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BRUNO TINTI


Negli anni ‘20 George Grosz (un pittore tedesco “espressionista”) dipinse un quadro poi diventato celebre: “I pilastri della società”. Raffigura un prete, un militare (probabilmente un reduce), un politico, un giornalista e un militante. Tutti hanno ghigni bestiali, il prete ha il naso rosso da ubriacone, il politico ha la faccia ma non la scatola cranica, il giornalista ha un vaso da notte in testa e il militante ha una cravatta con la croce uncinata e il cervello messo a nudo; ma non è un cervello, è una raffigurazione onirica in cui si intuisce un cavaliere a cavallo armato di lancia intento ad uccidere. Nell’intenzione di Grosz in questi personaggi, che raffiguravano i gruppi di potere dominanti all’epoca in Germania, stava la matrice di quello che poi divenne lo Stato nazista. Le analogie con la nostra situazione attuale sono molto evidenti. La chiesa cattolica ha stipulato un patto sciagurato con il Pdl: in cambio dell’esenzione dall’Ici, di finanziamenti sempre più cospicui alla scuola privata e dunque confessionale, dell’impegno a varare leggi repressive in materia di diritto alla morte, di unioni civili omo ed eterosessuali, di revisione dell’aborto, ha garantito appoggio pubblico a un partito che gestisce in maniera amorale quando non criminale ogni settore pubblico, dalla politica all’economia, alla giustizia, alla sanità, all’immigrazione, ai lavori pubblici. Di più: garantisce il suo appoggio a B, un uomo coinvolto in illegalità numerose e che conduce una vita privata in palese contrasto con i principi che ogni giorno i ministri del culto professano dal loro pulpito; il che a molti di noi importa pochissimo ma che, per un cattolico, dovrebbe essere intollerabile. Molti giornalisti hanno asservito al potere la loro funzione pubblica: omettono e spesso falsificano le informazioni, si rendono schiavi volontari di una censura pervasiva, in televisione e sulla carta stampata. Alla fine collaborano consapevolmente ad un ministero della Propaganda di cui Goebbels (il ministro della Propaganda del terzo Reich) sarebbe andato fiero e che in Italia non è meno efficiente solo perché non è stato concretamente istituito. Il politico privo di scatola cranica non richiede spiegazioni; basta pensare a quei volti stolidi che recitano in televisione improponibili argomentazioni, probabilmente predisposte da scribi volenterosi: inni al regime e denigrazioni standard per chiunque vi si opponga. Il quadro scioglie il dubbio che ha ogni telespettatore avvertito: ma questo lo sa quello che sta dicendo? Il militante è il personaggio più inquietante: un signore ben vestito con volto e testa preda di furia repressa, pronta per scatenarsi. Chi ha visto le riprese televisive del corteo del cosiddetto partito dell’amore può capire bene quello che intendo dire. Resta il militare; e, per la verità, nel nostro sciagurato Paese, non vedo l’equivalente del personaggio di Grosz. E spero di non vederlo mai. Da Il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2010