UNHOLY

IN GIRO...


Arrivo che la festa è già finita e gli ultimi tira-tardi fanno armi e bagagli e spostano l’impressa verso casa, verso un locale, verso qualsiasi altro posto… Faccio i soliti quattro passi e guardo quelle facce passarmi vicino senza vedermi e tutto sommato gliene sono grato. Ho sempre apprezzato questo genere di “ritardo”. Restano agli angoli le tracce dei bagordi e qualche sparuto capannello di ragazzini che si raccontano storie improbabili di bravate da poco tramutate in imprese epiche. Li invidio un po’, sto galoppando verso i 27 e non c’è freno a mano che tenga. Non mi sento vecchio ma certi giorni sono passati e posso goderne solo il riflesso ora. C’è chi smonta un palco e chi fa la posta ad una cameriera che pulisce i tavoli frettolosamente, per chiudere il prima possibile, chi barcolla verso una macchina che spero guiderà qualcun altro e chi come me fissa quel piccolo astro, ingabbiato tra volute verde rame, una sorta di lanterna magica che fa poca luce ma tanto basta ad attirare le falene.Sposto l’impresa anch’io e la porto dove posso fissare alberi e luci e oscurità confortevoli, immaginare sentieri che si snodano tra le ombre, che si intrecciano pallidi come tele di ragno alla luna. Fiuto l’aria e gli odori mi portano ricordi, come sempre. Tendo l’orecchio ma non sento altro che qualche macchina passare poco più in là, poco più che un sussurro, un fruscio discreto. Questa sera mi sento un po’ senza patria, senza nessun luogo a cui appartenere, un po’ perso forse, un po’ come sempre: a camminare al buio.