Suppergiù

Affari internazionali!


Quando avevo vent’anni o giù di li credo di aver trascorso gran parte delle mie vacanze estive all’interno di alcuni polverosi negozi di dischi...C’erano, a Londra, tre negozi (adesso si direbbe una catena... anzi, adesso è proprio diventata una catena) di dischi usati, che avevano inventato un sistema che a me pareva (e pare ancora) ingegnosissimo per “costringere” i maniaci del vinile a spulciare tutti i dischi in vendita e a tornare praticamente ogni giorno, il tutto nella speranza di fare “buoni affari”.Il sistema era questo: sulla copertina veniva attaccata una piccola etichetta con 9 caselle, sulla prima delle quali era scritto il primo prezzo (in pratica la valutazione effettuata al ritiro dell’usato).Periodicamente, solerti addetti verificavano gli invenduti e provvedevano ad abbassare il prezzo. E così via, fino a che qualcuno non comprava, o non si arrivava all’ultima casella...Ma per evitare di ritrovarsi dopo qualche tempo il negozio pieno di dischi a 10 pence, a quel punto... nuova etichetta, e si ripartiva da capo.Per cui, la sfida era riuscire ad acquistare al miglior prezzo battendo sul tempo non solo la miriade di altri acquirenti, ma anche il perfido meccanismo di “rivalutazione”, che poteva essere applicato in ogni momento.Per questo io e Francesco alternavamo la scoperta di Londra allo scorrere veloce di centinaia, migliaia di copertine.... per un po’ più di qualche ora al giorno e quasi tutti i giorni...Il risultato era un bel pacco di vinili da riportare orgogliosamemte in patria e da ascoltare con passione musicofila arricchiata dall’entusiasmo ingenuo dell’affarista internazionale (“guarda un po’ quanto l’ho pagato....”)E’ ovvio che la maggior soddisfazione era riuscire a pagare pochi pence pezzi che in origine erano stati valutati qualche sterlina... ed è per questo che io le etichette poi non le staccavo... e sono ancora tutte lì.Un anno, nonostante una attenzione molto scupolosa a centellineare “spese superflue” (come ad esempio il mangiare), siamo... arrivati lunghi, e ci siamo accorti che non ci bastavano i soldi per tornare in aereo.Quell’anno siamo tornati in Italia in autobus, ma con tanti di quei dischi...