MEBAHIAH

Separati..anzi, divisi. In mezzo il vuoto


 
L’uomo sta attuando un sit in di protesta davanti al Tribunale di Torino. Lo hanno raggiunto altri papà da Bologna e Parma, “Basta discriminare i padri” Ha trascorso gli ultimi quattro giorni seduto su una sedia, davanti al Tribunale di Torino. Cento ore, senza dormire e senza mangiare, per protestare contro i giudici che, dopo la separazione dalla moglie, gli hanno tolto l’affetto delle figlie. “Finché non avrò giustizia, andrò avanti, anche a costo di morire”, è lo sfogo di Angelo Grasso, 49 anni, che questa mattina ha ricevuto la solidarietà dei padri separati di mezza Italia. Una cinquantina di genitori, giovani e meno giovani, provenienti da Nuoro, Taranto, Bologna, Parma, Savona, Genova e Milano. Ognuno con la propria storia alle spalle, ma uniti dallo stesso presente: “Siamo tutti sulla stessa barca – spiega Grasso – quella di chi non ha più una vita, umiliati nei nostri diritti di uomini e di padri”. Separato dallo scorso anno, Grasso è stato obbligato dai giudici a pagare gli alimenti alla moglie polacca e a lasciarle la casa. “Vivo con uno stipendio di 700 euro al mese, mentre lei fa la dentista – racconta – eppure dovrei passarle 250 euro al mese. E in più sono stato costretto a lasciarle la casa comprata insieme, una villa di 300 metri quadrati da cui si possono benissimo ricavare due alloggi”. Uno spazio sufficiente, sostiene Grasso, da essere diviso senza neppure doversi mai incontrare. “Adesso vivo con i miei genitori anziani – dice – ma quello non è il mio posto: io voglio stare vicino alle mie bambine. Voglio il loro affido condiviso, come prevede la legge 54 del 2006, e non mi rassegno”. Anche a costo di morire.(ANSA).31 maggio 2010  Class Action sul condiviso: il Ministero invia ispettori nei tribunali. Avvocati "nel pallone" 110.... Non è un limite di velocità, ma il numero delle diffide individuali inviate al Ministero della Giustizia, durante il mese di Aprile, dagli altrettanti aderenti alla Class Action. Tante sono bastate per indurre il ministero ad inviare gli ispettori, in alcuni tribunali, per verificare cosa stia succedendo. Le diffide, intanto, vengono doverosamente inserite nei fascicoli, e questo è un primo atto di garanzia verso i diretti interessati, perchè giocoforza si costringe i magistrati a prestare ancora maggiore attenzione alla causa in corso, e ad approfondire l'analisi delle motivazioni che hanno portato il singolo procedimento verso una determinata direzione (quella che ha originato l'atto di diffida), piuttosto che verso un'altra (quella attesa, secondo il dettato della L.54/2006). Ma le reazioni non si sono fatte attendere. In Trentino, agli avvocati di alcuni aderenti sarebbe stata consegnata una copia della diffida inviata al ministero, e sono state chieste, anche se con garbo, spiegazioni. I legali, colti da improvviso timore, si sarebbero riservati di rimettere il mandato. In Puglia, dove il Ministero avrebbe già inviato gli ispettori, il Giudice (donna) incaricato di seguire la causa di uno degli aderenti, ritenendo che la missiva di cui sopra faccia, direttamente, riferimento a lei ed al suo operato, ha avanzato al Presidente del Tribunale competente richiesta di astenersi dal proseguire la discussione. La richiesta verrebbe giustificata con l'affermazione che chi ha scritto la diffida abbia alluso alla circostanza per cui il giudice istruttore è un magistrato donna, e ciò avrebbe costituito un elemento di sfavore nei suoi confronti. Niente di più inesatto. La lettera di diffida individuale fa riferimento, con chiarezza, ad una ".......sensazione di essere discriminato per sesso, nonché una vera e propria perdita della certezza dei diritti....", e le raccomandate sono state inviate senza tenere in nessun conto il sesso del magistrato, che sarà uomo o donna a seconda dei casi. Pare che lo stesso Presidente del tribunale abbia fatto desistere il giudice dalla paventata astensione. Tutto sommato, a parte la "sparata" sul genere del giudicante, saremmo portati a pensare che tali reazioni sono fisiologiche in chi non è abituato ad essere oggetto di rilievi direttamente portati dal cittadino. E' una delle più gravi conseguenze della legge Vassalli, che in più di venti anni ha abituato la Magistratura civile a vivere sotto una campana di vetro.  Però, mentre l'inserimento della diffida nel fascicolo è un atto dovuto, bisogna riconoscere che la stessa richiesta di astensione dal giudizio rappresenta un atto di onestà da parte del giudice, e non il prodotto di una desiderata sottrazione da eventuali responsabilità nel merito. Purtroppo, non possiamo affermare la stessa cosa riguardo agli avvocati che si sono affrettati ad abbandonare (è il caso di dirlo) il proprio assistito senza alcuna spiegazione. E' proprio ciò che è accaduto: i legali interessati hanno rimesso il mandato tout court, fornendo verbalmente le spiegazioni (lei non si doveva permettere......) ma evitando accuratamente di metterle per iscritto. Quindi, per quanto costituzionalmente e umanamente ineccepibili, le missive inviate al ministero della Giustizia pare che abbiano fatto andare "nel pallone" questa speciale categoria di legali. Nella vicenda pugliese, per esempio, l'avvocato avrebbe  detto al proprio cliente che ha "sbagliato praticamente tutto a voler fare il 'paladino' ed a cacciarsi in questa situazione. Che questa azione altro risultato non avrà che l'addebito della separazione con tutte le conseguenze, gravi, del caso". Non contento di ciò, avrebbe rincarato la dose dicendo che "conseguentemente alla 'scellerata azione', il giudice stesso si sentirebbe non solo 'osservata', ma anche 'giudicata' - dal Ministero - e che per questo motivo ritiene che "il magistrato in questione abbia ricevuto un danno, che lui (l'avvocato) non potrà più entrare 'serenamente' in un aula di tribunale in cui presiede quel giudice, e che lo stesso  'gliela farà pagare cara' ". In sintesi, viene rivolta una gravissima offesa proprio nei confronti del magistrato, il quale sarebbe capace, secondo le stesse parole del legale, di "vendicarsi" su di lui o, peggio ancora, sull'utente. Noi escludiamo che questa sia una ipotesi degna di essere condiderata, e preferiamo accreditare le gravi affermazioni come l'estemporanea boutade di un professionista che probabilmente, fino a quel momento, non aveva tutelato fino in fondo il proprio assistito. Se fosse vero ciò che l'avvocato avrebbe detto a chi ha poi segnalato il fatto, si aprirebbe una questione delicatissima sul potere dei magistrati, e sul loro modo di disporne. Se tutto ciò fosse vero, non si comprende che lavoro facciano i legali, e che fine faccia il diritto alla difesa.  L'Italia è piena di avvocati onesti, combattivi e coscienziosi, rivolgetevi a loro. La possibilità di essere piantati in asso da quegli altri, magari in prossimità di una delle tante udienze di cui è costellata una separazione giudiziale, può trasformarsi in un inaspettato colpo di fortuna per l'utente, e in una chance in più per i legali - tantissimi, per fortuna - che lavorano bene.   Fonte: Redazione Evito di inserire una breve perorazione..l'aver inserito la lungaggine sopra la dice lunga. Della  separazione in sè,poco mi interessa, il mio pensiero và ai figli..vittime innocenti.