The Fairy Round

Treni, sassofonisti e pigiami (scomparsi)


Ragazzi qui fa un freddo terribile! E io che pensavo che un week-end al mare seppur a giugno fosse garanzia di sole e caldo... Magari l’acqua un po’ freddina, ma il sole caldo.Invece fa proprio freddo. E la cosa ha causato non pochi (anche comici) problemi organizzativi.Parto quindi dai... pigiami.Era parecchio tempo che non venivamo qui, ma nonostante l’età che avanza ero sicura di avere lasciato abbigliamento da mezza stagione (un paio di golf di cotone, pantaloni da battaglia, pigiami a maniche lunghe) per ogni evenienza. Così sono venuta qui con una valigia a diro poco minimale. Arrivo e i vestiti non ci sono più. Non tutti ma quelli utili per questo tempo freddino mancano in blocco... Visto che ho nutrito fin da piccola l’aspirazione a fare l’agente segreto (!!) ho deciso di indagare. Fossero venuti dei ladri avrebbero lasciato tracce e avrebbero portato via tutto, non solo alcune cose... Nel frattempo però resta da affrontare il problema freddo. Ieri piuttosto grave perché essendo festa i negozi erano pure chiusi! Così sono arrivata ad adottare uno stile molto alternativo... utilizzando i vestiti del babbo! Col suo pigiama sembravo uno di quelle buffe bambole di pezza con gli abiti ricavati dagli scarti dei vestiti (da una sarta poco abile). Ma almeno ho dormito senza morire di freddo. Poi ho anche utilizzato un golf di cotone, i pantaloncini da barca... Questi ultimi uniti a una maglia arancione-vivissmo-pugno in un occhio (l’unica con le maniche lunghe sfuggita alla misteriosa sparizione), e al fatto che con il vento terribile che c’era l’unico modo che avevo trovato per evitare di avere capelli negli occhi era stato utilizzare qualche centinaio di mollettine colorate, mi aveva portato ad assumere un aspetto bizzarro ma paradossalmente gradevole. Ho conquistato tutti gli alternativi e i bambini del paese. Un gruppetto di adolescenti mi ha guardato con aperta ammirazione e una ragazza voleva sapere di che marca erano i miei pantaloni (“ye olde daddy” volevo rispondere, ma poi magari ci credeva e andava a cercarli in negozio!).Alla fine il mistero degli abiti scomparsi permane... anche se le indagini portano l’investigatrice B. a focalizzare i suoi sospetti su un soggetto in particolare. La nonna... la quale nega ma è già caduta in contraddizione un paio di volte. Le indagini continuano.... Certo che è strana la vita.E – tanto per contestualizzare – teniamo conto che sono arrivata qui per scoprire di essere invischiata in quetso mistero degli abiti scomparsi dopo un viaggio a dir poco avventuroso.Siccome c’è un treno comodissimo (l’IR Milano-Livorno) che mi porta quasi a casa avevo deciso di venire in treno e farmi recuperare in stazione dal babbo. Tanto per sicurezza decido di arrivare in stazione una mezzoretta prima della partenza del treno. Avendo viola e valigetta con me penso sia opportuno avere il tempo di sistemarmi bene.Arrivo 40 minuti prima della partenza del treno... e scopro con orrore che già non solo non ci sono posti per sedersi ma anche trovare un angolino in piedi è faticoso. Mi colloco in un angolino vicino a una porta, viola in spalla (e non è proprio leggerissima), arco e valigia più meno tra le gambe. La gente continua ad arrivare. Siamo uno sopra l’altro. Passa un controllore. Lo guardo con uno sguardo di supplica. Questo si avvicina e mi abbraccia. Giuro!Nella confusione penso “Oddio ma qui alla FS sono messi proprio male! Per supportare la clientela utilizzano la abbraccio-terapia?!” mentre un’altra parte di me pensava: “Ma che vuole questo?!!!!!!! Ora lo trafiggo con l’arco!”.Poi – giusto mentre stavo per passare alla fase trafittura – questo mi saluta tutto sorridente e scopro... che si tratta di un collega del corso di dialogo sonoro (ricordate?), il bravissimo e simpaticissmo sassofonista che aveva partecipato all’improvvisazione sul tema della “Follia” di cui vi avevo parlato. Era il suo secondo giorno di lavoro nelle FS!!!Piccolo il mondo, vero?Alla fine il treno – colmo all’inverosimile – è partito. Fino a Lodi ho retto con la viola in spalla, poi ho inziato a non farcela più, e siccome avevo inziato a famigliarizzare con i compagni di sventura grazie al loro aiuto sono riuscita a toglierla ed appoggiarla accanto a me, tenedola ben abbracciata per avitare che i passeggeri che tentavano di passeggiare su e giù per il treno (non si capiva bene con quale scopo!) le facessero del male.Dalla partenza al mio arrvio sono cambiati tre capotreni. Il primo decisamente indisponente si era piazzato nel “nostro” spazio e cercava di spiegarmi come mai non bisogna rispondere al telefono quando suona. Aveva una teoria che se raccontata a un consultorio gli avrebbe permesso di ottenere dosi di psicofarmaci da cavallo.Il secondo era abbastanza anonimo.Il terzo – fiorentino – era simpaticissimo. Anche lui ha passato un po’ di tempo con noi (credo fossimo il gruppetto più simpatico di tutto il treno) e mi ha anche aiutata a scendere e scaricare la viola. Durante il suo “regno” era perseguitato, e noi con lui, da un signore pisano che aveva un problema esistenziale non da poco. Aveva lasciato la macchina a Pisa in un parcheggio che chiudeva alle 22.30. Siccome il treno viaggiava accumulando sempre più ritardo lui temeva di arrivare a Pisa troppo tradi e di non riuscire a recuperare la macchina. Così continuava ad assalire controllore (il sassofonista) e capotreno (il fiorentino) per sapere se potevano assicurargli che saremmo arrivati per tempo. Altirmenti contava di arrivare fino a Livorno e lì farsi ospitare da amici. Il capotreno era ossessionato dal fatto che questo signore gli faceva la stessa domanda con le stesse identiche parole ogni 10 minuti. Puntuale come la morte. Noi eravamo ossesionati dal fatto che continuava a voler transitare dalla nostra piazzetta obbligandoci ogni volta a sconvolgere il nostro precario equilibrio di spazi. Alla fine dopo la centesima ripetizione della domanda cruciale – dopo che il capotreno ha cercato di spiegargli per l’ennesima volta che non solo non era in grado di garantirgli nulla, ma che l’ultima volta che aveva provato a dare garanzie sul quel treno erano arrivati con 4 ore di ritardo ed era quindi meglio per tutti che lui stesse zitto – siamo intervenuti noi. Con il supporto del detto capotreno ci siamo messi ad assicurargli noi che il treno sarebbe arrivato a Pisa per tempo. Siamo arrivati ad offrirci di metterglielo anche per iscritto... Lui ci guardava un po’ stupito. Tre ragazze dall’aria (abbastanza) normale e un signore tutto serio che si facevano garanti per le FS con la benedizione del capotreno (che a dire il vero sghignazzava). Alla fine pur con qualche perplessità è arrivato a fidarsi di noi. E a quel punto il signore serio gli ha detto: “E ora lei ci promette di non passare più di qui?!”. Risate generali. Il signore pisano offesissimo se n’è andato (maledicendoci, temo).Noi però abbiamo ottenuto che non passasse più...!Il “noi” era composto da me (...) il signore dall’apparenza serissima che però era molto simpatico, una ragazza più o meno mia coetanea (la sosia di Dolcemau tra l’altro) che vive e lavora a Milano ma è di Carrara e tornava a casa, e una ragazza di Parma che andava al amare da un’amica.I nostri commenti e le nostre battute erano da cabaret. Credo fosse per quello che alla fine tutti i capotreni sostavano dalle nostre parti.Il culmine si è raggiunto quando la ragazza di Parma (simpaticissima!!) ha telefonato al suo ragazzo per cercare di convincerlo a venirci a prendere a Pontremoli, così scendevamo dal treno e andavamo tutti a cena insieme. Lei parlava col fidanzato chiamandolo per cognome:”Ehi Tiglio! (Ovviamente ho cambiato cognome... non vorrei mai essere citata per invasione della privacy!) allora vieni e ci tiri su. Siamo io, altre due ragazze e una ha una viola. No... la viola è grande. Più di lei, ma devi tirarci su tutte. Viola compresa. O tutte o nessuna!”. E questo credo sospettasse che la fidanzata fosse ubriaca – anche perché sentiva in sottofondo noi che urlavamo: “E non dimenticare la viola!”. In effetti la bimba ha ricevuto molte attenzioni. Una buona mezzoretta è andata per spiegare cos’è una viola da gamba, a convincere che non stavo scherzando quando dicevo che può avere o 6 o 7 corde pur restando lo stesso strumento.... Il signore serio e la ragazza di Carrara avrebbero voluto che suonassi qualcosa... ma vista l’esiguità dello spazio....Nel frattempo ogni tanto transitava il sassofonista, che sempre mi faceva “pat pat” sulla spalla e a cui io rispondevo con parole di conforto. Al quarto passaggio una signora (che ha brevemente fatto parte del gruppo di cui sopra) ha commentato: “Ma vuoi proprio arrivare a farti offrire la cena dal controllore?!” e io: “NO! Non ci sto provando! Già ci conosciamo!” e tutti (in coro):”Eh! Si dice sempre così!”. Io, con l’aria di dignità offesa: “Lo conosco perché è sassofonista! Abbiamo anche suonato assieme!”. Il signore serio: “Come no!E allora cosa ci fa qui in divisa?” Qui è seguita una disquisizione sulla carenza di lavoro. Poi io, cercando di convincerli del fatto che non ho l’abitudine di provarci con i controllori, decido di specificare ulteriormente: “Vedete ci siamo conosciuti a un corso di dialogo sonoro”. E qui le risate di incredulità sono arrivate a livello di convulsioni.... “AH! Adesso si chiama dialogo sonoro?!” . Mi sono arresa. Che pensassero quello che volevano. Noi musicisti siamo sempre incompresi!
Il momento topico del viaggio è stato raggiunto quando – constatando il sempre crescente ritardo (per la gioia del signore pisano che probabilmente a quel punto stava scolandosi una boccetta di Lexotan) – il controllore fiorentino ci guarda con aria furba e chiede: “Ma sapete come si chiama questo treno?!”. Noi ovviamente lo ignoravamo. Lui sghignazzando proclama: “La freccia della Versilia”. Due i commenti topici. La ragazza di Parma se ne è uscita con (scusate ma va riportata letterlamente)”E sta minchia!” mentre io in contemporanea commentavo: “Un po’ spunata sta freccia!”.Insomma: 3 ore e mezza di viaggio su un treno super affollato, in piedi, con poca aria, con poco piacevoli effluvi che si spigionavano a ogni fermata (eravamo pure vicini al bagno).... ma nonostante il male ai piedi che avevo all’arrivo... (e la reputazione rovinata perché esistono una decina di persone che pensano fermamente che io ci provi spudoratamente con i controllori)... mi sono divertita!B.