Transmission

Maria Antonietta / Brunori SAS


 Maria Antonietta.Maria Antonietta, venticinquenne, ex cantante degli Young Wrists, ha i numeri e il talento. Lo si era già intuito nell'ep d'esordio, cantato in inglese e tutto acustico (salvo una breve coda grezza in I'm not cleaver), Marie Antoinette wants to suck your young blood, col quale ho provato sintonia sin dal primo ascolto.La conferma arriva puntuale con questo album d'esordio, omonimo, nel quale italianizza nome (d'arte) e idioma. Prodotto da Dario Brunori, che è pure presente con la chitarra acustica in vari brani, è un albumetto (meno di mezz'ora di musica) che non ha certo pretese di capolavoro ma comunica, parla, è vivo e incastra i pezzetti di cui è composto in modo esatto, compone un quadro verosimile e godibile e in alcuni episodi spacca di brutto (Con gli occhiali da sole e Quanto eri bello su tutti, vere hit potenziali, nient'affato levigate e pure di gran presa). Trovo che la forma dell'album sia una volta di più il suo contenuto: la voce sgraziata, la pronuncia palesemente artefatta, come di chi si producesse in espressioni buffe o finto incazzose, il rockettino grezzo che spunta qua e là e che rimanda a quella 'attitudine punk' (ma ci si crede ancora?) di cui parla la stessa M.A. sul sito, i testi zeppi di cose in fondo ovvie ma pure raccontati con piglio rabbioso. Rende l'idea di una condizione giovane, senza alcuna pretesa generazionale, fatta di disorientamento e disadattamento (la mia incapacità di accettare la realtà), falsi miti, sigarette e sballi, testa vuota e mal di testa, aspirine e martini cocktail, cinismo, indifferenza, sesso e solitudine. E' un esperimento riuscito, checché se ne dica. Ritorna un'immagine di rock adolescenziale (che altro è mai il rock, del resto, se non un gioco prettamente adolescenziale?), scatta una polaroid sgranata e grezza e merita, lo scrivo senza timore alcuno, rispetto e attenzione. Oltre ai due già citati, i pezzi migliori sono l'intro acustica, sguaiatissima (Questa è la mia festa), che culmina in una sorta di grido di disperata indifferenza, la ballata Saliva e certi microinserti incazzosissimi quali Stanca o Tu sei la verità non io.Brunori SAS - Poveri CristiBeh, l'ho tirato in ballo con Maria Antonietta e quindi vale la pena di rimettere in circolo il bel disco di Brunori SAS, uscito l'anno passato. Ciò che mi piace di Brunori è l'arrangiamento sobrio: parecchia chitarra acustica, un filo di fiati, coro di voce femminile (notevole), quel po' di batteria, qualche arco ben calibrato (per esempio in Bruno mio dove sei e Una domenica notte) e la sua voce rauca e indolente. Poi la scrittura decisamente narrativa: non è uno che si perda in poetume, esattamente come piace a me. Ed è generoso, si butta in storie di poveri cristi che sono a un soffio dal kitsch o dallo stereotipo, ma restano un passo indietro e tengono. Alcune scaldano il cuore, altre fanno male, sovente scatta l'immedesimazione. Se la gioca spesso sulla voce: il modo di porgerla, quel filo di ironia che gli permette di raccontare con leggerezza storie che restano, in fondo, amare. Tentati suicidi, morti, disoccupazione, amori andati a male, tradimenti di amici, infedeltà coniugale, alcolismo. Non ha paura di addentrarsi in questo campo minato e ne esce bene, a testa alta. E' uno di quegli autori che sanno stare vicini ai propri personaggi, non li deridono, li osservano e li raccontano come se li conoscessero a fondo e ne fossero in qualche modo partecipi, generando immediatamente empatia.Il disco conta anche la partecipazione di Dente, in Il suo sorriso