Transmission

Fucked Up - David Comes To Life


 Una sorta di combat-punk-rock anthemico, di ascendenza hardcore ma più melodico. Le caratteristiche sono quelle: ritmica serrata, batteria onnipresente, velocità, assoli contenuti, riff granitici e stratificati, urlacci. Tutto l'armamentario consueto. Non sarebbe nemmeno male, non fosse per le urla insopportabili dell'orrido Abraham (nella foto: chiedo scusa, spero abbiate pranzato già da un po'). Gusto personale, eh: l'hardcore m'è sempre stato sulle palle. Quanto ai contenuti testuali, se ne parla (udite, udite) come di un concept: la storia di un proletario sfigato, ingiustamente accusato dell'omicidio della ragazza di cui s'era innamorato. Eh. Tutto bene. Forse bisognerebbe sussurrarlo nell'orecchio a questi ragazzacci di Toronto che lo storione del roc in tutti questi anni ha proseguito il suo corso, ansa dopo ansa, scendendo verso il mare, e sul cammino ha deposto millemila uova, dischiuse nel corso del tempo in tendenze, mode, correnti effimere come efemere e tutto quel che ne segue, gruppi gruppetti supergruppi e grunge, hip hop, trip hop, idm, indietronica, post-rock, ante-rock, anti-rock eccetera. Perché qui sembra che la guerra non sia ancora finita. Si spara con i fucili scarichi contro ombre, facendo il verso con la bocca, pum pum pum, e la faccia cattiva e i denti digrignati.
Va bene la canzonetta simil punk (stiamo generici, vah), va ancora bene, ancorché out of time, va bene se c'è sotto la melodietta canaglia che ti fa canticchiare a bocca chiusa, va bene l'andrenalina (oh signur) se c'è magari una voce all'altezza e ogni tanto una svisata di fantasia, chessò, un no use for a name o lagwagon (abbiate pietà, i primi che mi vengono in mente); e poi i pezzi brevi, un-due-tre-quattro finito, massimo tre minuti e non più: è quasi una regola. Ma qui siamo di fronte a diciotto (18, dico 18) tracce quasi tutte sopra i quattro minuti (per un totale di oltre settanta), indistinguibili o quasi l'una dall'altra: s'arriva a desiderare che la vocetta mielosa di Sandy Miranda (alias Mustard Gas) in The other shoe, possa sostituire (dare tregua) ogni tanto (a) Abraham (e all'ascoltatore), frastuono e caramello, chessò, ma non è così. Ho faticato da bestia per arrivare in fondo all'album: smarrona di brutto. E' un disco mammuth da sadici per masochisti, tacchi a spillo, stivali lucenti con punta di ferro e fucked up, per l'appunto, a tutto volume. Enjoy it se vi pare e piace. Del resto, pare sia piaciuto a parecchi, quasi a tutti. Come la mettiamo. C'è chi addirittura tira in ballo Clash e Husker du: ma dico, scherziamo? Riascoltate tutto Zen Arcade in ginocchio sui ceci, poi tornate a trovarmi. Nel frattempo ridatemi Bob Mould dei tempi d'oro, e Janie Jones overloud da far bruciare le casse.