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Post N° 156


Ecco un miliziano di Hamas catturare un suo fratello palestinese e sparargli nelle gambe per immobilizzarlo. Questa volta non è colpa di Israele. Eccone uno di Al Fatah entrare in un ospedale e finire a colpi di kalashnikov un nemico arabo ferito in un letto di dolore. Questa volta non è colpa di Israele. Ecco un drappello di soldati con la keffiah trascinare il cuoco di Abu Mazen per 15 piani giù dalle scale e minacciarlo di morte. Questa volta non è colpa di Israele. Ecco una pattuglia di Al Fatah ritirarsi dalla striscia di Gaza e, facendolo, non dimenticarsi di sparare un paio di missili su una scuola israeliana, con bambini israeliani dentro. E anche questa volta non è colpa di Israele. Sono tutti palestinesi. Tutti vittime dell'Occidente ricco e grasso? Tutti cittadini disperati con solo diritti e niente doveri? Tutti eroi della rivoluzione mediorientale come ancora oggi piace pensare alla nostra gauche caviar? La mattanza di Gaza spiazza gli intellettuali europei. La mattanza di Gaza crea problemi di coscienza neppure troppo piccoli. Perchè senza Israele, senza la Cia, senza l'imperialismo amerikano e senza l'indignazione della sinistra di piazza San Giovanni, i palestinesi si stanno uccidendo fra loro. Il problema sta persino nelle definizioni. Come la chiamiamo, guerra civile? Facciamolo pure, e alcuni giornali lo stanno già facendo per non irritare la sensibilità progressista dei lettori. Ma non è una guerra civile, tutt'al più è un golpe di quelli che andavano di moda in Sudamerica una ventina d'anni fa. Un golpe contro un governo eletto dal popolo, contro il tentativo (debole, balbettante, forse corrotto, ma tentativo) di dare delle regole democratiche certe a un'area in perenne ebollizione. Questa è la Jihad, la volontà precisa di infiammare un'area sotto la regìa del fondamentalismo islamico. Contestati quando sono arrivati, presi a pietrate quando hanno provato a mostrare i muscoli, condannati quando hanno mostrato la faccia cattiva davanti ai kamikaze di Hamas, alla fine gli israeliani se ne sono andati da Gaza. Esattamente come pretendeva l'Europa, esattamente come hanno scandito gli studenti italiani in keffiah in dieci, cento, mille manifestazioni di piazza. Tutti indignati a senso unico, tutti prigionieri del riflesso condizionato che voleva i palestinesi buoni e gli israeliani cattivi. Ecco il risultato: lasciati soli, i palestinesi regolano i loro conti come dopo un misterioso e feroce otto settembre. E adesso, a chi mettiamo la keffiah? Chi è l'eroe della storia che ripete se stessa da 60 anni? In queste ore persino i nostri pacifisti in servizio permanente effettivo sono in imbarazzo. Sconsigliamo vivamente ad Agnoletto, a Casarini, a Caruso e a qualche altro campione no global di provare a organizzare una marcia della pace a Gaza. Non ci sono israeliani da condannare, quindi la cosa non è fashion. E poi non si rischia solo qualche schiaffo, ma la vita. Meglio pontificare da qui. Meglio buttarla sulla sociologìa e sperare nell'Onu; una conferenza di pace non si nega a nessuno. Meglio far finta di non sapere, sotto la keffiah stinta e ormai priva di nemici da condannare, che già negli anni Trenta i nonni di Hamas gettavano i nonni di Al Fatah nelle fosse piene di scorpioni(Giorgio Gandola 18.06.07)