beskersi

Paleo e Pelo


          Stavo con Giorgio davanti al “pozzone”, così chiamavamo il punto in cui il nostro fiume, vicino al muraglione della strada, formava una pozza. Ci stavamo chiedendo se quella pozza che noi chiamavamo “Pozzone” era ancora delle dimensioni di allora!…. Forse a quei tempi ragazzi di 10-12 anni ci sembrava più grande per il rapporto  tra la nostra statura con le dimensione della  pozza stessa..          “Ti ricordi” mi diceva Giorgio “quella volta che…”,”eh se me ne ricordo” confermavo io, e giù risate rammentando quella ennesima ragazzata.             Intanto si erano uniti altri amici e tutti avevano ricordi lucidissimi da raccontare, ricordava Franco:quando ero in età scolare “presi” la pertosse(tosse canina) e il dottore, come era costume allora,diagnosticò: “il ragazzo deve cambiare aria”. Mia madre  possedeva un  podere sugli 800-1000 metri e fu lì che mi portò. C’era in quella famiglia un ragazzo più o meno della mia età e facemmo subito amicizia. Lo chiamavano Paleo e aveva un cagnolino di nome Pelo. Il nome Paleo era derivato probabilmente dall’aspetto del suo fisico, “asciutto”, “segaligno” scuro in viso per la sua continua esposizione al sole e al vento, ma forte, scaltro, agilissimo, pronto ad ogni evenienza, infaticabile, un pò appunto come quell’erba foraggera, chiamata paleo, che nasce e vive anche su terreni aridi e poveri di risorse. Ovvio il nome del cane, con tutto quel pelo sugli occhi, mi chiedevo come potesse vederci, invece sempre attento fissava incessantemente  Paleo, pronto ad eseguire gli ordini del suo padroncino fatti anche di soli cenni.            La mamma di Paleo, anche per aggraziarsi le simpatie di mia madre, ci preparava cibi ottimi cucinandoci polli , conigli o piccioni, spoglia “spenta d’uova”e dava a noi quel ben di Dio mentre a Pelo toccava “l’intingolo” riservato a tutta la famiglia. Ricordo che io pensavo: “si vede che a loro questo tipo di cibo è venuto a noia, forse lo mangiavano spesso!”            I primi tempi che parlavo con il mio amico, lui usava dei termini che io non conoscevo: “Il magolo”, “i campi sodi”, “La vaccina”, ”Il vomero” , “il marraccio”, “la striglia”, “i finimenti”ecc. Vista la mia incertezza Paleo mi spiegava  tutti quei significati, ma io preferivo mi dimostrasse come riusciva, con trappole ingegnose, a catturare piccoli uccelli, rettili, conigli selvatici ed altri piccoli animaletti. Ma non era molto il tempo che passavamo assieme perché i suoi impegni erano davvero tanti.” Giovanni”,  lo chiamava la mamma, era l’unica a chiamarlo col suo nome di battesimo,” ha poppato il vitellino”,”Giovanni hai abbeverata la mucca” ,” Giovanni le pecore sono rientrate tutte?”,” porta un po’ di fieno anche al ciuco”,” le galline le hai chiuse? altrimenti sai che festa per la volpe stanotte”; “si mamma ho già fatto tutto” rispondeva Giovanni. Arrivava poi l’ora di cena, ancora distintamente il vitto era diverso e ancora pensavo che il tutto fosse per una questione di assuefazione al solito cibo, invece!Un giorno scoppiò un temporale con vento e grandine e io, sotto la loggia, ero in trepida attesa di Paleo, magari tornava tutto bagnato e spaventato e io avrei potuto offrirgli il mio aiuto, invece arrivò bello e asciutto col suo gregge di pecore belanti, come avrà fatto?. Pelo  lo seguiva allegro e sempre attento ai gesti del suo padroncino,  le pecore rientrarono nell’ovile offrendo le proprie mammelle per la cena ai propri agnellini. Nella impazienza della poppata alcuni agnellini si buttarono sulla prima mammella che gli capitava, ma ogni pecora avrebbe allattato soltanto il suo “pargolo”; io incantato seguivo Paleo che afferrava senza errori quegli animaletti incerti e chiamando per nome la loro madre glielo affidava, con  incredibile destrezza. Non potei fare ameno di pensare che si io ero certamente più colto di lui?, Paleo frequentava poco la scuola perché distante e occupatissimo ad aiutare nei lavori la propria famiglia, certamente io sapevo quando era nato Garibaldi, conoscevo la storia dei Mille, e quanto altro, ma in caso di calamità o difficoltà di qualunque tipo fosse, la sua “cultura” sarebbe stata certamente ben più utile e determinante della mia. Dopo due mesi tornai a casa guarito!.