TheNesT

Teatro di me


I giorni diventano notti e piano piano anche il freddo, indeciso a entrare in scena, fa la sua comparsa. Nel teatro dei miei sogni c'è qualche riflettore da controllare, il palco da spazzare; il sipario, qui e là strappato e smangiucchiato dai topi che vagano tra gli scatoloni pieni di vecchi abiti ridotti a stracci dalla polvere, è da ricucire. L'impianto elettrico fa cilecca, certe volte, cosa che mi costringe a sospendere le rappresentazioni finchè non sostituisco il fusibile, il solito fusibile. In mezzo alla platea la sedia vuota, la scomoda sedia metalica pieghevole che da sempre ho destinato all'unico spettatore che ho: me stesso. E' una vecchia sedia grigia che ricordo di aver vissuto nella sala d'attesa di qualche ospedale, quando ancora bambino l'ansia del medico era tale da sostituire i sintomi delle mie malattie infantili. Ero malato di timidezza. Ora che l'inverno è iniziato cerco di illuminare la scena arrabatandomi con le luci di natale che filtrano dai vetri sporchi che danno verso la strada, e combatto la malinconia fischiettando tristi motivetti pop imparati quando, con le cuffie nelle orecchie per non sentire il mondo, camminavo a passi pesanti verso casa non appena la scuola era finita. I miei passi rimbombano ancora oggi come allora, solo un pò più distratti, affrettati dai doveri che la routine mi impone. L'albero di natale brilla in un angolo della sala, come l'insegna lampeggiante degli alberghi tristi persi nella nebbia della grande città, il giorno si fa buio e freddo, e pur immerso nel suo triste squallore il mio piccolo teatro dei sogni ha l'aria di essere pronto per una nuova rappresentazione di me. Mi guardo intorno soddisfatto più dal lavoro fatto che non dal risultato ottenuto, ma per questa sera va bene così. Sono quasi pronto. Lo spettacolo potrà di nuovo iniziare, e il mio pubblico, il mio unico spettatore, tra poco sarà qui. Sipario.