TARTARUGHE

Si schiudono a Linosa le uova di tartaruga


21 Settembre 2006 «Quest'amo in bocca mi fa tanto male», sembra dire la tartaruga. «Ti salverai», risponde il suo dottore. Linosa, spiaggia della Pozzolana. Il ricovero della caretta caretta è proprio là dove comincia la costa più nota. Veterinari, giovani volontari al servizio degli animali, e pescatori che, spesso senza volerlo, hanno incastrato nella rete la sventurata e la consegnano al chirurgo, si incontrano tutti qui, in questo ospedaletto. Le grandi tartarughe attendono in piscina il loro turno, e ad una a una saranno liberate dall'intreccio della rete e dall'inganno dell'esca.Fine settembre: le uova si nascondono in buche profonde, e piccoli di tartaruga sbucano dai loro gusci. Le grandi carette carette, regine di mare, quando sono mamme si fermano tra acqua e arena, e coprono i piccoli cocchi con una coltre di sabbia. A inizio autunno, il progetto sulle tartarughe del Dipartimento di Biologia Animale dell'Università La Sapienza, vive in segreto e in assenza del forestiero.Linosa appare intera dalla punta del suo vulcano spento: da qui, il libeccio sembra avvicinare pure Lampedusa e le sue case. Questa Pelagia, secondo la classifica «Ecosistema isole minori» di Lega Ambiente, è al primo posto per la qualità del suo ambiente. Adesso a Linosa sono pochi i naviganti padroni di remi che fendono il mare, e il suo litorale è punteggiato di pois sculettanti: sono le tartarughe che hanno visto la luce. Alcune vivranno, molte verranno inghiottite da pesci veloci.Isola corvina, e rifugio di pirati del 1500, fu sempre un po' snobbata dagli abitanti che la lasciavano, o fu snob lei stessa che non voleva saperne di perpetuare la stirpe degli umani. La risparmiò persino l'offesa della seconda guerra mondiale. Solo i romani se la godettero, e vi costruirono cisterne che ancora oggi sopravvivono al tempo. Linosa fece invece largo a rettili e berte. La berta maggiore, pennuto lamentoso, si fa sentire spesso, soprattutto in mancanza della luna. Oggi, sono in 400 gli uomini che abitano questo frammento di terra, più qualche viaggiatore incantato che ormai qui sosta a lungo, e se ne sta tra la riva e le vie ornate dalle case basse. Dimore con la foggia di un cubo arancio leggero e contornato di blu: al loro interno, c'è sempre una minestra. L'isolano trasforma in zuppe saporite il lentisco che lo scienziato chiama pistacia lentiscus. Tra la ginestra, spunta l'euforbia che spezzata produce lacrime di lattice, e tra i fiori di capperi con pistilli fluorescenti, spuntano il timo e il giglio marino. I campi si estendono tra tre crateri: Monte Rosso, Monte Nero, e Monte Vulcano, la cui cima, oltre a regalare viste senza orizzonti, ospita piccole distese di una pianta divina che si chiama calice della Vergine. Tra i cespugli, c'è la pietra scura su cui sosta la lucertola dal manto opaco, quella che l'indigeno chiama lucertola di Linosa, e che lo scienziato chiama podarcis algusae. A mare i faraglioni, la Grotta del Greco, quella di Tramontana e di Betlemme. Qui vivono cernie e donzelle pavonine. Linosa in autunno ha una luce fitta, gli odori non sono disturbati, e si sentono canti di albanelle e di cicogne migratorie. CENTRO DI RECUPEROIl Centro di Recupero delle tartarughe Caretta Caretta, è sulla spiaggia Pozzolana di Ponente. È possibile visitarlo e assistere agli interventi di veterinari e volontari.A Linosa si arriva In nave o aliscafo da Porto Empedocle, Siremar, tel. 0922636683, www.pelagie.infoPer dormire Algusa Hotel, via Alfieri, tel. 0922972052: semplice ma accogliente e con servizio B&B. Gli abitanti dell'isola affittano spesso camere. Si chiede sul posto. Per mangiare:ristorante Errera, via Scalo Vecchio, tel. 0922972041: piatti a base di pesce. Autore: Francesca ColosiFonte: LA STAMPA