TOMMASO MANZILLO

17 MARZO 1861: FU UNIFICAZIONE O INCORPORAZIONE?


Fervono i preparativi per la Festa dei 150 anni dell’Unità d’Italia cui parteciperanno Teste Coronate, Capi di Stato e di Governo di mezzo mondo. Eppure ancora oggi sembra di sentire l’eco di Massimo Taparelli, marchese d’Azeglio: “Abbiamo fatto l'Italia. Ora si tratta di fare gli Italiani.” Già! Perché ancora oggi più di allora le distanze politiche, culturali, sociali ed economiche che dividono il Nord dal Sud non sono state ridotte, anzi il solco è più profondo di ieri. Proprio nelle ultime settimane sono stati resi pubblici alcuni importanti e clamorosi documenti tenuti nascosti nell’Archivio Storico della Farnesina e che riscrivono nuovamente la Storia dell’Unità d’Italia, quella che non ti insegnano i libri di stampo fortemente sabaudo.All’indomani del 17 marzo del 1861, quando il fenomeno del “Brigantaggio” divenne l’argomento del giorno nei salotti piemontesi e di mezza Europa, il neonato Governo italiano, nel tentativo di risolvere il problema, mette in scena delle terribili strategie allo scopo di deportare i giovani ribelli meridionali in una sorta di “Guantanamo”. I “briganti” non erano soltanto braccianti affamati, contadini e pastori che lottavano contro i proprietari terrieri ed i latifondisti, ma anche borghesi e ufficiali ex garibaldini delusi, fedelissimi dei Borbone appartenenti all’esercito di Francesco II, che razziavano sventolando la bandiera bianca gigliata borbonica, compiendo eccidi, stragi, torture, violenze; l'annessione al Regno d’Italia era sentita dalla popolazione come una minaccia alla propria fede e alle proprie tradizioni. Lo stesso ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta (milanese e mazziniano), incontrando a Roma il ministro d’Inghilterra, Sir Bartle Frere, il 19 dicembre 1872, disse chiaro che la paura della deportazione in terre lontane avrebbe spaventato “le nostre impressionabili popolazioni del Mezzogiorno” più della tortura e della morte. Vari furono i tentativi dei Piemontesi nel creare una vasta cooperazione internazionale, coinvolgendo quei Paesi che erano a quell’epoca i Grandi Colonizzatori (Spagna, Portogallo, Inghilterra, Olanda). Le mete: Capo Verde, Le Azzorre, Timor Est, colonia subordinata alla cosiddetta “India Portoghese”, Macao, colonia portoghese fino al 1999, oppure Rio Negro e le regioni desertiche della Patagonia, Socotra (che è al largo del Corno d’Africa, tra Somalia e Yemen).Poi nel 1862 il piano sabaudo fu “stoppato” dal ministro Della Minerva che avvisò il ministro degli Esteri, Giacomo Durando, di orientamento liberale moderato, di essere stati scoperti da alcuni (non meglio identificati) giornalisti. Ma i Piemontesi non si dettero per vinti e continuarono per altri dieci anni a fare pressione sulla diplomazia internazionale e trovarono una valida alternativa nel rinchiudere i ribelli Meridionali nei lager. Secondo gli storici, tra il 1861 e il 1870 furono deportati circa 30mila giovani tra i 20 e i 30 anni, tutti soldati del Regno delle Due Sicilie. Le destinazioni possibili erano due: il carcere di Fenestrelle a un tiro di schioppo dalla Francia, inizialmente concepito per difendere il confine, privo di finestre, dove i deportati dormivano su pagliericci privati persino dell’abbigliamento provocando la morte per freddo, o il campo di concentramento di “San Maurizio Canavese” ad una ventina di chilometri da Torino, nato come campo di esercitazione divenne campo di rieducazione e prigionia. Furono deportati prevalentemente ragazzi del Sud, soldati semplici e di bassa ufficialità che non vollero giurare fedeltà ai Savoia. Con la legge Pica del 1863, promulgata dal Parlamento della Destra Storica, il Sud fu preso d’assalto da 120mila soldati inviati per compiere rastrellamenti di massa, per acciuffare i giovani maschi meridionali renitenti alla leva obbligatoria, fino alla fucilazione di migliaia di briganti: si trattava dell’applicazione dello stato d’assedio interno. Così si fece l’Italia!Nei festeggiamenti per il felice traguardo un posto d’onore spetterebbe proprio a noi meridionali che abbiamo contribuito non poco all’agognata meta, non solo in termini di vite umane ma anche sul piano più strettamente monetario, come testimonia, dati contabili alla mano, lo stesso barone Giacomo Savarese, ministro sotto Francesco II. Per la completa riuscita dell’Unità abbiamo contribuito prevalentemente con le Casse di quello che era il Regno delle Due Sicilie, che si presentava con un avanzo di bilancio di quasi 314 mila ducati (circa 680mila euro attuali), monete sonanti che dovevano essere destinate ad opere per il porto di Brindisi, aiuti ai censuari del tavoliere delle Puglie e a bonifiche del bacino del Volturno. Dopo il 17 marzo 1861 il mastodontico debito pubblico dei Settentrionali si sommò al risibile debito pubblico duosiciliano e a noi toccò farvi fronte con nuove tasse. Da questa nuova nostra Storia emerge come siano stati i governanti del Nord i più propensi a spremere i contribuenti (tre guerre in 10 anni pesano sui bilanci cavouriani) deprimendo l’economia, mentre tra il 1848 e il 1861 Napoli non impose nessuna nuova tassa.Questa è la storia dell’Unificazione italiana che non ti aspetti di leggere, che non ti hanno insegnato, scritta e vissuta dalle “nostre impressionabili popolazioni meridionali” e che qualcuno continua a tenere nascosto. Diversi storici hanno proposto di rivedere i capitoli che riguardano l'insegnamento di alcune pagine del passato italiano. L'opera storiografica offre testi di visioni evidentemente contrapposte con agli opposti estremi la versione governativa dell'epoca e quella di chi sostiene che tale conflitto fu un genocidio contro i cittadini italiani meridionali per mero razzismo. La costruzione dello Stato Unitario è passata anche dal Sud che ha offerto quel contributo che la Storia raccontata dai libri gli ha negato; per questo dobbiamo alzare la testa e, senza richiuderci in inutili campanilismi oramai fuori tempo, lavorare tutti insieme per portare avanti un nuovo progetto di Italia, che vada oltre i proclami della Lega Nord e i progetti per il partito del Sud, ma che sia capace di arricchirsi della propria storia e realizzare il sogno del marchese D’Azeglio: fare gli Italiani!        Tommaso Manzillo