Solo contro tutti

Isteria e maleducazione


Riflessione finale sul caso-Nedved e sul reclamo della Juventus colato a picco e respinto al mittente dalla Disciplinare con la conferma delle 5 giornate di squalifica per l’espulsione, con pestone all’arbitro Farina, in Genoa-Juventus 1-1. Ribadito che le 5 giornate erano apparse subito una sanzione non certo severa, ma blanda, e che le colpe dell’assatanato ex “Pallone d’Oro” erano di un’evidenza solare (rosso diretto per entrata assassina sulle caviglie di Bega dopo precedente cartellino giallo; proteste isteriche, forsennate e reiterate accompagnate da un pestone al piede dell’arbitro; insulti ripetuti e plateali; l’aggravante di portare la fascia di capitano al braccio), è il caso di mettere a fuoco un aspetto rimasto a lungo in secondo piano e che invece ci sembra centrale: un aspetto che va oltre il computo aritmetico delle giornate di squalifica, e che non riguarda solo Nedved, ma coinvolge la Juventus e persino il mondo dell’informazione sportiva.         Perché la cosa più raccapricciante, nel fumettone-Nedved, è stata l’assenza – assoluta - di una parola semplice ma essenziale: scuse. Non si è scusato Nedved per l’ignobile sceneggiata allestita a Marassi (detto en passant: ignobile sarebbe rimasta anche senza il pestone); non si è scusata la Juventus per il comportamento vergognoso tenuto dal suo capitano; ma a dirla tutta non si sono distinti nemmeno i mass media nello stigmatizzare questa clamorosa caduta di stile che partendo dal giocatore ceco ha finito per travolgere tutti.                      Dicevamo: Nedved non ha sentito il bisogno di chiedere scusa dopo l’entrata spezza-caviglie su Bega e non ha sentito il bisogno di chiedere scusa nemmeno all’arbitro, e alla gente, per la sceneggiata invereconda sfoderata al momento dell’espulsione. Anzi, spalleggiato da manager, dirigenti, tifosi e giornali amici ha fatto sapere che “se questo è il modo di far politica nel calcio” (testuale!), lui potrebbe anche decidere di appendere le scarpe al chiodo.                 La Juventus, dal presidente Cobolli Gigli per finire a De Ceglie, si è ricoperta di ridicolo scattando compatta a difesa dell’indifendibile campione ceco senza neanche aspettare le decisioni del giudice sportivo e senza pronunciare una sola parola di rimprovero, o di critica, verso il suo capitano, ormai non più sull’orlo di una crisi di nervi, ma finito oltre. Perché Nedved, lo ripetiamo, è un vero e proprio caso di Dr. Jeckyll & Mr. Hide applicato al calcio: da un lato campione straordinario, dall’altro forsennato distributore di calcioni, talmente incapace di porsi un freno da saltare una finale di Champions League (Manchester 2003) per un giallo idiota rimediato, nel modo più inutile, a semifinale vinta col Real Madrid a Torino, per il puro istinto di randellare un avversario a centrocampo.                     E poi, i giornali e le tivù, pubbliche e private. Alzi la mano chi ricorda un pezzo, o un servizio, di condanna morale del comportamento tenuto da Nedved e dalla Juventus. Tolto Candido Cannavò, che nella sua rubrica “Fatemi capire” sulla Gazzetta è riuscito a toccare il cuore del problema, è stato tutto un disquisire sui due fondamentali temi: A) Gli arbitri ce l’hanno con la Juventus? B) Le 5 giornate a Nedved sono la prova di questa persecuzione? Mamma mia, come siamo caduti in basso!                                     Sia chiaro: di giocatori che commettono sciocchezze anche più gravi di quella commessa da Nedved ne abbiamo visti a bizzeffe. Per fare un paio di esempi: chi non ricorda Zampagna che un anno fa, con la maglia del Messina, protestò a lungo, e in malo modo, con l’arbitro Banti, commettendo l’errore di accennare il gesto della testata? Zampagna venne squalificato per 4 giornate, ma la sera stessa del fattaccio fece il giro di tutte le tivù, e di tutti i programmi sportivi, per dire che aveva sbagliato, che non voleva e che chiedeva scusa. E negli spogliatoi, un minuto dopo il fischio finale, aveva già chiesto scusa all’arbitro. E chi ha dimenticato Soviero, oggi al Crotone, che tre anni or sono perse la testa dopo un’espulsione in Messina-Venezia (lui giocava nel Venezia) e scatenò una gigantesca rissa da saloon prendendo a cazzotti chiunque gli capitasse a tiro dapprima nei pressi della panchina messinese, poi davanti al sottopassaggio? Il giudice sportivo lo fermò per 8 mesi, ma quella sera Soviero si collegò da San Benedetto con “Controcampo” e spiegò perché avesse perso il controllo, che cosa gli era passato per la testa e soprattutto disse al mondo che era dispiaciuto, che si vergognava per suo figlio e che si scusava. Con tutti.                          Perché alla fine, la sola cosa che veramente conta è una, chiedere scusa. Tutti possono sbagliare: basta ammetterlo. E insomma: che il giudice abbia dato 5 giornate a Nedved, che potesse dargliene 3 o magari 8, non ha proprio nessuna importanza. Nedved avrebbe potuto fare di peggio, per esempio dare a Farina un calcio nel sedere: ma se avesse accompagnato il tutto con una scusa, piccola e sincera, sul suo raptus avrebbe fatto scudo la compresione umana, che nessuno gli avrebbe rifiutato.            Invece, due settimane sono trascorse dalla crisi isterica di Genova e non c’è traccia di scuse di Nedved, non c’è traccia di scuse della Juventus e – cosa più grave - c’è un vuoto di comunicazione pauroso: nessuno ha fatto notare che il vero dramma non è essere colpiti da 5 giornate di squalifica, ma fare la figura degli arroganti. Dei maleducati.                 Ma è così che vanno le cose. Come diceva quello: venghino signori venghino! Benvenuti nel campionato dei cafoni! (Paolo Ziliani)