Transmission

Duemila-e-dieci, la classifichina!


 Non potevo farvi mancare, pur con il consueto ritardo, la classifichina dei miei dischi preferiti del 2010. Di alcuni ho già parlato sul blog, di altri non ho ancora avuto modo né tempo, né probabilmente mai ne avrò. Sono in rigoroso ordine alfabetico. Se proprio ne dovessi scegliere uno, il disco del 2010, direi Black Keys. Per numero di ascolti e per divertimento procurato è di un'incollatura avanti agli altri.E' una classifica in divenire, ognimodo. Ho ancora un sacco di arretrati da ascoltare e di conseguenza riaggiornerò la top ten più avanti nel corso dell'anno. A oggi, questi sono i dischi che mi sono piaciuti di più, tra tutti quelli ascoltati e usciti nel 2010.
Apriamo con Drew Andrews, chitarrista di San Diego degli Album Leaf, il cui esordio solistico è una perlina di arpeggi psichedelici che non ha ricevuto l'attenzione che meriterebbe. Ne ho parlato qui, se può interessare.  
Sam Amidon è figlio d'arte (i suoi genitori sono apprezzati musicisti folk) e viene dal Vermont, USA. Per registrare questo suo secondo album, I see the Sign, si trasferisce in Islanda (come già per l'esordio), alla Bedroom Community, e sotto l'ala protettrice di Valgeir Sigurðsson sforna un gioiellino folk di cui dovrò per forza di cose tornare a parlarvi. 
Altro esordio fragoroso è quello degli Avi Buffalo, sui quali ho già dato. Band di ragazzini californiani guidati dal genietto Avigdor Zahner-Isenberg, con un gran futuro avanti a loro.  
Questo è un album dei Black Keys, il nome di quest'album è Brothers ed è un capolavoro di blues, soul e funk. C'è altro da aggiungere? Beh, in caso leggete qui.  
Broadcast 2000, alias Joe Steer e i suoi campanellini: un altro esordio coi fiocchi.
Grinderman 2: nessun paragone col Cave che fu, please, ma questo ritorno di fiamma di Nick-il-tenebroso (che ha un posticino tutto suo nel mio quore) lo trovo convincente e avvincente. Un bel modo di invecchiare.  
Jamie Lidell, Compass, un album sorprendente: soul mescolato con pasta abrasiva. Aperture zuccherine (ma di classe) su cui è incisa tutta una serie di graffi, graffioni, graffietti, pot-pourri cacofonico di disturbo. Non immediatissimo, ma una volta fatta breccia va fino in fondo. Divertentissimissimo. 
Meshell Ndegeocello, nome che vi sfido a pronunciare, se ne è uscita intorno a Marzo con l'album Devil's Halo, di cui in pochi si sono accorti (in Italia, il Mucchio e poco altro). Vero peccato. La sua musica è un mix di generi, soul, funk, dub, che s'appoggia su una voce alla Sade (dio mi perdoni il paragone) interrotta da improvvise esplosioni elettriche (dio continui a perdonarmi). Sciccoloso, imperdibile. 
Non sono tra quelli che rimpiangono la Newsom dell'esordio: la sua voce, su quell'album, m'è sempre sembrata un'unghia che gratta una lavagna. Monocorde, al limite della noia, la musica. Qui invece tutt'altra storia: un album, Have One on Me, di liriche ispirate e musica tenera come lo spezzatino. Un cd che non mi stancherò mai di riascoltare, nel chiuso della mia stanzetta notturna, con li occhi pieni di lagrime. Uh! Easy! 
These New Puritans, Hidden, oh, saranno pure trendy e poseurs (basta guardare quanto sono bellini e palliducci nelle foto), ma le chitarrone, i tamburoni, tutto quel ritmo, mi mandano in visibilio. Eccessivo. We want war!Sono fuori dalla top ten, ma non posso fare a meno di citare, a seguire: il disco di Robyn Hitchcock, Propellor Time, e lo splendido Wake up the nation di Paul Weller (due vecchi leoni più in forma che mai); citazione obbligata anche per due musiciste di grande valore, il bel concept di Anais Mitchell, Hadestown, e la rediviva Natalie Merchant, con il suo lungo, meritevole e letterario Leave Your Sleep, album che mi ha fatto compagnia per un bel po' di tempo. Mi ha confortato parecchio pure il terzo disco di Ryan Bingham, Junky Star, dopo le incertezze del secondo (deludente, rispetto alla folgore dell'esordio).Non ci sono dischi italiani, tra i primi dieci. Non mi pare che sia stato un grande anno, per le band nostrane. Tre dischi che mi sono comunque piaciuti parecchio sono Calibro 35 (di cui ricordo ancora lo splendido concerto di Febbraio al Magnolia), Samuel Katarro che ha fatto davvero un gran bel disco psichedelico e meriterebbe la notorietà internazionale, e il nuovo album dei Perturbazione. Cocente delusione l'ultimo dei Virginiana Miller, per i quali nutrivo un affetto rilevante.E' tutto, per il momento.