Terzo Millennio

Don Aniello Manganiello: il destino nel nome


La massima notorietà, questo prete di frontiera (ha la diocesi nella famigerata 167 di Scampia), l'ha raggiunta quando ha attaccato apertamente Saviano accusandolo di scrivere di cose che non conosce. Perchè lui, il prete, la camorra la vive, la odora, la conosce e la confessa. Saviano invece si limita a leggere atti processuali e di indagini. Ultimamente è uscito anche un suo libro, scritto a quattro mani con un giornalista de "Il mattino", dal titolo "Gesù è più forte della camorra" dove tra l'altro, conferma la sua avversione per il giornalista. A parte che uno che attacca Saviano (che per fare il suo lavoro ha messo in gioco la vita stessa) con queste motivazioni si commenta da solo. Ma peggio è se a farlo è un prete. Uno che dovrebbe essere votato all'amore ed al perdono, non all'odio. Don Manganiello inoltre dimentica una cosa fondamentale. Che lui e Saviano fanno due lavori diversi. Saviano è un cronista e quindi racconta come può ciò che vede e ciò che legge. Non è a lui che compete salvare le anime e confessare (ed emendare dai peccati) i camorristi. Non è a Saviano che tocca conoscere da vicino i camorristi per nome e cognome. Ma tutto questo ovviamente don Aniello fa finta di non saperlo. Non ho rispetto per quest'uomo che sembra parlare più come Berlusconi che come un prete. Per Manganiello la camorra esiste perchè Saviano ne parla nel modo in cui ne parla. Non perchè delinque, uccide, spaccia, corrompe ecc. ecc. ecc. Un bel modo di vedere le cose non c'è che dire. Non mi sembra proprio in odore di Santità questo prelato che se proprio vuole sentirsi prete di frontiera, piuttosto che attaccare Saviano, impari da suoi "colleghi" come don Diana