Transmission

Angel Olsen - Burn Your Fire For No Witness


 
 Pollice levato: La cosa davvero notevole di Burn Your Fire For No Witness è la messa in discussione della vera natura della canzone triste. Le canzoni di questo disco non mettono in scena lo spettacolo della tristezza. Sembrano non richiedere la presenza di un pubblico per creare significato; sono la pura espressione delle emozioni dell'interprete. Ad un primo livello, fanno ciò che ci si aspetta da loro, aggiungono senso al dolore e alla perdita. Su un altro piano, non cercano una catarsi o una connessione con questa tristezza, non quanto cerchino, invece, di spazzarla via. In quest'opera brillante, Olsen non è la voce rotta della guarigione. E' la voce stessa, nella sua potenza e bellezza, con parole attente che formano e affilano, a costituire il vero punto di rottura, la rottura che permette di lasciarsi le cose alle spalle. (PopMatters) Esercizio critico: Se c'è una critica da fare a questo ritorno di Angel Olsen, è che la seconda parte del disco perde per strada parte dell'enfasi accumulata nella prima. Iota, ad esempio, è bellezza ottenuta col minimo sforzo, ma difetta del senso proprio delle migliori tracce dell'album. Enemy suona come non fosse del tutto finita, con la voce suadente di Olsen a tenere assieme tutto quanto. (Music OMH) Opinioni di cui si può far senza: Troppe esagerazioni in rete su questo (per altro, buon) disco di Angel Olsen. Comprendo il desiderio di scovare la nuova Patti Smith, PJ Harvey, Cat Power, Feist e compagnia, ma non mi pare sia il caso, o non lo sia ancora, quantomeno. La Olsen ha i numeri, certamente, ma il risultato non è tale da gridare al miracolo. Un paio di pezzi ben al di sopra della media (Forgiven/Forgotten e soprattutto la bellissima e riverberata Hi-Five), diverse notevoli ballate elettriche, ma pure un brusco calo di intensità nella parte finale del disco, che fa scivolare verso la chiusura senza grandi sussulti. Siamo dalle parti, se volete, di Torres o di Sharon Van Etten (strombazzatissima, quest'ultima). La Olsen, mio parere, ha una marcia in più rispetto ad entrambe grazie alla qualità della voce, tanto che anche quando rallenta il tiro, non annoia.