TOMMASO MANZILLO

UNA LEZIONE DI GRECO POLITICAMENTE SGRADEVOLE


Le considerazioni finali alla Relazione Annuale sul 2009 del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, dello scorso 31 maggio, fotografano limpidamente la situazione economica nazionale e internazionale ad oltre un anno e mezzo dallo scoppio della crisi finanziaria, con il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers e il suo propagarsi impetuoso sull’economia reale. Tale intervento cade successivamente all’approvazione da parte del Governo italiano della manovra 2011-2013 per il riassetto delle finanze pubbliche, intervenendo sul rapporto debito pubblico/PIL registrato lo scorso anno al 115,8% (60% è il limite stabilito dal Trattato di Maastricht) e sul deficit/PIL, abbondantemente oltre la soglia del 3%. La crisi di liquidità della Grecia, l’alta corruzione ivi presente, la precaria situazione anche in altri Stati europei, hanno brutalmente ricordato ai Governi l’importanza del controllo dei conti pubblici e, in particolare, della spesa corrente, perché la sfida che si presenta oggi al mondo economico globalizzato è la perfetta coniugazione tra la disciplina di bilancio e il ritorno sul sentiero della crescita. È abbastanza evidente chi sono i destinatari di tale manovra, ossia la gran massa degli stipendiati pubblici che, con 1.200 euro mensili, devono lottare tra rincari dei generi alimentari e prodotti energetici come benzina, energia elettrica e gas, con possibili ricadute negative, in questa fase caratterizzata da segnali di una timida ripresa economica. Altri provvedimenti per un contenimento della spesa del personale della pubblica amministrazione furono presi con la Finanziaria per il 2007, Legge 296 del 27 dicembre del 2006, dove all’articolo 1, commi da 557 a 562, era già prevista una “riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative”, con riferimento anche a quelle spese per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza distinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente. Forse per un falso senso di solidarietà, è stato previsto un taglio anche per le remunerazioni di parlamentari e ministri con reddito oltre 80.000 euro e quello dei funzionari pubblici con oltre 90.000 euro di reddito, ma fruitori, soprattutto i primi, degli svariati servizi loro offerti (auto blu, cellulari, ingressi gratuiti alle manifestazioni culturali o sportive ecc…).Ha destato molto clamore la mancata riduzione del numero delle province, che avrebbe comportato una vera e propria semplificazione amministrativa, con un evidente abbattimento della spesa pubblica e, di conseguenza della pressione fiscale, soprattutto locale. Questa falsa iniziativa è un insulto ai sacrifici imposti ai dipendenti pubblici con redditi bassi, oltre che al buon senso, dato che da anni è in atto una politica che va nella direzione opposta, ossia nella moltiplicazione degli enti locali e società municipalizzate, per collocarvi personalità politiche trombate nelle varie tornate elettorali, e che in tal modo possono godere anche di privilegi e lauti compensi, accontentando la loro fame di potere.Nella manovra governativa, sicuramente necessaria per i conti dello Stato, mancano provvedimenti che vadano nella direzione della riduzione strutturale della spesa pubblica, perché gli effetti si esplicano solo per questo triennio, in cui l’economia è ancora convalescente ed è sulla strada di una lenta ripresa, come afferma l’OCSE. Si poteva osare di più, salvaguardando soprattutto le fasce più deboli. Lo stesso Governatore auspica una politica che vada nella direzione del rilancio della crescita e della domanda interna, attraverso lo stimolo di maggiori investimenti da parte delle aziende private, quelle piccole e medie imprese che formano il tessuto produttivo nostrano, e che hanno sempre saputo trarre importanti lezioni dalle varie fluttuazioni cicliche dell’economia.Per intraprendere questa strada, occorre impostare una seria politica di lotta contro l’evasione fiscale, che erode circa il 2% del Prodotto Interno Lordo, con un mancato gettito, tra il 2005 e il 2008, per l’imposta sul valore aggiunto di circa 30 miliardi di euro, ossia ben oltre l’importo della manovra correttiva in esame. Per questo è stato attribuito maggiore forza al tanto temuto redditometro e alla fatturazione elettronica per importi che superano i 3.000 euro totali. Alla lotta contro l’evasione si accompagna quello contro la diffusione della corruzione dilagante all’interno della stessa pubblica amministrazione, due piaghe sociali che frenano lo sviluppo economico, soprattutto nelle regioni meridionali, come si è avuto modo di scrivere anche su questo quindicinale. La situazione attuale ha fatto si che la pressione tributaria italiana sia più elevata rispetto agli altri Paesi europei, con il cuneo contributivo e fiscale sul lavoro più elevato di cinque punti percentuali, mentre il prelievo sui redditi di lavoro più bassi e sulle imprese risulta di 6 punti più alto.Le linee guida del Governatore tracciano la strada delle riforme strutturali da molti anni evocate e proclamate durante tutte le campagne elettorali, ma la codardia politica e la sete del consenso popolare hanno ostruito il percorso verso tali soluzioni. Manca una seria riforma delle pensioni accompagnata da quella del mercato del lavoro, che sta attraversando diverse difficoltà in questi ultimi mesi. La riduzione delle finestre di uscita per le pensioni di anzianità dimostra che il problema è ancora aperto e che occorre percorrere molta strada prima di giungere a un assestamento definitivo. Sarebbe stato importante inserire una riduzione delle pensioni e delle buonuscite anche per chi ricopre cariche elettive, ma evidentemente il problema non si è posto. “I giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia”, né sarà sufficiente l’apporto degli stranieri, per questo, afferma il Governatore, occorre intraprendere al più presto il sentiero della crescita, in quanto una ripresa lenta accresce la possibilità di uno stato di disoccupazione persistente.La manovra varata da questo Governo è la dimostrazione della dicotomia dell’economia italiana, proprio mentre ci avviamo al traguardo dei 150 anni dall’Unità politica dell’Italia, divisa tra un nord intimamente legato alla Germania e un sud sempre più spinto verso la deriva greca. Da più parti si sente dire che la crescita del nord passa attraverso lo sviluppo del Mezzogiorno, ma mancano iniziative che vadano in questa direzione. I nostri esponenti politici del meridione si sentono solo per provvedimenti, giusti, in difesa del turismo e del territorio, ma non basta questo. Si sentono spesso gli slogan del Grande Salento, di una terra ricca di mille risorse, di tradizioni e di turismo da rilanciare, ma nient’altro. Un Grande Salento senza infrastrutture, senza investimenti pubblici, (le risorse del CIPE per la SS 275 sono solo un accontentino politico) rischia di rimanere isolato e di vivere soltanto sui ricordi di un passato che continua nel presente della Grecìa Salentina. Le lotte politiche dei meridionalisti e dei seguaci dei leader promotori delle istanze del Sud si sono perse nelle logiche partitiche a danno dello sviluppo del nostro territorio. La nostra speranza risiede nel federalismo fiscale, di cui si discute nelle sedi competenti, e auspicato anche nelle considerazioni finali del Governatore Mario Draghi, che sia strumento per l’uso efficiente delle risorse, attraverso un vincolo di bilancio forte accompagnato da un certo grado di autonomia impositiva, e l’epurazione degli amministratori incompetenti potrebbe ritornare utile alle economie degli enti locali. La storia insegna che il popolo, con il suo lavoro e i suoi sacrifici, deve sempre continuare a pagare gli agi del sovrano, i privilegi della casta, le case con “vista Colosseo”. Difficile dare una soluzione di continuità: certo è che, nonostante i buoni propositi, sono sempre gli stessi a presentarsi puntualmente alla cassa.Tommaso Manzillo