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Quando non piace la realtà e si capisce che i sogni non bastano.....

 

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« LETTERA SAVIANO A SCHIAVONEANCORA UNA VOLTA 19 LUGL... »

DA D DI REPUBBLICA

Post n°17 pubblicato il 30 Giugno 2010 da sogni.e.realta
 

 

Risponde

UMBERTO GALIMBERTI

Avverto un certo disagio nel guardare la

tv, non mi fido e non mi sono mai fidato,

ora è certo e chiaro che la tv è finzione,

e non lo penso soltanto io. Il televisore

è soltanto una scatola di bugie

e noi, per mancanza di idee e stanchezza

fisica, ne facciamo un uso smodato.

Mi rendo conto che per molte

persone la tv sia una compagnia, per

gli anziani ad esempio che escono poco

e per i giovanissimi che non rinunciano

ai cartoni giustamente, però nell’insieme

e con gli anni il ruolo della tv ha

preso una piega sempre più imbonitrice

e inculcatrice, come fosse diventata la

prima e indiscutibile fonte di cultura,

educazione, informazione e veicolo primario

di insegnamento di vita. La tv, o

meglio chi la controlla, punta alla bonifica

del pensiero dell’uomo libero, tenta

giorno dopo giorno e con successo di

omologare la gente al linguaggio e insegnamento

televisivo e quindi punta a

fare accettare per vera e buona un’informazione

di parte, legata sempre più

ai poteri che la governano.

Dario Olivastrini

risposta :

 

 

In ogni tempo, in ogni luogo, in ogni

epoca storica gli uomini non hanno

mai abitato il mondo, ma sempre e solo

la sua descrizione: mitica nel mondo

antico, religiosa nel medioevo, scientifica

nell’età moderna e oggi tecnica.

Se non c’è un mondo al di là della sua

descrizione, la televisione non è un

“mezzo” che rende pubblici dei fatti,

ma la pubblicità che concede diventa

il “fine” per cui i fatti accadono. L’informazione

cessa di essere un “resoconto”

per tradursi in una vera e propria

“costruzione” dei fatti. E questo

non nel senso che molti fatti del mondo

non avrebbero rilevanza se i media

non ce li proponessero, ma perché un

enorme numero di azioni non verrebbero

compiute se i mezzi di comunicazione

non ne dessero notizia. Oggi il

mondo accade perché lo si comunica,

e il mondo comunicato è l’unico che

abitiamo.

Non più un mondo di fatti e poi l’informazione,

ma un mondo di fatti per l’informazione.

Questo è il vero problema:

la costruzione televisiva del mondo che

prende il posto del mondo. Con questo

non si vuol dire che la televisione mente.

Non ne ha bisogno in un contesto dove

nulla viene più fatto se non per essere

telecomunicato. Siamo quindi noi i veri

responsabili della risoluzione del mondo

nella sua narrazione televisiva.

Ma là dove la “realtà” del mondo non

è più discernibile dal racconto del

mondo, il consenso non avviene più

sulle cose, ma sulla “descrizione” televisiva

delle cose, che ha preso il posto

della loro realtà. La conseguenza è

l’abolizione dell’opinione pubblica, perché

se tutti guardano la televisione,

quando si sonda l’opinione pubblica,

ciò che il sondaggio verifica non è la libera

opinione dei cittadini, ma l’efficacia

persuasiva della televisione, che

prima crea l’opinione pubblica e poi

sonda la sua creazione. A questo punto

l’opinione pubblica altro non è che

lo specchio di rifrazione del discorso

televisivo in cui si celebra la descrizione

del mondo.

In ciò nulla di nuovo. Anche la vita degli

antichi o quella dei medioevali era lo

specchio di rifrazione su cui si celebrava

il discorso mitico o il discorso religioso.

La novità è che nelle società antiche,

dove si disponeva solo di piazze o di

pulpiti, non era possibile raggiungere

l’intero sociale, per cui restavano spazi

per idee e discorsi differenti, da cui

prendeva avvio la novità storica. Oggi

questo spazio è praticamente abolito, e

la novità storica, se potrà esprimersi, dovrà

prodursi in forme che ancora non si

lasciano intravedere.

E allora il problema si risolve non spegnendo

la televisione, ma creando altre

fonti di informazione alternative alla

descrizione televisiva del mondo, come

i giornali che pochi leggono, o internet

da noi ancora così poco frequentato. E

questo per non trovarci in quella condizione

che Günter Anders descrive in

quel

narra che un re non vedeva di buon

occhio che suo figlio, abbandonando

le strade controllate, si aggirasse per le

campagne per formarsi un giudizio sul

mondo; perciò gli regalò carrozza e cavalli:

«Ora non hai più bisogno di andare

a piedi», furono le sue parole.

«Ora non ti è più consentito di farlo»,

era il loro significato. «Ora non puoi

più farlo», fu il loro effetto.

 

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Commenti al Post:
Buiosudime
Buiosudime il 04/07/10 alle 13:32 via WEB
Grazie buona domenica...
 
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