« Scrivere | Il lago un giorno di pioggia » |
Due sogniMi svegliai. Una volta aperti gli occhi, li richiusi. Sognai una strada lastricata, una lunga salita in mezzo alle povere case immersa nel primo buio della sera, dopo un addio. Vi camminai mano nella mano con me stesso, ma più giovane di prima, finchè alla fine della salita, dove la strada incrociava un sentiero di terra battuta, svoltai a destra. La collina scendeva dolcemente verso un ruscello, superato da un ponte di pietra sul quale il sentiero proseguiva. L'acqua scorreva silenziosa verso est, in direzione della sera, mentre i nostri passi ci portavano nel cortile di una vecchia casa, dal pesante portone di pietra e legno, delimitato da un muro basso e oscuro, al di là del quale il tramonto sembrava sospeso nel cielo, benché già vinto dalla sera incombente. Una delle stelle si staccò dal cielo, per posarsi sui tetti del villaggio lontano. Uscì dalla porta un amico che non conoscevo, che ci prese per il braccio e ci porto dentro. "Non sei stato invitato" ci disse dolcemente, "ma puoi restare per il tempo che rimane" Prendemmo posto sul divano malandato alle cui spalle si apriva una finestra. E mi addormentai. Aprìi gli occhi e dal finestrino di fronte vedevo a rapidi sprazzi le luci del percorso di emergenza, lungo i binari della metropolitana. Un'amica posò la sua mano bianca sopra la mia, per un momento infinitesimale, ma la sua mano era fredda, e subito la tolse. Si alzò lentamente dal sedile, e barcollò appena quando il treno imboccò una curva nel buio del ventre della terra, e passandomi davanti per prendere posto vicino all'uscita sparse nell'aria un profumo dolce, intimo ma sconosciuto, come il suo volto al mio sguardo. La carrozza vibrava di una luce fredda che sembrava spostare le cose dal loro posto, e d'improvviso, senza che il treno fermasse la sua corsa, si aprirono le porte della vettura, ed entrò una bambina. Si voltarono tutti verso di lei, io compreso. E non potei fare a meno di notare che i volti dei passeggeri erano ripetuti, a intervalli regolari, come se la carrozza intera non fosse che il riflesso di un riflesso allo specchio. Rividi il volto di un'amica, dieci cento mille volte, ed altrettante il mio, e la bambina era già in piedi al mio fianco. Prese posto alla mia sinistra, e il suo volto non c'era su nessun altro, nè i suoi occhi, ora che mi fissavano, avevano lo stesso colore. Posò la sua mano sulla mia, ed io la strinsi, ed era calda. I suoi occhi diseguali cambiarono forma, e sul suo viso si disegno un sorriso. Io mi chinai su de lei, come per baciarla, e le sue pupille si spalancarono in due abissi paralleli, ed io caddi in entrambi, contemporaneamente. Lei richiuse le palpebre dietro di me, e quando le riaprì, io mi svegliai. La finestra alle nostre spalle era aperta sul lato sud della collina, e dal sentiero da cui eravamo giunti io e l'altro me, ma dalla direzione oposta, scendevano gli sposi. Al loro seguito procedevano gli invitati, e il nostro amico sconosciuto disse freddamente: "arrivano". Ci sedemmo con lo sguardo appesantito dal sogno precedente, e ci rivestimmo a vicenda dei nostri vestiti migliori. Nessuno dei due parlò, nemmeno quando gli sposi entrarono nel cortile e ballarono sulle tavole che coprivano il pozzo, mentre gli invitati li fissavano, restando fuori dal portone. Il cielo fece uno scatto, e l'alba apparse dietro il profilo delle montagne ad est. Fu allora che il tramonto, che si era posato sul piatto orizzonte dell'ovest, tornò sui suoi passi, ed entrambi i soli strinsero la notte d'assedio in mezzo al cielo, finchè gli sposi non smisero di ballare. Scesero dal coperchio del pozzo, e facendolo scivolare di lato, emerse dall'acqua la bambina dagli occhi di due colori diversi, come diverso era il colore dei due soli sospesi nel cielo. Baciò dolcemente le guance degli sposi, prima quella di lui, poi quella di lei, e camminò nella mia direzione. Si fermò davanti ai miei piedi, e voltandosi a sinistra, sorrise contraccambiando il sorriso che l'altro me, quello più giovane, le porgeva. Io mi chinai, la coprìi con un asciugamano troppo grande per le sue spalle, e l'asciugai. Tra le pieghe del telo spuntarono le sue mani, che fermarono le mie, ed il suo sguardo ed il suo sorriso. Mi fissò per qualche istante, e mi chiese: "Ora sei felice?" Io le posai una mano sulla testa, le accarezzai i capelli neri, e chiusi gli occhi. Una volta chiusi gli occhi, li riaprìi. Mi svegliai. E le risposi: "Si" .
Kenji Kawai - M01 Chant I : Making of Cyborg - Ghost in the shell OST |
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