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capitolo 1

Post n°181 pubblicato il 22 Gennaio 2008 da punkim

<< Chi conosce il motivo,

per cui una goccia prima di scivolare,

rifletta in se il panorama che l’avvolge…

Che voglia prendere coscienza anch’essa,

di ciò che sta perdendo? >>

 

Nel logoro mondo, tra le grida dei nascituri e i lamenti dei morenti,

generazioni di precari, affittano mensilmente la loro porzione di vita.

Data la brevità delle loro esistenze non provano a porsi ciò che pensa di loro e della loro parassitica evoluzione, colui il cui diritto di nominarsi abitante terrestre è più corretto.

C’è ovviamente da tener conto che pochi esseri hanno il privilegio di spingere la loro vita

oltre un umana durata, e forse quindi essere più commiserevoli alle ignoranze di questi.

Tuttavia non ritengo di dover essere a ogni altro modo misericordioso con chi non ha avuto pietà verso la bocca ramificata e terrosa da cui trae il vigore dei suoi muscoli e su cui poggia le piante dei suoi piedi.

Per chi non rispetta, non vi è punizione ingiusta.

Dunque, dal ramo di un albero, giaccio ad osservare con sguardo neutro un altro sciocco bipede, la cui fine a manifesta, gli corre incontro a braccia tese,

per condurlo al pagamento della quota per aver goduto di tramonti e di albe.

Si dice che allungando la vita a qualcuno, accorci irrimediabilmente la tua.

Non saprei dire se ciò che feci avrebbe poi effettivamente sottratto a me i momenti che regalai a Lei.

Eppure ripercorrendo con lentezza i fotogrammi in cui di slancio afferrai colei, la quale vita era segnata, gioisco di averli compiuti e tuttora li rifarei. Anche dopo il sangue versato. Anche dopo i muscoli lacerati. Anche dopo il suo ultimo sorriso, che seppi apprezzare anche nella mancanza dei miei.

 

Un grido.

- Karoline – Un sussurro.

Una visione sfuocata.

Il battito frenetico mancante sotto il petto, che sembra saltare da dirupi scoscesi, lasciando quell’attimo di attesa prima di ritoccare con impeto la terra.

Il fiato. Entra corrodendo la gola, come appena usciti da un’apnea, durata una vita.

E la coscienza che questa volta, la morte ha fatto cilecca.

Davanti, la visione nebbiosa di una sala d’ospedale si apre agli occhi di una ragazza. Lei.

I genitori preoccupati accanto al letto. La madre dorme, dopo la veglia della notte.

Il padre piange, il dolore di una figlia che non vuole destarsi.

Solo Uno è sveglio. Ma non mostra angoscia, dolore, frustrazione o qualsiasi probabile emozione di un momento di Tensione.

Solo un’intensa curiosità, che si specchia in occhi gialli come grano maturo, risplendenti al neon che illumina la camera.

Un gatto.

O un animale similare ad un gatto, dotato eppure di uno sguardo che non appartiene certamente all’immagine comune, che l’osservava con malizia dall’angolo della camera.

Con  passi sinuosi, come acqua in mezzo a ciottoli, sorpassa il genitore singhiozzante, non visto,

e con un salto vellutato come il pelo che l’ammanta, si adagia inudibile sul lenzuolo.

Karoline non indugia, non teme quell’essere inumano, non trema della iniqua distanza ne della brezza selvatica che spira dalla sua pelliccia.

Osservandolo meglio, lo trova come parte di se.

Ma non prova a toccarlo, sfiorarlo, anche solo a parlare, il panico che esso possa svanire le impone  un religioso silenzio ed un immobilità statuaria.

Come a rispondere ad un suo muto desiderio un immagine esplode nei suoi occhi.

Prima di percepire anche solo i colori di ciò che vedrà, un solo pensiero bussa al davanzale della sua mente: Passato.

 

- Non credo che chiarire il problema con i miei genitori sia la soluzione migliore Fred, se venissero a sapere ora il mio interesse per le materie antiche, come l’indirizzo di mitologia che intenderei frequentare, l’unica risposta che riuscirei a cavare dalle loro benpensanti menti, sarebbe un assoluto e rigoroso NO. –

 - Karoline… sei troppo negativa nei loro confronti, non puoi dedurre qualcosa solo dal fatto che i loro indirizzi di studio furono i materie scientifiche. Ovviamente ciò non aiuterà loro a comprendere la tua “ossessione” per le leggende, ma non dovrebbe escludere automaticamente la possibilità.. -  Cercò di motivare Fred.

Il tema trattante la futura scelta di facoltà di Karoline, era discusso frequentemente, e anche alla fine pomeridiana dalla estenuanti lezioni, l’amico di corso trovava la pazienza di ispirare fiducia nella compagna, afflitta dalla presenza di un imminente “riunione  familiare”.

Questi regolari raduni domestici, presentavano un motivo di stress non trascurabile per una diciottenne alle soglie di una decisione come la facoltà futura.

- Vada come vada – sbuffo Karoline – ormai la decisione è stata presa. Per quanto pestino i piedi o mi minaccino, non cambierò idea a un mese dalla fine di questa pluridannata scuola! -

l’espressione imbronciata della ragazza fece sorridere Fred, serenamente meno preoccupato per il proprio di destino, il quale, aveva già informato padre e madre che la sua scelta sarebbe stata solamente a suo discapito.

- è bene, in ogni caso, che ti mostri ferma nella tua decisione – asserì,

- per il resto credo che anche i tuoi genitori sappiano riconoscere la determinazione, anche se sotto le spoglie della loro tenera e infiocchettata bambinella -

Quest’ultimo commento gli causo un sguardo torvo, poi subito seguito però da un sollevato sorriso.

- non so proprio come farei a sopportare questa frenetica esistenza senza i tuoi saggi consigli, mio caro compare – scherzò,

- ora mi incamminerò verso la tomba, fammi gli auguri Fred e spera di trovarmi ancora integra domani a lezione! -

I due si salutarono di malavoglia, illuminati dall’ardente tramonto che si perdeva tra i boschi di Oxford, creando nostalgiche ombre sui preti verdeggianti in attesa dell’estate.

Forse il clima temperato, così raro nell’uggiosa Inghilterra, forse per la scarsa voglia di varcare la soglia di casa, Karoline optò per percorrere a piedi almeno qualche isolato per poi usufruire del puntuale bus a sostegno degli studenti.

Quella sceltà cambiò radicalmente la sua vita.

Dopo dieci minuti di tranquilla camminata arrivò a camminare adiacente ad un parco.

Questo creò in lei come un richamo.

Allungò il passo ed un brivido ghiacciato percorse la sua schiena.

Eppure il giardino li affianco era ancora ben illuminato dalla luce solare in declino, così invitante rispetto all’ombrosa via che stava percorrendo.

Così spinta dalla ricerca di calore, spento poco prima dalla strana sensazione di gelo, attraversò la strada con la mente offuscata da quell’ovattato silenzio e dalla luce orizzontale e confortante, proveniente da quel parco.

Le foglie si muovevano come in una danza celtica, mosse da una brezza che non spirava che tra quegli alberi, e le piante scuotevano cullando i loro rami, che come vecchi, stanchi pescatori stiravano le membra al sole morente.

Il panorama sinistro ma orribilmente seducente, distolse lo sguardo di Karoline dalla strada che stava attraversando.

I fanali di una jeep apparvero troppo veloci.

I suoni della brusca frenata, troppo assordanti.

Il gelo che l’avvolse nel preciso istante, in cui seppe, troppo pungente.

Era..finita.

Urlò.

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