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IL SANTUARIO DI SAN ROMEDIO

Post n°63 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 

La pala d’altare raffigura San Romedio con l’orso nell’atto di guarire un indemoniato: lo stato di conservazione è buono perché le figure sono ancora ben leggibili. Il suo autore è L. M. Rotmayer pittore tedesco operante in Boemia alla fine del Seicento. Ammirata la tela, gli occhi si alzano oltre gli stucchi barocchi fino al timpano della piccola cupola, là dove si dispongono alcuni riquadri dipinti: nitido vi appare il santuario di San Romedio sulla sommità della roccia in fondo alla valle che si diparte da Sanzeno in valle di Non. Negli altri quadri s’individuano alcuni castelli anauni come Castel Thun di Vigo di Ton e Castel Bragher e poi altre immagini della valle del Noce. Guardandoli si può immaginare come era la valle nel 1700 e come era l’intero complesso di San Romedio all’inizio di quel secolo. Ma dove è questo completo ciclo pittorico sui miracoli di San Romedio e sui castelli anauni?

La risposta a questa domanda va cercata in Boemia, nella Repubblica Ceca. Visitando la cappella barocca dedicata a San Romedio nel castello di Choltice, palazzo della dinastia dei Thun ad un centinaio di chilometri ad est di Praga. Il grande edificio è poco distante da Pardubice, città di 95mila abitanti situata alla confluenza del fiume Chrudimka con l’Elba.

Ebbene, proprio nei riquadri sul soffitto della cappella del castello, un edificio settecentesco fuori dai circuiti turistici e pertanto scarsamente visitato, vi sono gli affreschi con raffigurate le vedute della valle di Non e dei suoi principali castelli. L’autore è Johan Steger di Augusta. Il mecenate che volle l’opera, fu Romedio Costantino Thun, nato proprio a Choltice nel 1641: la sua intenzione fu probabilmente quella di fissare nella chiesa di famiglia i luoghi di origine della dinastia segnalandone così l’antico lignaggio. Il pittore si avvalse con ogni probabilità di stampe dell’epoca ed in questo modo per tre secoli si è mantenuta pressochè intatta la raffigurazione di come era la valle di Non e l’eremo di San Romedio verso il quale i Thun hanno a lungo conservato una sorta di patronato.

Queste “cartoline dipinte” del Settecento, seppur bisognose di qualche restauro, commuovono per la loro precisione pur tenendo conto che l’intendimento dell’autore, in sintonia con il committente, era quello di raffigurare una natura bella, forse un po’ incantata. Resta però il quadro di insieme che non è privo di realismo soprattutto nella rappresentazione dei castelli e degli edifici. I Thun volevano far sapere a se stessi ed a quanti si raccoglievano nella chiesa di famiglia chi erano e da dove venivano. Si trovavano da un’ottantina d’anni in una terra che non era la loro, dove erano considerati dei conquistatori; dovevano pertanto ribadire una propria rispettabilità che andasse oltre i titoli nobiliari e la ricchezza. La strada per raggiungere questo risultato era dimostrare di apprezzare il bello ed ostentare le proprie origini. Come non approfittare quindi delle immagini della loro vallata e dei loro castelli più antichi? A benedire il tutto, lo si legge in un’iscrizione, venne dalla nobilissima Salisburgo il principe vescovo Giovanni Ernesto Thun che portò in dono nientemeno che la pala dell’altare con San Romedio guaritore. Era l’anno 1691. Quell’inaugurazione segnò la conclusione dei lavori e delle raffigurazioni: già era presente sull’altare della Madonna Ausiliatrice di Passau una pietà gotica che gli storici dell’arte della Boemia indicano come “gioiello dei Thun”. Davanti a quell’altare, a segnare il lungo periodo di accurata costruzione dell’intero complesso, era stata fondata nel 1674 la confraternita del Santo Rosario, che nel 1678 venne “dotata” dal Papa di indulgenze per quaranta giorni

Gli storici dell’arte praghesi, Z. Wirth e V. V. ·tech non hanno così esitato a definire la chiesa di San Romedio di Choltice come “uno dei più bei edifici del primo barocco in Boemia”.

A questo punto c’è da chiedersi: cosa ci facevano i Thun, originari della valle di Non, in Boemia nel Seicento e come mai erano così ricchi e potenti? Lo spieghiamo a parte, in queste stesse pagine. In questa fase va invece chiarito che il ramo di Choltice della famiglia Thun al momento della ricostruzione del castello e dell’edificazione della cappella di San Romedio si avviava verso l’apice della propria potenza.

Il feudo di Choltice era stato acquistato dall’imperatore Ferdinando II dal barone Cristoforo Simone Thun che da Castel Bragher, in valle di Non, era diventato siniscalco, ossia “maestro di casa” dell’imperatore Federico II d’Asburgo e che poi aveva combattuto nell’esercito di Ferdinando II nella battaglia della Montagna Bianca del 1620 quando, poco distante da Praga, gli imperiali sbaragliarono le forze dei feudatari boemi protestanti. Choltice era quindi un feudo che si era “liberato” per la cacciata o uccisione dei feudatari originari.

Fu quindi comperato da Cristoforo Simone assieme ai feudi di Decd'm e Klašterec. I tre figli maschi di Cristoforo Simone che non si erano dedicati alla vita sacerdotale divennero quindi i feudatari e conti dei tre feudi paterni dando origine così ai tre rami dei Thun di Boemia.

Choltice toccò così a Romedio Costantino che alla morte del padre aveva solo 5 anni. I suoi possedimenti vennero quindi amministrati dalla madre che risiedeva in permanenza nel lontano castello di Decd'm.

Privo delle cure necessarie e oggetto di scorrerie militari, il castello andò in rovina e quando Romedio Costantino divenne maggiorenne, e ne prese possesso, dovette riedificarlo. Fu così che venne eretta anche la chiesa di San Romedio con le immagini della valle di Non.

Una dinastia ricca e potente

Dal Seicento in poi, quella dei Thun è stata una dinastia potente, ricca ed onorata nel Regno di Boemia all’interno dell’Impero asburgico. La tradizione vuole che i Thun avessero 35 tra castelli e palazzi in tutto il territorio di cui dieci a Praga: di essi uno ospita attualmente l’Ambasciata d’Italia ed un altro quella d’Inghilterra. I Thun furono feudatari, imprenditori, uomini di Governo, prelati sempre in contatto con i loro “cugini” trentini che avevano mantenuto i loro feudi e la loro potenza.

Il quesito è: come, ed in che modo, i Thun arrivarono in Boemia dalla originaria valle di Non? La risposta completa all’interrogativo può venire solo dopo un esauriente studio degli sviluppi della dinastia, studio che non è mai stato completato e che forse potrebbe essere finalmente avviato. La presenza di un sistema democratico nella Repubblica Ceca consente ora infatti più agevoli contratti e ricerche d’archivio.

Bisogna pertanto al momento avvalersi solo di ricerche parziali seppure precise per i periodi a cui si riferiscono. In questa nota ci si è avvalsi del saggio di Vigilio Inama pubblicato in “Archivio trentino” del 1900 e della storia del castello di Choltice di Karel Kabelaã.

Vigilio Inama ricorda che la famiglia, anticamente chiamata Tunno poi Tuno, Tono ed infine Thun, possedeva già nel 1199 un feudo alla Rocchetta all’imbocco della Valle di Non, con un castello sovrastante la stretta forra del fiume Noce. I Thun crebbero via via in importanza ed in potere tanto da acquisire il controllo delle valli di Non e di Sole oltre ai castelli disseminati in quelle valli. Successive eredità, conclusioni di linee familiari e suddivisioni avevano portato alla fine del 1500 all’individuazione di quattro dinastie fondamentali. Si tratta della linea Castel Thun, linea Castel Bragher, linea Castel Caldes e linea di Castelfondo. Ed è proprio da quest’ultima che si diparte il ramo che arriva alla Boemia tramite il barone Cristoforo Simone Thun diventato poi conte nel 1629. Gli avvenimenti che favorirono il passaggio dei Thun dalla terra trentina alla Boemia vanno ricondotti all’avvio della Guerra dei Trent’anni ed alla battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620) combattuta presso Praga

Era in atto in quel periodo un’aspra lotta tra la nobiltà boema protestante contro l’imperatore Mattia d’Asburgo (1557-1619) al fine di ottenere tra l’altro l’autonomia e la libertà di culto. La situazione precipitò con la cosiddetta “defenestrazione di Praga”, quando il 23 maggio 1618 al castello di Praga i delegati dei nobili boemi gettarono dalla finestra i rappresentanti degli Asburgo inviati dall’imperatore Ferdinando II (1578-1637), il successore di Mattia. Quell’episodio segnò l’inizio della Guerra dei trent’anni che per ragioni religiose e di dominio insanguinò l’Europa. Dopo la “defenestrazione” si costituì la Lega cattolica guidata da Massimiliano di Baviera (1573-1651) per combattere il movimento protestante mentre i principi boemi non riconobbero più Ferdinando II d’Asburgo e nominarono proprio re Federico V (1596-1632). La battaglia decisiva tra Federico V assieme ai boemi contro la Lega cattolica avvenne 1’8 novembre 1620 nella piana della Montagna bianca poco distante da Praga

I boemi furono sconfitti, molti imprigionati e uccisi, confiscate le proprietà di quanti si erano ribellati. Federico II chiamò pertanto in quella regione i nobili a lui fedeli e provenienti da altre zone dell’Impero.

È qui che s’innesta la presenza dei Thun in quel territorio.

Nel suo saggio Inama racconta che nel 1597 dopo la morte di Sigismondo Thun, i tre figli divisero i possedimenti di famiglia. A Giovanni Cipriano toccò Castelfondo, mentre a Giorgio Sigismondo toccò Castel Bragher; il fratello minore Cristoforo Simone ebbe beni e possedimenti, ma nessun castello. Proprio Cristoforo Simone, si mise al servizio degli Asburgo entrando nella corte di Federico II e combattendo nell’esercito di Ferdinando II nella battaglia della Montagna Bianca del 1620. Fu così che tre anni dopo Cristoforo Simone comperò dall’imperatore vari feudi in Boemia tra cui quelli di Choltice, Dûãim e Klà‰terec oltre a quello di Hohenstein in Sassonia. Da quel momento la famiglia, diventata nel 1629 conti di Thun-Hohenstein, si insediò in Boemia ed in particolare a Dûãim, città attualmente presso il confine tra Repubblica Ceca e Germania.

Cristoforo Simone, pur diventato grande feudatario e proprietario terriero, non abbandonò le armi di ufficiale dell’esercito imperiale tanto che nel 1634 fu ferito combattendo nella battaglia di Nordlingen in Baviera. Morì l’anno successivo lasciando i suoi possedimenti al fratello Cipriano di Castelfondo. Costui si trasferì a Dûãim in Boemia portando con sé il figlio Giovanni Sigismondo nato a Castelfondo nel 1594 e padre di ben 13 figli avuti da tre mogli. Otto erano i maschi, i primi cinque avevano intrapreso la carriera ecclesiastica mentre i tre più giovani, alla morte del padre, diedero vita alle tre linee dinastiche dei Thun di Boemia. Massimiliano ebbe il castello ed i possedimenti di Dûãim, Michele Osvaldo ebbe Klà‰terec, mentre il più giovane Romedio Costantino ereditò Choltice.

Tra angioletti e tralci contorti

La chiesa di San Romedio, incorporata nell’ala sud del castello ed oggi adibita a chiesa parrocchiale, è un edificio a pianta ottagonale suddiviso all’interno da pilastri con scanalature qua e là interrotte da tralci contorti di vite e angioletti. I pilastri sopra l’imponente cornicione si trasformano in semicolonne con capitelli corinzi che reggono la cupola, che culmina in una lucerna rettangolare. Sul cornicione davanti alle semicolonne vi sono le statue dei santi Pietro e Paolo, dei quattro evangelisti e dei quattro dottori della Chiesa. Ciò fa apparire la cappella molto alta: in realtà misura 24,5 metri in altezza.

Sul soffitto della lucerna c’è un dipinto della SS. Trinità attorniato da quadri delle virtù di San Romedio. Sulle pareti della cupola vi sono 16 dipinti di personaggi dell’Antico Testamento, le cui iniziali formano la scritta: “En Romedius a Thaur”. Sotto di questi vi sono gli stemmi di alti dignitari ecclesiastici delle famiglie Thun e Salm. Proprio Salm era il cognone di Barbara, la moglie di Romedio Costantino Thun, il costruttore della chiesa. Sotto questi stemmi, fra le semicolonne, vi sono dieci quadri con scene della vita di San Romedio e della valle di Non. Tutti questi dipinti sono lavori del pittore Joan Steger di Augusta. Sotto il cornicione si trovano dieci finestre ellittiche; di queste, cinque sono murate e su di esse sono dipinti i luoghi significativi per la famiglia Thun.

Nei fianchi degli ingressi e delle finestre rettangolari si trovano le figure dei più rilevanti eresiarchi: Simon Mago, Ario, Lutero, Calvino, Mani, Nestorio, Girolamo da Praga e Jan Hus. Sotto le loro immagini sono collocati i medaglioni con i simboli delle opere e predicazioni che li hanno portati alla condanna. I portali degli ingressi hanno anse con gocce e, sopra, disegni geometrici che li ingrandiscono. Le pareti sono arricchite con stucchi plastici, ghirlande di frutta, elementi decorativi con uova e altri con perle, unicorni, ecc.

Sull’altare maggiore figura il quadro di San Romedio che guarisce un uomo posseduto dal demonio, opera di L. M. Rotmayer donata dall’arcivescovo Giovanni Ernesto Thun nel 1691. Su un lato è ricavato l’altare della Madonna Ausiliatrice di Passau, con il “gioello dei Thun”: la Pietà gotica; sull’altro lato si trova l’altare di San Giovanni Nepomuceno. La sagrestia è caratterizzata da una volta a botte abbassata con un dipinto con scene della vita di San Romedio e tutt’attorno dodici quadri degli apostoli, opera di K. Šréta.

Gli stucchi sono opera di Pietro Paolo Vago di Como che nel 1678 aveva ornato l’ingresso della chiesa e la balaustra. Con lui lavorano Jan Girol Aichner, Jakub Fimbrt, Antonio Navalone e Francisco Spazo. Inoltre hanno prestato la loro opera il pittore Steger, il pittore e incisore Jan Reyvola e l’intagliatore Jan Rainer.

Le immagini che trovate in queste pagine sono state scattate da Flavio Faganello nel 1988. In quell’anno una delegazione trentina si recò nell’allora Cecoslovacchia alla ricerca di nuova documentazione sull’Aquila di san Venceslao, stemma della Provincia autonoma di Trento. E incappò anche nella versione “ceca” di San Romedio...

Il castello di Choltice si trova ad un centinaio di chilometri ad est di Praga poco distante dalla città di Pardubice. Per raggiungerlo dalla capitale della Repubblica Ceca è necessario percorrere la statale 12 con direzione Kutnà Hora. Dopo 60 chilometri nel paese di Kolin è necessario lasciare la strada statale ed immettersi nella strada provinciale 322 verso Pardubice, percorrere 30 chilometri fino a Prelouç, proseguire per altri 5 chilometri fino al bivio di Valy dove è necessario immettersi nella strada provinciale 342 verso Hermanuv Mûstec: dopo 5 chilometri si è al bivio per Choltice.

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