Post n°43 pubblicato il 08 Febbraio 2008 da RunningToStandStill7
THE NATIONAL - BOXER Band di New York che con questo album ha fatto un salto di qualità incredibile rispetto alla seppur buona riuscita degli album precendenti. Questo è uno dei dischi che maggiormente mi ha impressionato del 2007 con una new-wave classica basata sull'emotivita della musica, che non risparmia l'uso della chitarra acustica e di una voce molto toccante . L'album si apre con "Fake Empire" dove il piano danza sinuoso e la voce comincia una cantata densa che ti trasporta in un sogno. Subito dopo abbiamo l'entrata di uno degli strumenti cardine dell'album la batteria che comincia le sue decise ma non soffocanti battute. Il sogno prosegue e comincia a prendere tinte forti, è la volta di "Misteken For Stranger" la batteria comincia con un ritmo incalzante , la voce sembra quella di una persona che ti rivela la verità tramite paragoni affascinanti, la sequenza del ritornello è perfetta . Tutto comincia a sembrare incerto con l'inizio di "Brainy" il ritmo sembra pensieroso , la voce non sembra sicura come prima, ma assume connotati di rivelazioni amorose capaci di far sciogliere qualsiasi donna. L'arrangiamento è fantastico ! Iniziamo a vedere le tenebre quando inizia "Squalor Victoria", la batteria è un orologio svizzero , la voce sembra quella di una persona che sussura le sue verità al vento nel bel mezzo di un tramonto primaverile. Le ore della notte passano come le canzoni ed ora ci ritroviamo nel bel mezzo di "Green Gloves" l'arrangiamento da la sensazione di maestosità e la voce trasuda dolcezza, è proprio qui che appare la chitarra acustica . L'uso dell'acustica non ci abbandona e ci segue anche io "Slow Show" e si prende il risalto che merita. Saltuariamente sbucano piano e batteria, la voce sembra organizzare tutti attorno a lei come per magia, il finale sembra un epopea , l'estaticità si riesce quasi a toccatere con le mani. Quando tutto sembra che il sogno stia andando verso la conclusione ecco che le chitarre distorte ti fanno capire che così non è! "Appartament Story" è la più classica canzone da singolo di questo sogno marchiato New York City, a difficolta riesce a frenare il corpo dal muoversi in questa canzone. Quando tutto lascia temere il peggior finale possibile arriva "Star A War", con un arpeggio di chitarra che sembra volerti lasciar abbandonare alla fase rem, la voce ricama delicata attorno a quasti arpeggi. Ma è proprio li che il sogno sembra riservare una sorpresa. "Guest Room" e la canzone che più ascolti e più prende quota . Forse è un flash back del passato felice o la tempesta che sta per incombere, ma è difficile da capire . Il ritornello regge perfetamente tutta la canzone, "Racing Like A Pro" sembra lasciarci incerti sul finale di questa avventura, il piano e gli arpeggi di chitarra sembrano sembrano seguire strade distinte ma con punti che si intercciano in un piacevole risultato finale e la voce sembra essere l'unica cosa che li avvicina. Il sole sta per sorgere ed il piano di "Ada" sembra segnalarcelo, la voce diventa speranzosa, la chitarra acustica ci trasemette sicurezza.La parte finale con piano-voce-violini ci lascia ottimisti che tutto finirà per il meglio. Ora stiamo osservando la sveglia ci rimangono 5 minuti prima del suo suono, richiudiamo gli occhi e ci godiamo la fine. La conclusione del sogno è quella che ci aspettavamo. "Gospel" ci sembra dire che il sogno finisce bene Stay near your, stay near your television La voce sembra trasmettere sicurezza e il ritmo sembra cullarci piacevolmente nei nostri ultimi momenti di riposo, gradita la sorpesa di una seconda voce femminile che sempra quasi venirci a svegliare delicatamente dal sonno. La sveglia comincia a suonare ed alzandoci penseremo che ne è valsa la pena di fare questo sogno! di Devis Cherubini |
Post n°42 pubblicato il 24 Gennaio 2008 da RunningToStandStill7
The Joshua Tree - 1987 Poco più di vent'anni fa usciva il 5 album di studio deli U2 The Joshua Tree album che li consacrò definitivamente come una delle band più importanti della storia. A fine 2007 è uscita la versione rimasterizzata di questo album in diverse versioni 2 cd , 2 cd+dvd e doppio vinile, che contiene oltre alle tracce originale anche le b-side e rarità dell'epoca. Bellissimo il cofanetto , belle le canzoni , ma ... Una tirata d'orecchie la dobbiamo dare, agli u2, alla casa discografica, negozi di dischi e negozi virtuali dedicati alla vendità di dischi, in quanto la versione Delux dell'album è difficilmente reperibile e certi negozi che ne hanno disponibilità alzano il prezzo di circa 30 euro il prezzo standard . Come è possibile mettere sul mercato il prodotto in così poche copie e soprattutto senza indicare Limited Edition ??? Spero che a presto si provvederà ad un ulteriore stampa di questa versione rimasterizzata visto che molti fan, me compreso , non l'hanno trovata! Ma ora parliamo del disco nella sua versione originale, sublime, essenziale, che rappresenta come gli U2 vedevano l'America e cosa l'America ha donato agli U2. Un mix di emozioni che difficilmente può lasciarti indifferente. Una voce forse al pieno della maturità che ti scuote le vene e ti fa sentire vivo. The Joshua Tree si apre con la spettacolare "Where the Streets Have No Name", una canzone simbolo di un'epoca, del linguaggio sacro del rock e del blues. L'intro iniziale è qualcosa di magico, che riporta a luoghi lontani, che fa correre un brivido lungo la schiena. Ma non è facile analizzare ogni canzone singolarmente, forse. Perchè in realtà questo album costituisce un cammino unico, spezzato nel ritmo solo dalla potenza di "Bullet The Blue Sky" ed "Exit", inni di rock puro, con in primo piano la batteria di Larry Mullen e il basso di Adam Clayton. Perchè troviamo episodi come "I Still Haven't Found What I'm Looking For", struggente ballata nel puro stile U2; l'immensa "With Or Without You", uno dei brani più amati dai fans, un urlo disperato, oscuro, in cui è difficile non immedesimarsi. C'è la perla "Running To Stand Still", un po' malinconica, una di quelle canzoni in viene voglia di pensare in compagnia dell'amore della propria vita, magari ballando dolcemente insieme alle note di questa canzone, romantica si, ma dal testo e dalla poeticità non scontate, con richiami alla dipendenza dalla droga . Troviamo poi la parte "country" del disco, "Red Hill Mining Town", "In God's Country", quest'ultima caratterizzata da un bravissimo The Edge, inconfondibile col suo stile chitarristico. "Trip Trough Your Wires", bisogna essere sinceri, forse il punto più basso dell'album anche se di ottima fattura . Magari una "Spanish Eyes" o una "Silver And Gold", destinate al ruolo di B-Sides , avrebbero avuto un perchè maggiore in questo lavoro, che si conclude con la triste "Mothers Of Disappeared" Ma allora la confusione dello Zoo TV era ancora lontana. Qui c'è solo l'anima del rock che piace a me, la sua essenza, che non è spaccare chitarre, non è sesso, non è droga. I difetti di questo disco? Beh, più che nel lavoro in sè, vanno ricercati in una produzione non del tutto eccellente, soprattutto in "Exit" per esempio il volume è mixato davvero troppo basso, e non consente di godere appieno del basso di Clayton. Ma ci deve essere un perchè anche a questo, e chissà che prima o poi non lo capiremo? |
Post n°41 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da RunningToStandStill7
JOY DIVISION Le meteore più amate PARTICOLARE BIOGRAFIA DI MARCO TAGLIABUE "Ecco i giovani, un peso sulle loro spalle (Decades - 1980) Con queste parole, sulle note di un nastro rallentato fino all’arresto, finiva, con "Closer" (1980), la parabola artistica dei Joy Division. La loro avventura umana si era già tragicamente infranta, poche settimane prima della pubblicazione dell’album, nelle risacche della coscienza di Ian Curtis, voce e immagine della formazione, che pagò con la vita stessa la propria ansia di vivere e di dare un senso nuovo e necessariamente diverso alla propria esistenza. "Perchè dobbiamo essere repressi quando cerchiamo di fuggire (da "At a later date" - 1977) La loro stagione brevissima fu contrassegnata da due soli album più una manciata di singoli ed e.p., nonchè da poco più di un centinaio di concerti che difficilmente potranno essere scordati da chi ebbe il privilegio di assistervi (la scenografia scarna ed essenziale, le luci basse, le movenze di Ian quasi da marionetta impazzita...), ma il solco tracciato nella storia della "nostra" musica è profondo e fecondo come se ne sono rivelati solo pochissimi altri. Dopo una apparizione - con il brano "At a later date", prima testimonianza vinilitica del gruppo - sul 10" "Short Circuit-Live at the Electric Circus" registrato in occasione di un concerto al famoso locale di Manchester il 2.10.77, i Warsaw registrano nel dicembre 77 il mini-lp "An ideal for living", contenente quattro pezzi (Warsaw, No love lost, Leaders of men, Failures (of the modern man); il disco vedrà però la luce - a spese del gruppo - solo sei mesi più tardi. Nei primi mesi del 1978, a seguito di un interessamento da parte della RCA, i Joy Division si rinchiudono in studio ed incidono 11 brani: non se ne farà nulla a causa dei termini altamente insoddisfacenti del contratto sottoposto al gruppo e quei nastri andranno, anni più tardi, a costituire il bootleg semi-ufficiale Warsaw. "Unknown Pleasures" esce nel giugno di quell’anno e altro non si può definire se non un monumento di inenarrabile e inarrivabile bellezza. Dalla enigmatica copertina di Peter Saville - da quel momento responsabile unico della grafica del complesso - destinata ad essere ricordata, accanto alla banana dei Velvet o alla mucca dei Pink Floyd, tra le più famose della storia del rock, alla geniale produzione di Hannett, capace di individuare l’esatto punto di equilibrio fra l’irruenza quasi punk dei vecchi Warsaw e le atmosfere oniriche, ipnotico-decadenti, che avrebbero caratterizzato la produzione futura dei Joy Division, tutto di questo disco è ormai storia. E la musica, naturalmente. Questo pezzo, tra i più rappresentativi dell’album, contiene già tutti gli elementi che faranno di "Unknown Pleasures" uno dei 4/5 dischi definitivi della prima new-wave, ideale capostipite di una ininterrotta serie avventure sonore e originale mai eguagliato; ma come tacere poi della solennità di "Day of the Lords", della cupa e rabbiosa poesia di "New Dawn Fades" ("Un cambio di velocità, un cambio di stile/un cambio di scena, senza rimpianti/un’opportunità di guardare, di ammirare la distanza/.../Di tutti gli errori che abbiamo commesso ho preso la colpa/senza meta, così facile da vedere/una pistola carica non ti renderà libero, così dici..."), della melodia scarna e ipnotica di "She’s Lost Control", delle geometrie spigolose di "Shadowplay" e di "Insight" ("Abbiamo sprecato il nostro tempo/proprio non avevamo tempo/ma tutti gli angeli di Dio stiano attenti/e voi giudici state attenti/figli del caso abbiate buona cura/di tutta la gente la fuori non ho più paura"), della tensione doorsiana di "I Remember Nothing"... Dopo l’uscita di "Unknown Pleasures" da segnalare la pubblicazione dei singoli inediti "Transmission/Novelty" (7/79) e "Atmosphere/Dead Souls" (10/79), di diritto fra i loro pezzi migliori di sempre; "Atmosphere" soprattutto, meravigliosa canzone dai timbri onirici e maestosi, costituisce, con la sua solenne drammaticità, un ponte ideale verso produzione dei Joy Divsion di lì a venire. L’11 gennaio 1980 il complesso tiene al Paradiso di Amsterdam uno dei propri concerti più famosi, documentato da svariati bootleg; al ritorno, in una pausa del tour, vengono composti i pezzi che costituiranno il flexi-disc "Komakino". Le sessions per la registrazione del singolo "Love Will Tear Us Apart/These Days" (il disco uscirà con due versioni differenti di LWTUA perchè Ian Curtis e Martin Hennet non erano d’accordo sull’incisione migliore) e del secondo album "Closer" si protraggono per tutto il mese di marzo; al termine le condizioni fisiche di Ian, già affetto da epilessia, peggiorano notevolmente tanto da non consentirgli di portare a termine più di un concerto. Il 2 maggio 1980 i Joy Division tengono il loro ultimo spettacolo alla High Hall di Birmingham. Il 18 maggio 1980, all’alba dello sbarco del gruppo negli Stati Uniti per il primo tour oltreoceano e per la firma di un contratto di distribuzione americana con la WEA del valore di un milione di dollari, Ian Curtis viene trovato impiccato nella sua casa di Macclesfield. E’ la fine dei Joy Division e - inevitabilmente - l’inizio del loro mito. "Questa è la crisi che doveva arrivare (da "Passover" - 1980) La freschezza e l’irruenza di "Unknown Pleasures" cedono quindi il passo a toni più ovattati, a parole e musiche lanciati come stiletti nel cuore dell’ascoltatore: dall’omaggio a Ballard dell’iniziale "Atrocity Exibition", con il suo basso pulsante e la chitarra schizofrenica, ai pugni nello stomaco di The Eternal ("Sdraiato vicino al cancello in fondo al giardino/il mio sguardo spazia dalla siepe al muro/Nessuna parola potrebbe spiegare/nessuna azione potrebbe risolvere/Posso solo guardare gli alberi e le foglie che cadono") e "Decades", con le quali si chiude l’album con un pathos quasi insostenibile, ammorbidito solo dalla glaciale bellezza delle canzoni. "Così questa è la stabilità, l’amore ha distrutto l’orgoglio (da" 24 Hours" - 1980) La storia dei Joy Division finisce quindi così, con una morte pienamente e vanamente annunciata: con quella che, a seconda dei punti di vista, può essere considerata una sconfitta nei confronti della vita o, nella fredda determinazione di essere giudici unici del proprio destino, l’unica vittoria possibile contro di essa. |
Post n°40 pubblicato il 27 Dicembre 2007 da RunningToStandStill7
RADIOHEAD IN _ RAINBOWS
Stanno parlando tutti della grande ribellione di Lucifero Yorke nel cielo della discografia, di questo inaudito sabotaggio alla Grande Macchina del’Industria Musicale; e si rischia di non evidenziare abbastanza quanto questo eretico album sia bello e accurato, davvero "il disco dell’anno". Per gli appassionati teste-di-radio non avrà l’impatto di The Bends o OK Computer o la sorpresa di Kid A; ma a livello di ispirazione e cura, di memorabili canzoni e immaginario Radiohead, siamo ai livelli massimi. |
Post n°39 pubblicato il 11 Novembre 2007 da RunningToStandStill7
ELVIS E' VIVO! Libro di Massimo Polidoro Sotto la lente di Massimo Polidoro sono finite questa volta le "strane morti" dei divi del nostro tempo: da Jim Morrison a Bruce Lee, da Luigi Tenco a Elvis Presley, da Marilyn Monroe a John Lennon, da Pier Paolo Pasolini a Kurt Cobain. Otto personaggi che hanno segnato la storia del costume, della musica e del cinema, tutti deceduti in circostanze spesso poco chiare. |
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