Terrymaso

Pio La Torre: morto per mafia


Era il 30 aprile del 1982. Alle nove del mattino Pio La Torre, segretario regionale del Partito comunista italiano, insieme a Rosario Di Salvo, stava raggiungendo in auto, una Fiat 132, la sede del partito. In via Turba, di fronte la caserma Sole, alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata e un commando di uomini armati di pistole e mitragliette esplose decine di colpi. Pio La Torre morì all’istante mentre Di Salvo ebbe il tempo di estrarre la pistola, in un estremo tentativo di difesa.
Dalle rivelazioni di Cucuzza, diventato collaboratore di giustizia, è stato possibile ricostruire il quadro dei mandanti dell’agguato, identificati nei boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci. 
Pio La Torre era diventato “scomodo” con quella sua proposta di legge che prevedeva l’introduzione di un nuovo articolo, il 416 bis, per il reato di associazione mafiosa e che obbligava alla confisca dei beni riconducibili alle attività criminali dagli arrestati.
Pio La Torre vive, oggi più che mai, nella legge da lui voluta.E’ questa, in fondo, la parte più straordinaria che ci resta di lui. E’ questo ricamo ordinato di frasi, articoli e commi che ha incastrato Cosa Nostra. E in ogni riga, in ogni aggettivo, in ogni parola di quelle norme riecheggiano le battaglie, le speranze, le delusioni, le lotte, i desideri, i sogni di un uomo che – così mi piace pensare – ha ancora voglia di dirci, con i versi di una canzone di Rosa Balistreri, “ quannu iu moru/ faciti ca nun moru/ diciti a tutti/ chiddu ca vi dissi/ quannu iu moru/ ’un vi sintiti suli/ ca suli nun vi lassu/ mancu ditra lu fossu.” !