E-vita

AQUA BLUES


Tanta acqua e' passata sotto i ponti. Ho frequentato monaci e puttane, sono stata a scuola da stregoni e straccioni, ho amato uomini di valore e pezzenti e ne ho sempre ricavato qualcosa per me. Tanto che posso dire che sono ricca. Non necessariamente felice e in pace. Ricca. Con tante piu' fiches per esserlo, un giorno. Mi mancano solo le istruzioni per poter assemblare le tessere di questo puzzle. Intanto il tempo passa e sono triste, triste, triste. E allora, come i negri nelle piantagioni di cotone, canto, canto per non perdermi, per non scappare via, per potere ancora sorridere, al suono della mia voce. Ora come non mai capisco il blues, che mi e' sempre stato sulle palle, non a caso. Che lagna, sempre a lamentarsi! E invece e' medicina. Quando i tempi sono veramente scuri e duri e la canzone "canta che ti passa" non funziona piu', perche' la pena e il dolore sono andati oltre, e' l'unico modo per sopravvivere senza farsi sopraffare. E poi un giorno succede che il blues diventa rythm&blues, gospel, jazz, funk, hip hop, rock, pop, disco, tutti i coriandoli della musica sparati nell'aria, ed ecco che sei fuori, da un'altra parte, vivi e non sai come hai fatto, non te ne sei nemmeno accorto. Prima di potersi rendere libero, lo schiavo sa di essere schiavo e si dichiara schiavo. Da li' inizia l'ascesa!Quindi sono ricca. Questa e' una certezza. Una schiava ricca. Una schiava che non ha ancora la liberta', per cui non sa ancora che farsene di tutta la sua ricchezza. Ancora. Ma intanto ce l'ha. Ricca di racconti, di confidenze, di storie dimenticate, di drammi e commedie mai andate in scena, di teatrini pubblici; ricca di vita viva, pulsante, che altri mi hanno riposto nelle mani, fidandosi. Mai la fiducia e' stata tradita, mai e' stata mal riposta. Sono rimaste tutte li', le vite degli altri, in una grande stanza luminosa su mensole di cristallo invisibile, sospese, a mostrare tutte le forme, la consistenza e tutti i colori originari. Sono a disposizione, a imperitura memoria, che non si dimentichi mai. Un museo. In realta' sono una grande museista, io, che i musei li odio, guarda caso. Invece ne ho uno in casa. Un immenso patrimonio dell'umanita', nel vero senso della parola. Chi meglio di me riesce ad apprezzare un moto dell'animo, per quanto perverso, una sfumatura della psiche, anche quando e' deviata. Brandelli visivi, sonori, tattili di interazioni umane, tracce di sostanze psichiche radioattive, pagnotte di sogni e lingotti di ego. Quando il dolore e' svanito e le ferite si sono rimarginate, non c'e' piu' giudizio, resta solo lo stupore per l'infinita varieta' degli intrecci, degli ornamenti e dei colori che riusciamo a produrre. Come se fossero coleotteri o cristalli preziosi o fini porcellane. Opere in vetro soffiato, acqua dell'universo bloccata in una forma da questo o quel mastro vetraio che le ha insufflato la propria storia dai mille e un colore. Li raccolgo, li accolgo, li pulisco, li sistemo, li catalogo, li onoro e li ripongo sulle mensole sospese nel vuoto. In terza dimensione ci sono pezzi provenienti dagli altri, ma ci sono anche pezzi che provengono da me e che inevitabilmente trovano un doppio al di fuori di me, a volte piu' di uno. Quindi sono ricca anche di mio. Ne ho viste, dette e fatte di parecchi colori anch'io. Quando li metto sulle mensole, i miei pezzi non sono per nulla dissimili dagli altri. Anzi alla fine non li riconosco piu'. Tutti quelli che vedo sono miei e sono degli altri. Li, in quella stanza, siamo tutti uno. E quell'uno e' la mia ricchezza. Che e' di tutti. Prima o poi tornera' agli altri. Trovera' la sua strada. Io, intanto, canto. Dentro.Un sorriso