Disco 1 "In the flesh?" (Waters) Si (ri)parte da dove tutto era cominciato, il tour "Pink Floyd. "In the Flesh" del 1977. La spettacolare intro è di grandissima violenza e impatto con una progressione d'accordi scandita dalla chitarra che si stempera melodicamente nel successivo sviluppo armonico. Poi la stasi improvvisa con la ritmica che si svuota e la voce di Waters che diventa protagonista su un semplice accompagnamento di tastiere e con i cori, meravigliosi in tutto il disco, a fare da contrappunto. Si nota subito la crescita espressiva di Waters, che dimostra di aver lavorato durissimo sulla propria voce nella seconda metà degli anni 70. Va ricordato, ad esempio, come durante le registrazioni di "Have Cigar" da "Wish you where here" del 1975, Waters rinunciò alla parte vocale perché troppo tirata per le proprie capacità affidandola a Roy Harper. Dal punto di vista narrativo "In the flesh?" è un flash back, la canzone verrà ripresa molto più avanti nel disco. "The Thin Ice" (Waters) Il pianto di un neonato introduce alla nascita di Pink, il protagonista della storia (pare che in occasione di un'intervista un giornalista imbecille chiese ai Floyd: "chi di voi è Pink?"). "The thin ice" è un gioiello acustico di grande dolcezza. Lo sviluppo dinamico della canzone riflette uno dei leit motiv di "The Wall", ovvero l'alternarsi di implosioni ed esplosioni, di momenti di intimismo lirico e di violente fiammate, spesso lanciate, come in questo caso, dalle sciabolate della chitarra di Gilmour. "Another Brick in the Wall part I" (Waters) E' la prima parte di un tema che si rivela come una delle più belle invenzioni musicali del disco. La chitarra carica di effetto delay, riverbera e fluttua creando un tappeto irresistibile e dilatato che rischia però di annoiare dilungandosi eccessivamente. Ma le soluzione di arrangiamento, come il crescendo improvviso delle tastiere o l'innesto di accordi distorti sul tappeto cristallino, restano chicche memorabili, piccole gemme di arrangiamento di cui tutto il disco è disseminato e che si imprimono indelebilmente nella mente dell'ascoltatore. "The happiest days of our lives" (Waters) e "Another brick in the wall part II" (Waters) Ormai abituati ad ascoltarla insieme alla traccia che la precede e sotto il semplice titolo di "Another brick in the wall" ecco a voi, annunciata dall'arrivo degli elicotteri, uno dei più grandi hit di tutti i tempi. La canzone, di una semplicità disarmante, è costruita su un solo accordo e mantiene a distanza di decenni un pathos impressionante, e davvero poco importa se il celeberrimo solo di chitarra non è stato scritto neanche da Gilmour. Soprattutto il coro dei bambini, composto da 23 ragazzi della quarta classe di musica della Islington Green School di Londra con età compresa fra i 13 e i 15 anni, resta memorabile. La stampa montò un caso attorno alla faccenda del coro accusando i Pink Floyd di non aver pagato i ragazzi. Risultò invece che il loro insegnante aveva approvato e siglato l'operazione ottenendone in cambio l'utilizzo gratuito, a fini didattici, dei Britannia Row Studios di proprietà degli stessi Pink Floyd. Il caso venne chiuso e i ragazzi ci guadagnarono anche qualche copia dell'album prontamente distribuita da Waters. Sempre "Another brick in the wall", che imperversò a lungo nelle radio di tutto il mondo, scatenò le ire del governo razzista del Sud Africa che ne proibì la diffusione in quanto gli slogan del ritornello ("non abbiamo bisogno di istruzione, non abbiamo bisogno di controllo del pensiero") vennero utilizzati dai manifestanti di colore in occasione dell'anniversario della sommossa di Soweto repressa nel sangue. Tutte le copie vennero ritirate dai negozi e per chi ne possedeva una pesò addirittura la minaccia della galera. "Mother" (Waters) E' una splendida ballata acustica con il tempo "rubato" della chitarra e con preziosi innesti "bucolici" di organo. La canzone è centrata sulla figura materna, fondamentale in tutto lo sviluppo della storia. Una madre iperprotettiva che segnerà l'esistenza di Pink impedendogli di trovare l'indipendenza, la maturità e la capacità per gestire la propria esistenza senza condizionamenti. "Goodbye Blue Sky" (Waters) Siamo all'inizio della seconda facciata, quella più claustrofobica, durante la quale Pink, mattone dopo mattone, completerà il muro che lo isolerà dal resto del mondo. Eppure musicalmente "Goodbye blue sky", dopo le tetre sonorizzazioni introduttive, possiede momenti di grande dolcezza grazie agli ottimi impasti vocali. Ma è solo un'impressione. L'atmosfera torna cupa e tetra con la voce di Gilmour che si libra sui bassi pesantissimi. Pink sta entrando inesorabilmente in un vicolo cieco. "Empty Spaces" (Waters) Appena prima di "Empty Space" mandando all'incontrario il disco in vinile c'è un messaggio scoperto all'epoca dell'uscita del disco da un dj radiofonico: "Congratulazioni! Hai appena scoperto il messaggio segreto. Per favore manda la tua risposta al vecchio Pink, presso la buffa fattoria Chalfont". "Empty spaces" non viene eseguita dal vivo e nemmeno apparirà nel film sostituita dalla più incisiva e martellante "What shall we do now". Musicalmente, la canzone è una torbida marcia verso il baratro dell'isolamento e dell'incomunicabilità. "Youg Lust" (Waters, Gilmour) Si tratta di un rock robusto e sincopato, una "pastiche" di vari generi musicali, una sorta di parodia del rock così come, dichiararono i Pink Floyd, molti anni prima lo era stata "The Nile Song" nella colonna sonora del film "More". "Young lust" risulta comunque una delle canzoni più fresche e riuscite soprattutto per chi ha mal sopportato il taglio pessimistico, ossessivo e claustrofobico impresso a buona parte del disco da Waters. La canzone fa riferimento alle cosiddette "groupie", ragazze disposte a tutto pur di venire a contatto con la rockstar di turno (memorabile la scena del backstage nel film). Ma più in generale è una canzone sul desiderio di evasione, dei momenti giovanili senza pensieri, delle sbronze e della pornografia a buon mercato. E ancora, come dichiara Waters, sulla sensazione di potere e di invulnerabilità che si respira sul palco dietro la protezione di montagne di watt che si scaricano sulla platea. "One of My Tunes" (Waters) Squilla il telefono, ma a vuoto. Pink tenta di raggiungere la moglie, vanamente. La scena si svolge all'interno di una camera d'albergo, da qualche parte a Los Angeles. Una delle scene madri dell'opera, riproposta in vari momenti sia dello show live che del film. La stanza d'albergo, spoglia, impersonale, con la televisione perennemente accesa, rappresenta l'isolamento definitivo, l'assenza di radici, il distacco dal mondo. Pink ha rimorchiato una ragazza ma non c'è possibilità di dialogo, resta solo coi suoi pensieri davanti alla televisione. Rimugina sulla sua vita, sul matrimonio andato in frantumi. E poi improvvisamente, mentre la chitarra vibra in un "solo" acido, Pink esplode istericamente distruggendo la camera. Devastazione e follia mentre la trama della canzone si perde in un grido disperato. "One of my turns" uscì come lato B del 45 giri "Another brick in the wall part II". "Don't Leave Me Now" (Waters) La canzone più claustrofobica del disco, fino quasi a risultare insostenibile con le tastiere che tessono un tappeto melmoso nel quale si rischia di sprofondare. E poi finalmente, liberatoria, arriva l'apertura musicale con lunghe note di chitarra e tappeti ipnotici di tastiere che ci trascinano fuori dalla palude. "Another Brick in the Wall Part III" (Waters) Delle tre versioni di "Another brick in the wall" è la più violenta. Per Pink e' arrivato il momento della reazione; con un moto d'orgoglio il protagonista si convince che l'isolamento è una condizione desiderabile, una libera scelta e lo grida al mondo. "Goodbye Cruel World" (Waters) Un semplice "pedale" sulle ottave per dichiarare che il muro è completato. Pink è totalmente isolato e se ne compiace. Fine della prima parte. Disco 2 "Hey You" (Waters) Musicalmente tra le più belle canzoni del disco "Hey you", stenta invece a trovare una collocazione narrativa nel progetto di Waters. Dapprima prevista al termine della terza facciata, viene inserita su disco all'inizio della stessa e nel film del 1982 viene addirittura tagliata. La famosa e splendida parte di basso "freatless" che apre la canzone viene accreditata nella recente raccolta "Echoes" a Gilmour. In fondo, niente di sconvolgente: nessuno ha mai messo in discussione la mano pesante di Waters né la mano fina di Gilmour. Ridistribuiti i meriti per la parte di basso, la canzone è davvero mirabile melodicamente, con un crescendo scandito da arpeggi di chitarra e note sognanti di tastiera. Immancabile, arriva il solo di Gilmour, tra i migliori del disco, che suona su un riff ipnotico di chitarra in un crescendo di grande intensità. Una breve variazione e si torna alle svisate di basso su un sordo tappeto di suoni brulicanti, che sembrano evocare insetti, parassiti, vermi. "Hey you" è un grido disperato di aiuto rivolto al mondo esterno e i vermi sono la rappresentazione simbolica del decadimento. In altre parole chi si isola, marcisce. "Is There Anybody Out There?" (Waters) Di fronte al muro insormontabile Pink grida semplicemente: "C'è qualcuno oltre il muro?". Dolcissima e semplice sequenza di arpeggi, tema di esercizio per schiere di chitarristi fai da te. Da cameretta e da spiaggia. "Nobody Home" (Waters) Splendida ballata per pianoforte e voce, la canzone rappresenta un momento di riflessione molto poetica ed evocativa. Pink ripercorre gli oggetti e i riti della propria esistenza che sono poi i luoghi comuni della rockstar. La pettinatura alla Hendrix, pressoché obbligatoria nell'ambiente musicale alla fine degli anni 60, o l'accenno ai lacci che tenevano realmente legati al polpaccio gli stivali di Barrett. E poi ancora il cucchiaio d'argento, le macchie di nicotina, un libretto con le proprie poesie… "Vera" (Waters) Vera Lynn era una cantante inglese del primo ‘900 le cui canzoni venivano cantate dalle truppe durante la 2° Guerra Mondiale. Magistralmente orchestrata, "Vera" sottolinea il dramma di Waters-Pink legato alla perdita del padre. "Bring The Boys Back Home" (Waters) E' una marcia scandita dal rullo dei tamburi che annuncia il rientro dei "ragazzi" dalla guerra. La canzone ritenuta da Waters il perno centrale di tutto il disco, ripartendo dal tema del mancato ritorno a casa dei soldati, vuole sottolineare l'importanza dei rapporti umani essenziali: gli amici la famiglia, la coppia, i figli. Nulla, non il lavoro, non le corse folli e snervanti dell'esistenza quotidiana, devono anteporsi agli affetti primari. "Comfortably Numb" (Gilmour, Waters) Canzone immortale tra le più belle dell'intera produzione floydiana, quindi del rock. L'orchestrazione, soffice e leggera, sembra galleggiare e in questa sensazione sospesa si aggrappano anche i nostri sogni. La strofa è cantata da Waters, poi irrompe la voce di Gilmour. Nello show live questo avvicendamento di ruolo alla voce solista diventerà un artificio scenico altamente spettacolare, con Gilmour che appare magicamente da dietro il muro costruito sul palco, suscitando immancabilmente l'entusiamo della platea. La canzone è semplicemente un capolavoro impreziosito anche da piccole memorabili "trovate" (ad esempio il grido che accompagna l'inizio della seconda strofa), che entrano negli annali del rock e nel nostro immaginario musicale. Gilmour, ai suoi massimi livelli, chiude splendidamente la canzone con uno dei soli più belli di sempre. Intenso, drammatico, teso, con le note mai così vicine alla forza di una fredda lama di rasoio, quella che Pink nel film utilizza per rasarsi petto e sopracciglia, quella che ad ogni ascolto perfora ogni difesa e va dritta al cuore. Leggenda. In "Comfortably Numb" il manager di Pink irrompe in albergo trovandolo in stato catatonico. In tutta fretta e senza troppo curarsi delle sue reali condizioni, Pink viene drogato e rimesso in piedi ; lo show, semplicemente, deve continuare. "The Show Must Go On" (Waters) Ancora gli splendidi cori che dialogano con la voce di Gilmour aprono l'ultima e decisiva facciata del disco. Breve frammento di grande incisività, "The show must go on", invita lo spettatore, sottolineando lo sgomento e i timori di Pink, allo spettacolo che finalmente sta per cominciare. "In The Flesh" (Waters) E' arrivato il momento del rito alienante, dello spettacolo trasformato in raduno fascista, con Pink nelle vesti di un dittatore sanguinario. "In the Flesh" è ancora più bella della versione di apertura con cori e arpeggi paradisiaci che fungono da tappeti rossi per accogliere l'ingresso della voce teatrale di Waters. Pink, dal palcoscenico-podio ne ha per tutti, in particolare le categorie emarginate più facilmente identificabili: gli ebrei, i neri, gli omosessuali, gli adolescenti brufolosi. "Run Like Hell" (Gilmour, Waters) Altra parodia musicale, questa volta della disco music, "Run like hell" è un'altra godibilissima canzone, lanciata dalle radio anche come seconda hit. La struttura è semplice: sulla cassa che martella i quarti, la chitarra costruisce un tappeto cristallino. Sul piano narrativo "Run like hell" è il proseguimento dello spettacolo messo in scena da Pink e ne incarna il momento più alienante. Il battere quadrato della batteria, tipico della musica da discoteca, induce il pubblico a muoversi all'unisono come un organismo unico, senza volontà, che obbedisce ai deliri del dittatore. "Waiting For The Worms" (Waters) Bellissima canzone, tra le migliori del disco, rappresenta per Pink il momento della lenta ripresa di coscienza dopo l'effetto delle droghe. Tra gli arrangiamenti, da ricordare la splendida sonorità dilatata dei piatti della batteria di Mason. All'improvviso però l'atmosfera rarefatta è interrotta dalla cruda e inquietante voce filtrata da un megafono (in realtà Waters che canta in presa diretta turandosi il naso). Da questo momento, la canzone descrive in un crescendo imperioso una marcia del Fronte Nazionale, gruppo filofascista, per le vie di Londra da Brixton a Hyde Park. Il concetto sotteso è quello dell'isolamento, che spinge la gente a compiere gesti violenti e a unirsi a gruppi di fanatici e di estremisti. "Stop" (Waters) Per Pink è arrivato il momento di abbandonare la maschera del dittatore, è arrivato il momento di dare il via a uno spietato processo interiore. "The Trial" (Waters, Ezrin) "The Trial" descrive con toni marcatamente teatrali la spietata autoanalisi di Pink, che si traduce in un confronto diretto con tutto ciò che lo ha allontanato dalla realtà: l'insegnante che ha represso la sua vocazione artistica e poetica; la moglie che ha sposato troppo presto e con la quale non è riuscito a costruire un rapporto maturo; la madre che ha costruito il guscio protettivo e che rappresenta il rifugio ultimo, fetale. Il verdetto è semplice: "Hai dimostrato sentimenti umani"; la punizione scontata: "abbandonerai la sicurezza del tuo isolamento". Il muro deve essere abbattuto e Pink riconsegnato alla realtà. Il muro crolla, in un crescendo musicale di grande intensità e coinvolgimento. "Outside The Wall" (Waters) Ecco le parole della canzone, emblematiche: Da soli o a due a due Quelli che davvero ti amano Vanno e vengono al di là del muro Alcuni mano nella mano Altri riuniti in gruppi Quelli sensibili e gli artisti Cercano di abbatterlo E quando ti avranno dato il meglio di loro Qualcuno barcollerà e cadrà Dopotutto non è facile Picchiare il cuore contro il muro di un folle Il muro è definitivamente abbattuto. Restano solo i mattoni, le sue canzoni, pietre angolari della storia del rock.
The Wall - Traccia Per Traccia
Disco 1 "In the flesh?" (Waters) Si (ri)parte da dove tutto era cominciato, il tour "Pink Floyd. "In the Flesh" del 1977. La spettacolare intro è di grandissima violenza e impatto con una progressione d'accordi scandita dalla chitarra che si stempera melodicamente nel successivo sviluppo armonico. Poi la stasi improvvisa con la ritmica che si svuota e la voce di Waters che diventa protagonista su un semplice accompagnamento di tastiere e con i cori, meravigliosi in tutto il disco, a fare da contrappunto. Si nota subito la crescita espressiva di Waters, che dimostra di aver lavorato durissimo sulla propria voce nella seconda metà degli anni 70. Va ricordato, ad esempio, come durante le registrazioni di "Have Cigar" da "Wish you where here" del 1975, Waters rinunciò alla parte vocale perché troppo tirata per le proprie capacità affidandola a Roy Harper. Dal punto di vista narrativo "In the flesh?" è un flash back, la canzone verrà ripresa molto più avanti nel disco. "The Thin Ice" (Waters) Il pianto di un neonato introduce alla nascita di Pink, il protagonista della storia (pare che in occasione di un'intervista un giornalista imbecille chiese ai Floyd: "chi di voi è Pink?"). "The thin ice" è un gioiello acustico di grande dolcezza. Lo sviluppo dinamico della canzone riflette uno dei leit motiv di "The Wall", ovvero l'alternarsi di implosioni ed esplosioni, di momenti di intimismo lirico e di violente fiammate, spesso lanciate, come in questo caso, dalle sciabolate della chitarra di Gilmour. "Another Brick in the Wall part I" (Waters) E' la prima parte di un tema che si rivela come una delle più belle invenzioni musicali del disco. La chitarra carica di effetto delay, riverbera e fluttua creando un tappeto irresistibile e dilatato che rischia però di annoiare dilungandosi eccessivamente. Ma le soluzione di arrangiamento, come il crescendo improvviso delle tastiere o l'innesto di accordi distorti sul tappeto cristallino, restano chicche memorabili, piccole gemme di arrangiamento di cui tutto il disco è disseminato e che si imprimono indelebilmente nella mente dell'ascoltatore. "The happiest days of our lives" (Waters) e "Another brick in the wall part II" (Waters) Ormai abituati ad ascoltarla insieme alla traccia che la precede e sotto il semplice titolo di "Another brick in the wall" ecco a voi, annunciata dall'arrivo degli elicotteri, uno dei più grandi hit di tutti i tempi. La canzone, di una semplicità disarmante, è costruita su un solo accordo e mantiene a distanza di decenni un pathos impressionante, e davvero poco importa se il celeberrimo solo di chitarra non è stato scritto neanche da Gilmour. Soprattutto il coro dei bambini, composto da 23 ragazzi della quarta classe di musica della Islington Green School di Londra con età compresa fra i 13 e i 15 anni, resta memorabile. La stampa montò un caso attorno alla faccenda del coro accusando i Pink Floyd di non aver pagato i ragazzi. Risultò invece che il loro insegnante aveva approvato e siglato l'operazione ottenendone in cambio l'utilizzo gratuito, a fini didattici, dei Britannia Row Studios di proprietà degli stessi Pink Floyd. Il caso venne chiuso e i ragazzi ci guadagnarono anche qualche copia dell'album prontamente distribuita da Waters. Sempre "Another brick in the wall", che imperversò a lungo nelle radio di tutto il mondo, scatenò le ire del governo razzista del Sud Africa che ne proibì la diffusione in quanto gli slogan del ritornello ("non abbiamo bisogno di istruzione, non abbiamo bisogno di controllo del pensiero") vennero utilizzati dai manifestanti di colore in occasione dell'anniversario della sommossa di Soweto repressa nel sangue. Tutte le copie vennero ritirate dai negozi e per chi ne possedeva una pesò addirittura la minaccia della galera. "Mother" (Waters) E' una splendida ballata acustica con il tempo "rubato" della chitarra e con preziosi innesti "bucolici" di organo. La canzone è centrata sulla figura materna, fondamentale in tutto lo sviluppo della storia. Una madre iperprotettiva che segnerà l'esistenza di Pink impedendogli di trovare l'indipendenza, la maturità e la capacità per gestire la propria esistenza senza condizionamenti. "Goodbye Blue Sky" (Waters) Siamo all'inizio della seconda facciata, quella più claustrofobica, durante la quale Pink, mattone dopo mattone, completerà il muro che lo isolerà dal resto del mondo. Eppure musicalmente "Goodbye blue sky", dopo le tetre sonorizzazioni introduttive, possiede momenti di grande dolcezza grazie agli ottimi impasti vocali. Ma è solo un'impressione. L'atmosfera torna cupa e tetra con la voce di Gilmour che si libra sui bassi pesantissimi. Pink sta entrando inesorabilmente in un vicolo cieco. "Empty Spaces" (Waters) Appena prima di "Empty Space" mandando all'incontrario il disco in vinile c'è un messaggio scoperto all'epoca dell'uscita del disco da un dj radiofonico: "Congratulazioni! Hai appena scoperto il messaggio segreto. Per favore manda la tua risposta al vecchio Pink, presso la buffa fattoria Chalfont". "Empty spaces" non viene eseguita dal vivo e nemmeno apparirà nel film sostituita dalla più incisiva e martellante "What shall we do now". Musicalmente, la canzone è una torbida marcia verso il baratro dell'isolamento e dell'incomunicabilità. "Youg Lust" (Waters, Gilmour) Si tratta di un rock robusto e sincopato, una "pastiche" di vari generi musicali, una sorta di parodia del rock così come, dichiararono i Pink Floyd, molti anni prima lo era stata "The Nile Song" nella colonna sonora del film "More". "Young lust" risulta comunque una delle canzoni più fresche e riuscite soprattutto per chi ha mal sopportato il taglio pessimistico, ossessivo e claustrofobico impresso a buona parte del disco da Waters. La canzone fa riferimento alle cosiddette "groupie", ragazze disposte a tutto pur di venire a contatto con la rockstar di turno (memorabile la scena del backstage nel film). Ma più in generale è una canzone sul desiderio di evasione, dei momenti giovanili senza pensieri, delle sbronze e della pornografia a buon mercato. E ancora, come dichiara Waters, sulla sensazione di potere e di invulnerabilità che si respira sul palco dietro la protezione di montagne di watt che si scaricano sulla platea. "One of My Tunes" (Waters) Squilla il telefono, ma a vuoto. Pink tenta di raggiungere la moglie, vanamente. La scena si svolge all'interno di una camera d'albergo, da qualche parte a Los Angeles. Una delle scene madri dell'opera, riproposta in vari momenti sia dello show live che del film. La stanza d'albergo, spoglia, impersonale, con la televisione perennemente accesa, rappresenta l'isolamento definitivo, l'assenza di radici, il distacco dal mondo. Pink ha rimorchiato una ragazza ma non c'è possibilità di dialogo, resta solo coi suoi pensieri davanti alla televisione. Rimugina sulla sua vita, sul matrimonio andato in frantumi. E poi improvvisamente, mentre la chitarra vibra in un "solo" acido, Pink esplode istericamente distruggendo la camera. Devastazione e follia mentre la trama della canzone si perde in un grido disperato. "One of my turns" uscì come lato B del 45 giri "Another brick in the wall part II". "Don't Leave Me Now" (Waters) La canzone più claustrofobica del disco, fino quasi a risultare insostenibile con le tastiere che tessono un tappeto melmoso nel quale si rischia di sprofondare. E poi finalmente, liberatoria, arriva l'apertura musicale con lunghe note di chitarra e tappeti ipnotici di tastiere che ci trascinano fuori dalla palude. "Another Brick in the Wall Part III" (Waters) Delle tre versioni di "Another brick in the wall" è la più violenta. Per Pink e' arrivato il momento della reazione; con un moto d'orgoglio il protagonista si convince che l'isolamento è una condizione desiderabile, una libera scelta e lo grida al mondo. "Goodbye Cruel World" (Waters) Un semplice "pedale" sulle ottave per dichiarare che il muro è completato. Pink è totalmente isolato e se ne compiace. Fine della prima parte. Disco 2 "Hey You" (Waters) Musicalmente tra le più belle canzoni del disco "Hey you", stenta invece a trovare una collocazione narrativa nel progetto di Waters. Dapprima prevista al termine della terza facciata, viene inserita su disco all'inizio della stessa e nel film del 1982 viene addirittura tagliata. La famosa e splendida parte di basso "freatless" che apre la canzone viene accreditata nella recente raccolta "Echoes" a Gilmour. In fondo, niente di sconvolgente: nessuno ha mai messo in discussione la mano pesante di Waters né la mano fina di Gilmour. Ridistribuiti i meriti per la parte di basso, la canzone è davvero mirabile melodicamente, con un crescendo scandito da arpeggi di chitarra e note sognanti di tastiera. Immancabile, arriva il solo di Gilmour, tra i migliori del disco, che suona su un riff ipnotico di chitarra in un crescendo di grande intensità. Una breve variazione e si torna alle svisate di basso su un sordo tappeto di suoni brulicanti, che sembrano evocare insetti, parassiti, vermi. "Hey you" è un grido disperato di aiuto rivolto al mondo esterno e i vermi sono la rappresentazione simbolica del decadimento. In altre parole chi si isola, marcisce. "Is There Anybody Out There?" (Waters) Di fronte al muro insormontabile Pink grida semplicemente: "C'è qualcuno oltre il muro?". Dolcissima e semplice sequenza di arpeggi, tema di esercizio per schiere di chitarristi fai da te. Da cameretta e da spiaggia. "Nobody Home" (Waters) Splendida ballata per pianoforte e voce, la canzone rappresenta un momento di riflessione molto poetica ed evocativa. Pink ripercorre gli oggetti e i riti della propria esistenza che sono poi i luoghi comuni della rockstar. La pettinatura alla Hendrix, pressoché obbligatoria nell'ambiente musicale alla fine degli anni 60, o l'accenno ai lacci che tenevano realmente legati al polpaccio gli stivali di Barrett. E poi ancora il cucchiaio d'argento, le macchie di nicotina, un libretto con le proprie poesie… "Vera" (Waters) Vera Lynn era una cantante inglese del primo ‘900 le cui canzoni venivano cantate dalle truppe durante la 2° Guerra Mondiale. Magistralmente orchestrata, "Vera" sottolinea il dramma di Waters-Pink legato alla perdita del padre. "Bring The Boys Back Home" (Waters) E' una marcia scandita dal rullo dei tamburi che annuncia il rientro dei "ragazzi" dalla guerra. La canzone ritenuta da Waters il perno centrale di tutto il disco, ripartendo dal tema del mancato ritorno a casa dei soldati, vuole sottolineare l'importanza dei rapporti umani essenziali: gli amici la famiglia, la coppia, i figli. Nulla, non il lavoro, non le corse folli e snervanti dell'esistenza quotidiana, devono anteporsi agli affetti primari. "Comfortably Numb" (Gilmour, Waters) Canzone immortale tra le più belle dell'intera produzione floydiana, quindi del rock. L'orchestrazione, soffice e leggera, sembra galleggiare e in questa sensazione sospesa si aggrappano anche i nostri sogni. La strofa è cantata da Waters, poi irrompe la voce di Gilmour. Nello show live questo avvicendamento di ruolo alla voce solista diventerà un artificio scenico altamente spettacolare, con Gilmour che appare magicamente da dietro il muro costruito sul palco, suscitando immancabilmente l'entusiamo della platea. La canzone è semplicemente un capolavoro impreziosito anche da piccole memorabili "trovate" (ad esempio il grido che accompagna l'inizio della seconda strofa), che entrano negli annali del rock e nel nostro immaginario musicale. Gilmour, ai suoi massimi livelli, chiude splendidamente la canzone con uno dei soli più belli di sempre. Intenso, drammatico, teso, con le note mai così vicine alla forza di una fredda lama di rasoio, quella che Pink nel film utilizza per rasarsi petto e sopracciglia, quella che ad ogni ascolto perfora ogni difesa e va dritta al cuore. Leggenda. In "Comfortably Numb" il manager di Pink irrompe in albergo trovandolo in stato catatonico. In tutta fretta e senza troppo curarsi delle sue reali condizioni, Pink viene drogato e rimesso in piedi ; lo show, semplicemente, deve continuare. "The Show Must Go On" (Waters) Ancora gli splendidi cori che dialogano con la voce di Gilmour aprono l'ultima e decisiva facciata del disco. Breve frammento di grande incisività, "The show must go on", invita lo spettatore, sottolineando lo sgomento e i timori di Pink, allo spettacolo che finalmente sta per cominciare. "In The Flesh" (Waters) E' arrivato il momento del rito alienante, dello spettacolo trasformato in raduno fascista, con Pink nelle vesti di un dittatore sanguinario. "In the Flesh" è ancora più bella della versione di apertura con cori e arpeggi paradisiaci che fungono da tappeti rossi per accogliere l'ingresso della voce teatrale di Waters. Pink, dal palcoscenico-podio ne ha per tutti, in particolare le categorie emarginate più facilmente identificabili: gli ebrei, i neri, gli omosessuali, gli adolescenti brufolosi. "Run Like Hell" (Gilmour, Waters) Altra parodia musicale, questa volta della disco music, "Run like hell" è un'altra godibilissima canzone, lanciata dalle radio anche come seconda hit. La struttura è semplice: sulla cassa che martella i quarti, la chitarra costruisce un tappeto cristallino. Sul piano narrativo "Run like hell" è il proseguimento dello spettacolo messo in scena da Pink e ne incarna il momento più alienante. Il battere quadrato della batteria, tipico della musica da discoteca, induce il pubblico a muoversi all'unisono come un organismo unico, senza volontà, che obbedisce ai deliri del dittatore. "Waiting For The Worms" (Waters) Bellissima canzone, tra le migliori del disco, rappresenta per Pink il momento della lenta ripresa di coscienza dopo l'effetto delle droghe. Tra gli arrangiamenti, da ricordare la splendida sonorità dilatata dei piatti della batteria di Mason. All'improvviso però l'atmosfera rarefatta è interrotta dalla cruda e inquietante voce filtrata da un megafono (in realtà Waters che canta in presa diretta turandosi il naso). Da questo momento, la canzone descrive in un crescendo imperioso una marcia del Fronte Nazionale, gruppo filofascista, per le vie di Londra da Brixton a Hyde Park. Il concetto sotteso è quello dell'isolamento, che spinge la gente a compiere gesti violenti e a unirsi a gruppi di fanatici e di estremisti. "Stop" (Waters) Per Pink è arrivato il momento di abbandonare la maschera del dittatore, è arrivato il momento di dare il via a uno spietato processo interiore. "The Trial" (Waters, Ezrin) "The Trial" descrive con toni marcatamente teatrali la spietata autoanalisi di Pink, che si traduce in un confronto diretto con tutto ciò che lo ha allontanato dalla realtà: l'insegnante che ha represso la sua vocazione artistica e poetica; la moglie che ha sposato troppo presto e con la quale non è riuscito a costruire un rapporto maturo; la madre che ha costruito il guscio protettivo e che rappresenta il rifugio ultimo, fetale. Il verdetto è semplice: "Hai dimostrato sentimenti umani"; la punizione scontata: "abbandonerai la sicurezza del tuo isolamento". Il muro deve essere abbattuto e Pink riconsegnato alla realtà. Il muro crolla, in un crescendo musicale di grande intensità e coinvolgimento. "Outside The Wall" (Waters) Ecco le parole della canzone, emblematiche: Da soli o a due a due Quelli che davvero ti amano Vanno e vengono al di là del muro Alcuni mano nella mano Altri riuniti in gruppi Quelli sensibili e gli artisti Cercano di abbatterlo E quando ti avranno dato il meglio di loro Qualcuno barcollerà e cadrà Dopotutto non è facile Picchiare il cuore contro il muro di un folle Il muro è definitivamente abbattuto. Restano solo i mattoni, le sue canzoni, pietre angolari della storia del rock.