TrattatodiRoma2004

CAPITOLO UNO primo paragrafo


I.      IL TRATTATO – COSTITUZIONALE FRA DOTTRINA E POLITICA  1.      Considerazioni introduttiveLa natura sub specie juris del “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa”, approvato definitivamente dalla Convenzione nel giugno 2003 e firmato a Roma, dai Capi di Stato e di Governo, nell’ottobre dell’anno successivo[1], coinvolge l’interesse della dottrina giuridica, impegnata a sciogliere il nodo dell’appartenenza del documento alla famiglia dei Trattati internazionali o delle Costituzioni. Il Trattato – Costituzionale, così ribattezzato dai più[2], costituisce, nella visione internazionalistica, l’atto conclusivo delle negoziazioni concepite dalla Conferenza dei Governi degli Stati membri, che revisiona i trattati istitutivi, di cui, peraltro, è prevista formale abrogazione all’articolo IV – 437; mentre, da parte costituzionalistica, è verificabile che la rimodulazione qualitativa operata sulle fonti del diritto primario europeo elevi il documento a Costituzione. La questione in realtà, si accoda ai molteplici interrogativi che da anni, scaturiscono intorno alle finalità e agli sviluppi politici ed istituzionali del fenomeno dell’integrazione comunitaria. Dagli anni ’80 e soprattutto, in seguito alla firma del Trattato di Maastricht, gli ipotizzabili approdi politici e giuridici dell’Unione europea[3], che riguardarono in principio e in modo esclusivo, gli studi di diritto internazionale, hanno attirato l’attenzione dei costituzionalisti, che, sollecitati da una lettura comparatistica[4] sulle singolarità dei Trattati istitutivi, hanno iniziato un dibattito su come qualificare gli atti che hanno istituito l’inedita formazione politica europea, sebbene questa abbia costituito il principale motivo del lento inizio dei contributi accademici in Italia[5]. L’evoluzione dalle origini del sistema comunitario, che ha modificato nel tempo i rapporti tra questo e gli ordinamenti interni e internazionale, conosce più dimensioni[6]: una geografica, una dei rapporti e dei compiti delle sue istituzioni, ed una, realizzata dagli emendamenti ai Trattati di Roma, delle competenze esercitate, non più unicamente rivolte alla costruzione del mercato comune. Ancora, gli interventi della Corte di Giustizia hanno imposto lo sviluppo decisivo: il radicamento negli Stati membri dell’ordinamento giuridico della Comunità. Da queste evidenze, non è conseguente chiedersi se l’assetto ordinamentale dell’Unione europea possegga formalmente e sostanzialmente rango costituzionale[7]? L’esito della risposta traccia una biforcazione per le domande che da essa ne discendono. Sull’affermazione del “se” della costituzione europea si innestano le indagini sul “come”[8], vale a dire i fondamenti, i contenuti e i precetti fondamentali espressi, a cui si contrappongono le ben più numerose domande, che dipendono dalla negazione dell’ordine costituzionale europeo. Smentire la Costituzione europea significa sanzionarne l’inconcepibilità oppure concedere la possibilità che essa si esprima, ammettendo che possa realizzarsi in modo diverso dall’attuale organizzazione dei Trattati[9]? Ne esistono infine, le premesse di ordine politico e storico[10]? Il bivio così delineato da giuristi, filosofi, uomini di Stato ed osservatori degli eventi comunitari si interrompe davanti al nomen juris da assegnare al prodotto dei quasi due anni di lavoro dei Convenzionali, poiché l’accostamento tra fonti appartenenti da una parte, al diritto internazionale e dall’altra, al diritto costituzionale rende incerta la teoria generale su quale delle due s’imponga sull’altra.  L’ambiguità[11] della natura del “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa” viene non solo favorita dalla definizione che i membri della Convenzione hanno destinato per il frontespizio[12], ma anche per l’alterno modo di riferirsi a sé stesso che l’atto si riserva[13]: “Costituzione” nella prima, seconda e terza parte e “Trattato” nella quarta. Il nome concepito a Bruxelles ha fatto sì che ben presto, la dottrina s’ingegnasse in giudizi da esprimere su di esso: “ibrido”, che è l’aggettivo più ripetuto[14], “ancipite”[15], ma compaiono anche “ermafrodito”[16], “matrioska costituzionale”[17], “libro strenna”[18], “pipistrello istituzionale”[19] ,“trattato – passerella”[20] , testo dalla “natura anfibia”[21], e “monstreuse dizione”[22]. Come, infine, non ricordare il desiderio di Giuliano Amato che il frutto del parto Convenzionale fosse una femmina, una Costituzione, e non un maschio, cioè un Trattato[23]?