equivalente che opera nelle farmacie, per i concessionari d’auto o per chi vende frigoriferi. Il ritornello "vendiamo servizi immateriali mentre gli altri hanno sotto mano il prodotto" era superato negli anni ottanta, ormai è morto, ma non sepolto, se continua ad aleggiare nei corridoi di tante Direzioni più o meno generali. Facciamo un passo indietro, scartiamo di lato per superare i preconcetti e proviamo a guardare un settore fondamentale: l’alimentare. Lee Iacocca (che forse qualcuno di voi rammenta) al tempo in cui stava riuscendo nel titanico sforzo di rilanciare la Chrysler (alla sua gestione si deve il lancio del primo monovolume nella storia dell’auto) ricordava sempre un suggerimento datogli da suo padre; nei periodi di crisi guarda all’alimentare: la gente avrà sempre bisogno di mangiare! Diamo uno sguardo anche noi, partendo da tre settori specifici: formaggi, salumi e gastronomia. Si tratta di settori non particolarmente noti per la loro capacità di innovare che, nel tempo, hanno massificato molte produzioni per guadagnare spazio nella GDO, ma che oggi soffrono della banalizzazione del prodotto. L’innovazione, insomma, è transitata più verso l’accesso a catene distributive che garantissero grandi volumi a fronte di una sorta d’appiattimento del gusto e delle specificità del prodotto, a volte necessariamente sacrificate per essere gradite ad un pubblico più vasto. Ciò nonostante la crisi ha messo in moto meccanismi che stanno portando a due diversi fenomeni: il primo è di espandere il consumo del prodotto attraverso il suggerimento di modalità nuove di consumo, supportate debitamente da nuove proposte (in termine d’immagine, package, abbinamenti ecc), l’altro è quello di sfuggire all’omologazione riscoprendo proposte che si distanziano da modelli di consumo massificati per avvicinarsi a concetti di naturalità e rispetto dell’ambiente, anche a costo (e chi ne ha fatto esperienza sa di cosa parlo) di affrontare gli impervi percorsi delle certificazioni ambientali (ed etiche). Stando ai dati di mercato, il 60% delle famiglie italiane ha modificato il menu domestico in questi ultimi anni: la Confederazione Italiana Agricoltori associa a questa modifica il calo registrato nei consumi di pane, vino, olio d’oliva e carne bovina. Riassumendo: sei famiglie su dieci hanno cambiato il proprio modo di mangiare in casa diminuendo almeno uno degli elementi tipici della nostra tavola. Il pane, il vino, l’olio d’oliva. Si salva la pasta ed il pomodoro (per ora) e cala la carne bovina, che non è mai stata un must incontrastato sulle nostre tavole, insidiata com’è da formaggi, salumi, carni di diverso tipo e pesce. Cosa c’entra questo con i servizi bancari, finanziari ed assicurativi? C’entra, eccome. Date uno sguardo al mix di prodotti che si trovano oggi dai Promotori Finanziari, dagli Agenti d’Assicurazione o presso gli sportelli bancari: avete notato una rimodulazione di almeno il 60% dell’offerta fatta al target privati/famiglie? (se "si", ditemi dove). In realtà la risposta incoerente del mondo dei servizi è stata quella di non innovare e di agire sul piano dei costi, riducendo gli utili degli intermediari (almeno laddove possibile) e tagliando sui propri costi fissi, anche a discapito della qualità del servizio. Rammento sempre che parliamo del "mondo" dei servizi in generale: qualche lodevole eccezione c’è sempre. Tolte di mezzo le lodevoli eccezioni, il resto del mondo sembra non reagire in modo coerente con la natura della sfida. Abbiamo appena visto che una risposta duplice data dal settore alimentare, con discreto successo, è stata quella di inventare un modo nuovo di far vivere prodotti vecchi abbinato alla riscoperta della tipicità, e questo vuol dire abbinato all’abbandono del desiderio d’uniformazione del gusto ad un ipotetico gusto generale, quindi un ritorno alla territorialità, Segnamoci questo punto, sul quale torneremo poi, e procediamo: lo stile di consumo si differenzia molto in relazione agli acquisti. Se nella clientela d’età più avanzata le scelte d’acquisto si orientano verso prodotti e package tradizionali, i più giovani sono attratti da prodotti con un tratto salutistico più netto e con un contenuto di servizio maggiore, d’altra parte si sa che la gratificazione e l’esperienza sono gli elementi comuni a tutte le esigenze d’acquisto di beni e servizi. In estrema sintesi possiamo affermare che in questi tempi di crisi uno dei possibili percorsi per approcciare in modo vincente il mercato sia:  Riscoprire il gusto della territorialità, ovvero declinare i prodotti ed i servizi con tipologie che rispondano alla peculiarità dei luoghi e delle persone che su questi insistono;  Aprire il proprio mix di prodotti a combinazioni nuove e modulari, tali da garantire l’acquisto dei servizi che realmente interessano all’acquirente, senza appesantire la vendita con servizi o garanzie non richieste;  Dare una certificazione di basso (o nullo) impatto ambientale alla propria attività, trasmettendo un messaggio di rispetto verso la natura.  Costruire e proporre servizi, anche vecchi, in modo, con linguaggi e supporti innovativi seguendo l’esempio vincente del settore alimentare: si risponde a bisogni diversi, ma si parla agli stessi cliente. Impariamo ad usare meglio la lingua che loro già parlano Docmark