La Repubblica ha già una presidente e 11 ministre Finlandia, donne al potere Una quarantenne sarà premier

Post n°48 pubblicato il 21 Giugno 2010 da TizianaSegalini

E Helsinki sta superando la crisi meglio degli altri PaesiBRUXELLES - Per gli antichi finnici, quello di oggi era il solstizio d’estate consacrato a Ukko, il dio maschile del tuono e della paternità fecondatrice. Per i finlandesi del 2010, è invece il giorno in cui un’altra donna, e mamma, arriva ai vertici dello Stato: Mari Kiviniemi, del Partito di Centro, 41 anni e 2 bambini, figlia di contadini e laureata in scienze politiche, nonché pattinatrice provetta, è da oggi primo ministro; così come Tarja Kaarina Halonen, 67 anni, una figlia, è ormai da 10 anni presidente della repubblica. E così come sono donne 11 dei 20 ministri dell’attuale governo. In Finlandia si parla molto poco, anzi non si parla mai, delle cosiddette «quote rosa» che molto più a Sud riempiono i programmi e i discorsi di tanti politici. Ma la presenza femminile nella politica, come in tutte le professioni, ha radici antiche e solide. In questo Paese le donne poterono votare ed essere elette già dal 1906, quando ancora la Finlandia era un granducato sotto l’ala dello zar di Russia, e ben prima che ciò avvenisse in tanti altri angoli del mondo.

Nelle prime elezioni parlamentari finlandesi, concesse nel 1907, già 19 fra gli eletti dal popolo portavano la gonna: una percentuale incredibile per le tradizioni politiche del tempo. La prima donna entrò nel governo nel 1926, come ministro degli Affari sociali. E fra i 550 ministri succedutisi nei 70 governi da che il Paese è indipendente, le donne ci sono sempre state in buon numero e anche con portafogli «pesanti»: da Elisabeth Rehn, ministro della Difesa nel 1995, a Tarja Kaarina Halonen, ministro degli Esteri e speaker del Parlamento prima di salire alla presidenza della Repubblica; o ad Anneli Jäätteenmäki, altra donna premier, nel 2003, seppure solo per 69 giorni (la buttò giù uno scandalo). Da anni, nell’Eduskunta, il Parlamento nazionale, difficilmente la percentuale delle donne scende al di sotto del 38%. E però, quote rosa o no, la notizia di oggi resta davvero una prima assoluta: non era mai accaduto che due donne occupassero contemporaneamente i due posti più alti dello Stato. Notizia che si accompagna a un’altra, di cui pure i finlandesi non parlano molto, forse per scaramanzia: senza clamori, il loro Paese sembra pian piano superare la tempesta della crisi, assai meglio di altri.

Per esempio è piazzato assai bene nella classifica internazionale della libertà d’impresa che esamina i vincoli posti dalla burocrazia, o dalla corruzione, alla creatività imprenditoriale: la Finlandia è al diciassettesimo posto nel mondo, e all’ottavo fra i 43 Paesi della regione europea. Entro i suoi confini, ci vogliono circa 14 giorni per dare il via a un’impresa, contro una media mondiale di 35 giorni. L’Italia, tanto per fare un confronto, è al posto 74 della classifica mondiale, e al posto 35 di quella europea (ma «impone» solo 10 giorni di attesa per l’avvio di un’attività, sempre che non sia implicata la richiesta di una licenza). In questa cornice, Mari Kiviniemi si avvia a fare la sua prova da primo ministro. Che non sarà facile: se le banche austriache o tedesche sono esposte in Paesi come l’Ungheria, o la Lettonia, o la Romania, quelle finlandesi hanno nervi scoperti proprio sul Baltico, in quell’Estonia che per ragioni storiche e culturali resta una sorta di «sorella minore», e che sta per aderire all’euro. Chi conosce la signora Kiviniemi assicura comunque che ha nervi saldi, come le lame dei pattini sui cui trascorre molti pomeriggi domenicali. Qualche mese fa, nel mezzo di una tempestosa riunione del suo partito, cercando di restar seria propose una mozione per far riscaldare l’acqua troppo fredda nella piscina interna del Parlamento: e il litigio che già stava per scoppiare fra gli «altri», gli uomini, si sciolse in una risata.

 
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Genio! Genio! Genio!

Post n°47 pubblicato il 23 Marzo 2010 da TizianaSegalini

dal Corriere della sera (23 marzo 2010)Nel 2006 rifiutò la Medaglia Fields, una specie di Nobel istituito nel 1936Il genio russo della matematica e il premio da un milione di dollari. «Ci penserò su»A Grigori Perelman il riconoscimento dell'istituto Clay ma forse rifiuterà: ha risolto la congettura di Poincaré

nel 2006 rifiutò la Medaglia Fields, una specie di Nobel istituito nel 1936

Il genio russo della matematica e il premio da un milione di dollari. «Ci penserò su»

A Grigori Perelman il riconoscimento dell'istituto Clay ma forse rifiuterà: ha risolto la congettura di Poincaré

 
Grigori Perelman
MOSCA - Questa volta Grigori "Grisha" Perelman, il monacale genio russo della matematica che ha dimostrato la congettura di Poincaré (frutto di un'intuizione avanzata nel 1904 dal matematico francese Henri Poincaré) rifiutando finora soldi e onorificenze, non ha risposto "niet" ma si è riservato di riflettere se ritirare il prestigioso premio da un milione di dollari messo in palio dall'Istituto di matematica Clay di Cambridge, negli Usa. La fondazione privata ha già organizzato una conferenza l'8 giugno a Parigi per celebrare la soluzione della congettura e assegnare il riconoscimento, il primo dei sette problemi matematici irrisolti del Millennio individuati dal Clay.

MEDAGLIA FIELDS - Il presidente dell'istituto, James Carlson, è riuscito a mettersi in contatto con Perelman per informarlo del premio: «Mi ha detto di esserne onorato e mi ha assicurato che rifletterà se accettare». Non è poco, considerando i precedenti rifiuti e l'eremitico stile di vita del matematico russo, ma i suoi colleghi sono convinti che rinuncerà per l'ennesima volta. Perelman, 46 anni, ha avuto fin dall'adolescenza una fobia per i premi e per la ribalta: nel 1982, quando in Ungheria vinse con il punteggio massimo una medaglia d'oro alle Olimpiadi di matematica, gli fu proposta una borsa di studio per New York ma declinò. Il gesto più clamoroso risale all'agosto del 2006, quando a Madrid rifiutò la Medaglia Fields, una specie di Nobel della matematica istituito nel 1936. Volevano assegnarglielo proprio per la soluzione della congettura di Poincaré, e cioè sul perché in uno spazio tridimensionale una forma a ciambella si spezza durante la trasformazione in sfera.

VITA EREMITICA - Una svolta che apre nuove prospettive anche per lo studio dell'universo e della sua forma. Perelman pubblicò la sua ricerca su internet nel 2002 diventando una leggenda nel mondo della matematica. Ma nel 2005 si dimise dal prestigioso istituto di matematica di Steklov di San Pietroburgo, dove era ricercatore, e l'anno successivo rifiutò la Medaglia Fields: «Per me è del tutto irrilevante. Se la soluzione è quella giusta, non c'è bisogno di alcun altro riconoscimento» spiegò, ritirandosi a vivere con l'anziana madre in uno squallido monolocale alla periferia sud dell'antica capitale degli zar, dove si racconta che si nutra solo di rape e cavolo nero. Da allora è senza lavoro fisso e senza amici, non risponde alle mail né ai giornalisti, e veste da barbone, con giacche sbrindellate, jeans sporchi, scarpe da basket sformate e barba alla Rasputin

 
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meditate.......meditate.......

Post n°46 pubblicato il 28 Settembre 2009 da TizianaSegalini

Crystal: così ho vinto l'anoressia (e sono diventata una celebre modella)

Lei è Crystal Renn, 23 anni, e stava quasi per morire dopo aver perso più della metà del suo peso a causa delle continue pressioni che riceveva da quando aveva appena 13 anni. Lo spietato mondo della moda le imponeva sacrifici inauditi per essere una taglia zero. Così Crystal Renn divenne una celebre modella, ma al caro prezzo di nutrirsi solo di lattuga, diet Coke e chewing gum. Nella sua autobiografia "Hungry" la modella, abbandonata dalla mamma da bambina, descrive la sua carriera come una fuga dalla vita. Tra la dieta, gli esercizi e la continua assunzione di diuretici la modella arrivò alla famosa 'taglia zero' ma anche vicina alla morte. "Guardando le mie immagini dell'epoca - racconta Crystal - vedo una persona priva di vita e incapace di capire cosa le sta succedendo. "Dopo tre anni di fame, Crystal rifiutò il regime e ricominciò ad acquistare peso. Le fu intimato di perdere il peso in più, ma si rifiutò e passò all'unica agenzia delle modelle grandi forme. "Così, un chilo dopo l'altro, ho riscoperto la vita, ho ricominciato a vestirmi, mi sono finalmente sentita una donna." E a suggellare questo nuovo benessere sono arrivate le copertine di American Vogue e Harper's Bazaar che l'hanno consacrata come una delle più celebri modelle "plus".

 

 
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"La scuola deve essere meritocratica" Maria Stella Gelmini , 24 settembre 2009

Post n°45 pubblicato il 24 Settembre 2009 da TizianaSegalini

E' caduta una Mariastella

da "L'Espresso" 18 settmbre 2009

Un curriculum scolastico anonimo. Una laurea in legge senza lode. Una trasferta a Reggio Calabria per il praticantato legale. Poi la folgorante carriera politica. La vita da mediocre della ministra che voleva fare la ballerina e che ora infiamma la scuola.
Finora le fabbriche sono state silenziose. Perfino i magistrati sono spaccati. Lei, Mariastella Gelmini, ha portato in piazza tutti: professori, genitori, precari, studenti. La sua riforma è la vera sconfitta del terzo governo Berlusconi.

È signorina. Ma di quelle Signorsì. Tremonti vuole tagli a scuola e università e il via alla privatizzazione strisciante: lei esegue, e lancia l'idea di trasformare istituti e atenei in Fondazioni in concorrenza fra loro. Il Vaticano vuole l'ora di religione cattolica come materia piena di insegnamento: per lei è subito una "posizione condivisibile". La tattica è elementare, se vuoi far carriera, non ti puoi fare troppi nemici. Se ne hai (le è capitato quando nel 2000 i suoi di Forza Italia la fecero fuori con una mozione di sfiducia dalla carica di presidente del consiglio comunale di Desenzano del Garda, e poi nel 2005 quando Berlusconi la nominò coordinatrice regionale tra i malumori della nomenklatura), meglio star buona, aspettare, prima o poi non mancherà l'occasione di farseli di nuovo amici. Lei, Mariastella Gelmini, in questo è bravissima. L'ha anche spiegato: "Non è mica un delitto andare d'accordo con tutti".

 

Gelmini, ovvero la temibile leggerezza dello stare nel mezzo (secondo le anime buone) o della mediocrità (secondo quelle malvage). Non male per una che ogni due per tre sillaba, enuncia, predica la meritocrazia. Tattica o carattere? Sarà che ha frequentato le elementari dai preti, 1.700 anime nella Bassa bresciana. Dove suo padre Italo, agricoltore e allevatore, era stato sindaco Dc e, divorziato senza scandalo dalla moglie Carmelina, aveva sposato Wanda, la mamma di Mariastella. Tuttora ci vivono Giuseppe e Cinzia, figli della prima moglie, ma legatissimi alla sorella, modello famiglia allargata. Il primo, che ha un magazzino di prodotti per l'allevamento, è dall'aprile 2008 vicesindaco Pdl; la seconda, insegnante elementare, è rappresentante sindacale Cgil. Scoppiò un mezzo putiferio quando, il 30 ottobre 2008, Cinzia non aderì allo sciopero generale degli insegnanti e si mise in aspettativa non retribuita.


Gelmini voleva fare la ballerina. Le è andata male: è diventata ministro. Alle medie, Luigi Sturzo della vicina Gottolengo, dove fino ai 15 anni vivrà in una cascina, Mariastella è la passione della sua professoressa, Maria Nunziata Terzo: studia danza, conduce la battaglia contro l'intercalare dialettale "pota", aiuta il compagno down. Al liceo classico le cose si fanno più complicate. Ne cambia tre: il Manin di Cremona dove frequenta i due anni di ginnasio, poi lo statale Bagatta di Desenzano dove comincia la prima liceo per lasciarlo a dicembre e spostarsi a Brescia, liceo privato diocesano Cesare Arici, lo stesso dove aveva studiato Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI: "Sì, abbiamo fama di severità, ma senza particolari asprezze", racconta Gian Enrico Manzoni, che della liceale Mariastella fu l'insegnante di greco e latino. Quanto al carattere, Manzoni la descrive "riservata, né un'isolata né una leader, nessuna bega con i compagni, non che io ricordi almeno": già allora tendeva ad andare d'accordo con tutti. "Non ero la prima della classe, ma non ho mai avuto problemi", ha sintetizzato quel periodo l'interessata. È vero. In pagella prese 5 in latino scritto al primo quadrimestre, "ma era un'alunna diligente, anche se non mi viene in mente nessun particolare amore per questo o quell'autore, e a fine anno conquistò il 7", ricorda Manzoni. In greco, italiano, matematica oscilla sempre fra il 6 e il 7. Scienze 7, arte e storia 8. Alla maturità, siamo nel luglio 1992, uscì con 50/60.

Proprio del provvedimento sul voto di condotta, e dell'altro che richiede il 6 in tutte le materie per essere ammessi all'esame di maturità, parlano Manzoni e Gelmini ormai ministro quando, a fine 2008, si reincontrano. Il suo liceo la invita a una rimpatriata, ma in tutta Italia scoppia la protesta degli studenti e lei sparisce dalla circolazione: figuriamoci se rischia una contestazione proprio davanti alla sua vecchia scuola, sai che chicca per i giornali. Invita però Manzoni al ministero. "Fu molto gentile. Cercai di convincerla che, sotto l'apparenza del rigore e del merito, quei suoi due atti avrebbero sortito effetti opposti".
Che poi qualche comprensione per la voglia di molti studenti a fine corso di chiudere i conti con la scuola e passare ad altro la dovrebbe avere, Mariastella Gelmini. Perché capitò anche a lei. Non alla maturità, ma nella tesi di laurea, Università di Brescia, facoltà di Giurisprudenza, appello del 12 luglio 1999. "Era venuta da me spiegandomi che, fuori corso di tre anni, voleva concludere in fretta gli studi, accennando di sfuggita a qualche suo impegno politico a Desenzano", racconta Antonio D'Andrea, ordinario di Diritto costituzionale: che dell'impacciatissima laureanda fu relatore.

 "Concordammo dunque una tesi non impegnativa: sull'iniziativa referendaria delle Regioni, tema allora d'attualità perché alcune amministrazioni di centrodestra, Lombardia in testa, si apprestavano a usare tale strumento per contrastare il governo Prodi". Si incontrano cinque o sei volte, l'ultima lui le chiede di rafforzare un po' l'apparato teorico e di completare il compitino almeno con un piccolo apparato di note e una bibliografia accettabile: ma capisce subito "che non è il caso di insistere. Certo non ci si innamora di uno studente come lei, media, diligente, non particolarmente motivata; ma in fondo il suo lavoro era passabile, c'era il minimo indispensabile. Il punto di caduta, inaspettato, fu la discussione della tesi". D'Andrea le rivoge una domanda di ordine generale: lei "rimane sconcertata, imbarazzata, è in difficoltà, mostra di non avere padronanza dell'argomento. In situazioni del genere non si infierisce: le chiedo qualcosa sull'argomento della tesi e in meno di dieci minuti, con un po' di disappunto, la licenziamo con 100/110". Significa che, arrivata con un punteggio d'esami di 99,28 pari a una buona media del 27, la tesi le fu valutata meno di un punto sugli 11 possibili. Dei cinque laureati quel giorno con D'Andrea, due con lode, lei fu la più scarsa. Che ha pensato il professore a vederla oggi ministro alfiere del rigore e del merito? "Non ricordo se mi è venuto da sorridere o se ho alzato gli occhi al cielo. Ma che vuole, la politica ha i suoi criteri. E i suoi peculiari talenti".

E questi a lei non mancano di certo. È il '94, Berlusconi scende in campo, Mariastella ha ventun anni. Fin da subito gioca sui due terreni chiave di un politico: sul territorio, dove costruirà la sua fortuna elettorale, e al centro, nel cuore del potere. A Desenzano, dove ormai vive con la madre separata aiutandola a volte nel negozio di estetica a Sirmione, fonda con Emanuele Giustacchini ed Enrico Frosi, e presiede il primo club locale di Forza Italia: "Varie sere la settimana", racconta Giustacchini, oggi assessore a Desenzano, "ci trovavamo in una decina di persone a casa sua: manifesti, banchetti di propaganda". Intanto però, due o tre volte la settimana, parte in treno da Desenzano per fare volontariato di partito a Milano: sulla costituzione dei club, in stretto rapporto con Mario Mantovani, oggi sottosegretario alle Infrastrutture, e con Giancarlo Abelli, allora consulente per la Sanità della Regione oggi deputato. Poco dopo comincia anche la storia d'amore di Mariastella con Giuleader bresciano dell'ala ex democristiana di Forza Italia: durerà fino al 2004. Lui continua a dire di lei che è una "una donna tenace, capace, gran tessitrice, la Letta lombarda, uno dei pontieri tra Berlusconi e Formigoni".

Alle politiche del '96, "con la carica di partito di delegato di collegio, la Gelmini riesce a far eleggere deputato Adriano Paroli, ciellino formigoniano di ferro, paracadutato dall'alto e ignoto al territorio", aggiunge Giustacchini. Poi, nel '98, con 300 preferenze, è la prima eletta al consiglio comunale, di cui diventa presidente. La scalata è cominciata. Ma nel 2000 arriva la tegola: tre su sei dei consiglieri Forza Italia la destituiscono con una mozione votata dagli alleati civici e dall'opposizione. Diatribe interne, raccontano: l'ala "laica" di Franco Nicoli Cristiani, allora come oggi assessore regionale, contro i cattolici di Romele.

Ma la ragazza è un muro di gomma, incassa come un pugile esperto. Non deve aspettare molto. Nel 2002, passato a Reggio Calabria l'esame di Stato per diventare avvocato (vedi box a pag. 37), c'è un rimpasto in giunta alla Provincia di Brescia: "Romele pretese un posto per lei, io raggiunsi con lui un accordo, Gelmini divenne assessore al Territorio", racconta Nicoli Cristiani. Dopo le provinciali del 2004 la Lega esige il Territorio, Gelmini e Romele s'inalberano: "Ma siete matti? Prendete l'Agricoltura, vale da solo 10 mila voti: i contadini chiedono sempre, ma non dimenticano mai", le dice Nicoli. Gelmini prende l'Agricoltura. Ma ha un feeling più intenso con i cacciatori, che nel bresciano sono una lobby potentissima per tradizione e per business: la voteranno in massa quando, nell'aprile 2005, diventa consigliere regionale, prima eletta di Forza Italia, a Brescia con 17.500 preferenze. Li ricambierà, racconta Nicoli, battendosi in consiglio regionale per l'approvazione della caccia in deroga, cioè perché possano liberamente sparare a peppole, stornelli e fringuelli.

Non che abbia tempo di fare molto altro, nell'anno esatto in cui resta consigliere regionale. Berlusconi la vuole subito a Roma, nella segreteria di Palazzo Grazioli. Un mese dopo la nomina coordinatrice regionale di Forza Italia. Nel 2006 è eletta deputato. Poi, domenica 18 novembre 2007, in un'ora e mezzo organizza una folla in piazza San Babila per l'annuncio che Silvio ha deciso di fare, bruciando i tempi: la nascita del Popolo delle libertà. Da quel predellino il capo lancia anche lei, Mariastella, nel firmamento delle star del centrodestra.

Peccato che un anno e mezzo su una poltrona da sempre tra le più puntute in qualsiasi governo la facciano oggi sembrare più che altro una stella cadente. Rieletta nel 2008, Maria Star, come la chiama Luciana Littizzetto, è una delle quattro donne al governo. Per il Cavaliere è il pezzo più pregiato. Una volta al consiglio dei ministri sedette nella sedia del premier. " Ecco vedete ha già preso il mio posto", commentò Berlusconi ridendo. Se all'esterno ogni suo gesto sfocia in un corteo, con la burocrazia del ministero si muove in punta di piedi bene attenta a non pestare i calli a nesssuno. E si circonda di personaggi che, in un modo o nell'altro, le tornano utili. Tra i consulenti Alberto Albertini, reperto democristiano della sua Brescia, già al Cnr, personaggio passato attraverso molte grane giudiziarie. Come portavoce sceglie Massimo Zennaro, inizi con Marcello Dell'Utri poi con Tiziana Maiolo al Comune di Milano; qualche mese e lo promuove direttore generale della Direzione generale per lo studente del ministero. Un vero atto da Casta. Al suo fianco Giuseppe Pizza, sottosegretario, uno che conosce tutti gli ingranaggi e i pozzi avvelenati della politica romana, proprietario legale dello scudocrociato Dc. A darle un sostegno tecnico, i due forzisti presidenti delle commissioni parlamentari di riferimento, Valentina Aprea alla Camera e Guido Possa al Senato. A Roma le gira spesso intorno adorante Renato Farina, per il Sismi "l'agente Betulla", espulso dall'Ordine dei giornalisti, nel 2008 eletto deputato per il Pdl, Collegio Lombardia 2. Tra quelli che non inviterebbero Mariastella al ballo della scuola Giulio Tremonti (anche se quando lui taglia i fondi, lei sbatte i tacchi e decurta i docenti) e Denis Verdini (lui scherzoso le dice davanti a tutti che è sexy, lei, che non trova la cosa appropriata al suo rango, si sforza di sorridere, Verdini è potente e lei lo sa bene).

Roma le ha cambiato il taglio di capelli, dal parrucchiere delle dive Roberto D'Antonio accanto a Montecitorio, ma non l'approccio circospetto, il talento di evitare rogne. Se Renato Brunetta si tuffa appena intravede una polemica, Gelmini fugge borbottando che "non si fa così": a giugno alla contestata presentazione di un libro di Mario Giordano alla Mondadori di piazza Duomo, a luglio quando in una sua conferenza stampa irruppe il senatore Idv Stefano Pedica. Non si nega invece, il ministro Gelmini, dove sa che il parterre è tutto per lei: al campus biomedico di Trigoria presso Roma, Opera apostolica della Prelatura dell'Opus Dei, come al Meeting di Rimini di Cl, dove per tre giorni interi è stata la gemella siamese di Formigoni.
Dovevano scambiarsi le poltrone, i due: lei alla presidenza della Regione, lui al ministero dell'Istruzione: ma è stata proprio lei, un giorno prima di Berlusconi, a dichiarare che Formigoni è e resta l'unico candidato, certo e indiscutibile, alla Regione. In fondo si somigliano, lei e l'ex vergine del Pirellone: in entrambi amabilmente coesistono l'anima crociata e quella mondana, nel senso di uso di mondo, lui con quelle sue giacche arancione, lei con quel bikini con il quale cui a Positano l'ha immortalata "Chi", settimanale della real casa d'Arcore, titolo "In piscina zero in condotta" arpionata con un bacio hard al nuovo fidanzato Giorgio Patelli: 51 anni, geologo, dieci anni fa all'assessorato all'Ambiente della Lombardia, poi immobiliarista, oggi anche imprenditore edile, un bellone ben diverso dal tipo Hulk alla Romele.

Prudente sì, ingrata no, Mariastella. A giugno, provinciali di Brescia, si batté invano fino allo spasimo perché alla Presidenza fosse candidato il suddetto Romele e sembrava profilarsi uno scontro con Viviana Beccalossi di An. "Diciamo la verità, tu vuoi piazzare il tuo ex fidanzato", la azzannò Ignazio La Russa. Lei, piccata, replicò: "Almeno, di me si sa".

 
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Ragazzi, volete il successo? Dovete studiare! di Barack Obama (Da "La Stampa" 8 -09-09)

Post n°44 pubblicato il 08 Settembre 2009 da TizianaSegalini

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So che per molti di voi questo è il primo giorno di scuola. E per chi è all’asilo o all’inizio delle medie o delle superiori è l’inizio di una nuova scuola, così un minimo di nervosismo è comprensibile.

Immagino che tra voi ci siano dei veterani a cui manca solo un anno per concludere gli studi e quindi contenti. E, non importa a quale classe siate iscritti, qualcuno tra voi probabilmente sta pensando con nostalgia all’estate e rimpiange di non aver potuto dormire un po’ di più stamattina. So cosa vuol dire. Quando ero giovane la mia famiglia visse in Indonesia per qualche anno e mia madre non aveva abbastanza denaro per mandarmi alla scuola che frequentavano tutti i ragazzini americani. Così decise di darmi lei stessa delle lezioni extra, dal lunedì al venerdì alle 4,30 di mattina. Ora, io non ero proprio felice di alzarmi così presto. Il più delle volte mi addormentavo al tavolo della cucina. Ma ogni volta quando mi lamentavo mia madre mi dava un’occhiata delle sue e diceva: «Anche per me non è un picnic, ragazzo».

Ora, io ho fatto un sacco di discorsi sull’istruzione. E ho molto parlato di responsabilità. Della responsabilità degli insegnanti che devono motivarvi all’apprendimento e ispirarvi. Della responsabilità dei genitori che devono tenervi sulla giusta via e farvi fare i compiti e non lasciarvi passare la giornata davanti alla tv. Ho parlato della responsabilità del governo che deve fissare standard adeguati, dare sostegno agli insegnanti e togliere di mezzo le scuole che non funzionano, dove i ragazzi non hanno le opportunità che meritano. Ma alla fine noi possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire.

Questo è quello che voglio sottolineare oggi: la responsabilità di ciascuno di voi nella vostra educazione. Parto da quella che avete nei confronti di voi stessi. Ognuno di voi sa far bene qualcosa, ha qualcosa da offrire. Avete la responsabilità di scoprirlo. Questa è l’opportunità offerta dall’istruzione. Magari sapete scrivere bene, abbastanza bene per diventare autori di un libro o giornalisti, ma per saperlo dovete scrivere qualcosa per la vostra classe d’inglese. Oppure avete la vocazione dell’innovatore o dell’inventore, magari tanto da saper mettere a punto il prossimo i Phone o una nuova medicina o un vaccino, ma non potete saperlo fino a quando non farete un progetto per la vostra classe di scienze.

Oppure potreste diventare un sindaco o un senatore o un giudice della Corte suprema ma lo scoprirete solo se parteciperete a un dibattito studentesco. Non è solo importante per voi e per il vostro futuro. Che cosa farete della vostra possibilità di ricevere un’istruzione deciderà il futuro di questo Paese, nulla di meno. Ciò che oggi imparate a scuola domani sarà decisivo per decidere se noi come nazione sapremo raccogliere le sfide che ci riserva il futuro. Avrete bisogno della conoscenza e della capacità di risolvere i problemi che imparate con le scienze e la matematica per curare malattie come il cancro e l’Aids e per sviluppare nuove tecnologie ed energie e proteggere l’ambiente. Avrete bisogno delle capacità di analisi e di critica che si ottengono con lo studio della storia e delle scienze sociali per combattere la povertà e il disagio, il crimine e la discriminazione e rendere la nostra nazione più corretta e più libera.

Vi occorreranno la creatività e l’ingegno che vengono coltivati in tutti i corsi di studio per fondare nuove imprese che creeranno posti di lavoro e faranno fiorire l’economia. So che non è sempre facile far bene a scuola. So che molti di voi devono affrontare sfide tali da rendere difficile concentrarsi sui compiti e sull’apprendimento.

Mi è successo, so com’è. Mio padre lasciò la famiglia quando avevo due anni e sono stato allevato da una madre single che lottava ogni girono per pagare i conti e non sempre riusciva a darci quello che avevano gli altri ragazzi. Spesso sentivo la mancanza di mio padre. A volte mi sentivo solo e pensavo che non ce l’avrei fatta. Non ero sempre così concentrato come avrei dovuto.

Ho fatto cose di cui non vado fiero e sono finito nei guai. E la mia vita avrebbe potuto facilmente prendere una brutta piega.

Ma sono stato fortunato. Ho avuto un sacco di seconde possibilità e l’opportunità di andare al college e alla scuola di legge e seguire i miei sogni. Qualcuno di voi potrebbe non godere di questi vantaggi. Può essere che nella vostra vita non ci siano adulti che vi appoggiano quanto avete bisogno. Magari nelle vostre famiglie qualcuno ha perso il lavoro e il denaro manca. O vivete in un quartiere poco sicuro, o avete amici che cercano di convincervi a fare cose sbagliate. Ma, alla fine dei conti, le circostanze della vostra vita - il vostro aspetto, le vostre origini, la vostra condizione economica e familiare - non sono una scusa per trascurare i compiti o avere un atteggiamento negativo. Non ci sono scuse per rispondere male al proprio insegnante, o saltare le lezioni, o smettere di andare a scuola. Non c’è scusa per chi non ci prova.

Il vostro obiettivo può essere molto semplice: fare tutti i compiti, fare attenzione a lezione o leggere ogni giorno qualche pagina di un libro. Potreste decidere di intraprendere qualche attività extracurricolare o fare del volontariato. Potreste decidere di difendere i ragazzi che vengono presi in giro o che sono vittime di atti di bullismo per via del loro aspetto o delle loro origini perché, come me, credete che tutti i bambini abbiano diritto a un ambiente sicuro per studiare e imparare. Potreste decidere di avere più cura di voi stessi per rendere di più e imparare meglio.

E in tutto questo, spero vi laviate molto le mani e ve ne stiate a casa se non state bene in modo da evitare il più possibile il contagio dell’influenza quest’inverno. Qualunque cosa facciate voglio che vi ci dedichiate. So che a volte la tv vi dà l’impressione di poter diventare ricchi e famosi senza dover davvero lavorare, diventando una star del basket o un rapper, o protagonista di un reality. Ma è poco probabile, la verità è che il successo è duro da conquistare.

Non vi piacerà tutto quello che studiate. Non farete amicizia con tutti i professori. Non tutti i compiti vi sembreranno così fondamentali. E non avrete necessariamente successo al primo tentativo. È giusto così. Alcune tra le persone di maggior successo nel mondo hanno collezionato i più enormi fallimenti. Il primo Harry Potter di JK Rowling è stato rifiutato dodici volte prima di essere finalmente pubblicato. Michael Jordan fu espulso dalla squadra di basket alle superiori e perse centinaia di incontri e mancò migliaia di canestri durante la sua carriera. Ma una volta disse: «Ho fallito più e più volte nella mia vita. Ecco perché ce l’ho fatta».

Nessuno è nato capace di fare le cose, si impara sgobbando. Non sei mai un grande atleta la prima volta che tenti un nuovo sport. Non azzecchi mai ogni nota la prima volta che canti una canzone. Occorre fare esercizio. Con la scuola è lo stesso. Può capitare di dover fare e rifare un esercizio di matematica prima di risolverlo o di dover leggere e rileggere qualcosa prima di capirlo, o dover scrivere e riscrivere qualcosa prima che vada bene. La storia dell’America non è stata fatta da gente che ha lasciato perdere quando il gioco si faceva duro ma da chi è andato avanti, ci ha provato di nuovo e con più impegno e ha amato troppo il proprio Paese per fare qualcosa di meno che il proprio meglio.

È la storia degli studenti che sedevano ai vostri posti 250 anni fa e fecero una rivoluzione per fondare questa nazione. Di quelli che sedevano al vostro posto 75 anni fa e superarono la Depressione e vinsero una guerra mondiale. Che combatterono per i diritti civili e mandarono un uomo sulla Luna. Di quelli che sedevano al vostro posto 20 anni fa e hanno creato Google, Twitter e Facebook cambiando il modo di comunicare.

Così, vi chiedo, quale sarà il vostro contributo? Quali problemi risolverete? Quali scoperte farete? Il presidente che verrà di qui a 20, 50 o 100 anni cosa dirà che avrete fatto per questo Paese? Le vostre famiglie, i vostri insegnanti e io stiamo facendo di tutto per fare sì che voi abbiate l’istruzione necessaria per saper rispondere a queste domande. Mi sto dando da fare per garantirvi classi e libri e accessori e computer, tutto il necessario al vostro apprendimento. Ma anche voi dovete fare la vostra parte. Quindi da voi quest’anno mi aspetto serietà. Mi aspetto il massimo dell’impegno in qualsiasi cosa facciate. Mi aspetto grandi cose, da ognuno di voi. Quindi non deludeteci, non deludete le vostre famiglie, il vostro Paese e voi stessi. Rendeteci orgogliosi di voi. So che potete farlo.

Questo è un estratto del discorso di saluto che il presidente Barack Obama farà agli studenti americani per l’apertura dell’anno scolastico. Oggi sarà trasmesso in tv alle 12.

 
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