UNHOLY

A LETTO


Apro gli occhi solo per fissare la penombra, un pallido rimasuglio di buio. Sento la pioggia battere sui coppi e come sempre resto ad ascoltarla, immobile nel mio letto. Il sonno se n’č scivolato via presto anche questa volta e mi restano solo gocce che cadono e si frantumano su tegole e foglie, cantando una canzone che conosco bene. Mi rigiro tentando di afferrare per la coda i sogni che non ho fatto o per lo meno un torpore misericordioso che mi strappi alla veglia. Ancora niente. Le immagini mi sfilano davanti agli occhi, anche dietro palpebre abbassate: una teoria di fantasmi venuta a farmi visita.Ripenso a ieri sera. Troppa gente attorno ma, in fin dei conti, meglio sentirsi soli in mezzo a degli estranei che tra persone che conosci. Allungare la strada verso casa per poter guidare ancora un po’ e vedere se c’č un angolo di buio in cui rincantucciarti, senza dover dare spiegazioni. Scendere dalla macchina e infilare la chiave nella serratura del cancello come per aprire la porta di una gabbia, sentendolo sbattere pesantemente alle tue spalle, come a darti un cupo e metallico “Bentornato”.Ascolto ancora un po’ la pioggia, meteore liquide che deflagrano. Una canzone che conosco.