IL SANTUARIO DI SAN ROMEDIO

Post n°63 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Foto di ElCid_TheKid

La pala d’altare raffigura San Romedio con l’orso nell’atto di guarire un indemoniato: lo stato di conservazione è buono perché le figure sono ancora ben leggibili. Il suo autore è L. M. Rotmayer pittore tedesco operante in Boemia alla fine del Seicento. Ammirata la tela, gli occhi si alzano oltre gli stucchi barocchi fino al timpano della piccola cupola, là dove si dispongono alcuni riquadri dipinti: nitido vi appare il santuario di San Romedio sulla sommità della roccia in fondo alla valle che si diparte da Sanzeno in valle di Non. Negli altri quadri s’individuano alcuni castelli anauni come Castel Thun di Vigo di Ton e Castel Bragher e poi altre immagini della valle del Noce. Guardandoli si può immaginare come era la valle nel 1700 e come era l’intero complesso di San Romedio all’inizio di quel secolo. Ma dove è questo completo ciclo pittorico sui miracoli di San Romedio e sui castelli anauni?

La risposta a questa domanda va cercata in Boemia, nella Repubblica Ceca. Visitando la cappella barocca dedicata a San Romedio nel castello di Choltice, palazzo della dinastia dei Thun ad un centinaio di chilometri ad est di Praga. Il grande edificio è poco distante da Pardubice, città di 95mila abitanti situata alla confluenza del fiume Chrudimka con l’Elba.

Ebbene, proprio nei riquadri sul soffitto della cappella del castello, un edificio settecentesco fuori dai circuiti turistici e pertanto scarsamente visitato, vi sono gli affreschi con raffigurate le vedute della valle di Non e dei suoi principali castelli. L’autore è Johan Steger di Augusta. Il mecenate che volle l’opera, fu Romedio Costantino Thun, nato proprio a Choltice nel 1641: la sua intenzione fu probabilmente quella di fissare nella chiesa di famiglia i luoghi di origine della dinastia segnalandone così l’antico lignaggio. Il pittore si avvalse con ogni probabilità di stampe dell’epoca ed in questo modo per tre secoli si è mantenuta pressochè intatta la raffigurazione di come era la valle di Non e l’eremo di San Romedio verso il quale i Thun hanno a lungo conservato una sorta di patronato.

Queste “cartoline dipinte” del Settecento, seppur bisognose di qualche restauro, commuovono per la loro precisione pur tenendo conto che l’intendimento dell’autore, in sintonia con il committente, era quello di raffigurare una natura bella, forse un po’ incantata. Resta però il quadro di insieme che non è privo di realismo soprattutto nella rappresentazione dei castelli e degli edifici. I Thun volevano far sapere a se stessi ed a quanti si raccoglievano nella chiesa di famiglia chi erano e da dove venivano. Si trovavano da un’ottantina d’anni in una terra che non era la loro, dove erano considerati dei conquistatori; dovevano pertanto ribadire una propria rispettabilità che andasse oltre i titoli nobiliari e la ricchezza. La strada per raggiungere questo risultato era dimostrare di apprezzare il bello ed ostentare le proprie origini. Come non approfittare quindi delle immagini della loro vallata e dei loro castelli più antichi? A benedire il tutto, lo si legge in un’iscrizione, venne dalla nobilissima Salisburgo il principe vescovo Giovanni Ernesto Thun che portò in dono nientemeno che la pala dell’altare con San Romedio guaritore. Era l’anno 1691. Quell’inaugurazione segnò la conclusione dei lavori e delle raffigurazioni: già era presente sull’altare della Madonna Ausiliatrice di Passau una pietà gotica che gli storici dell’arte della Boemia indicano come “gioiello dei Thun”. Davanti a quell’altare, a segnare il lungo periodo di accurata costruzione dell’intero complesso, era stata fondata nel 1674 la confraternita del Santo Rosario, che nel 1678 venne “dotata” dal Papa di indulgenze per quaranta giorni

Gli storici dell’arte praghesi, Z. Wirth e V. V. ·tech non hanno così esitato a definire la chiesa di San Romedio di Choltice come “uno dei più bei edifici del primo barocco in Boemia”.

A questo punto c’è da chiedersi: cosa ci facevano i Thun, originari della valle di Non, in Boemia nel Seicento e come mai erano così ricchi e potenti? Lo spieghiamo a parte, in queste stesse pagine. In questa fase va invece chiarito che il ramo di Choltice della famiglia Thun al momento della ricostruzione del castello e dell’edificazione della cappella di San Romedio si avviava verso l’apice della propria potenza.

Il feudo di Choltice era stato acquistato dall’imperatore Ferdinando II dal barone Cristoforo Simone Thun che da Castel Bragher, in valle di Non, era diventato siniscalco, ossia “maestro di casa” dell’imperatore Federico II d’Asburgo e che poi aveva combattuto nell’esercito di Ferdinando II nella battaglia della Montagna Bianca del 1620 quando, poco distante da Praga, gli imperiali sbaragliarono le forze dei feudatari boemi protestanti. Choltice era quindi un feudo che si era “liberato” per la cacciata o uccisione dei feudatari originari.

Fu quindi comperato da Cristoforo Simone assieme ai feudi di Decd'm e Klašterec. I tre figli maschi di Cristoforo Simone che non si erano dedicati alla vita sacerdotale divennero quindi i feudatari e conti dei tre feudi paterni dando origine così ai tre rami dei Thun di Boemia.

Choltice toccò così a Romedio Costantino che alla morte del padre aveva solo 5 anni. I suoi possedimenti vennero quindi amministrati dalla madre che risiedeva in permanenza nel lontano castello di Decd'm.

Privo delle cure necessarie e oggetto di scorrerie militari, il castello andò in rovina e quando Romedio Costantino divenne maggiorenne, e ne prese possesso, dovette riedificarlo. Fu così che venne eretta anche la chiesa di San Romedio con le immagini della valle di Non.

Una dinastia ricca e potente

Dal Seicento in poi, quella dei Thun è stata una dinastia potente, ricca ed onorata nel Regno di Boemia all’interno dell’Impero asburgico. La tradizione vuole che i Thun avessero 35 tra castelli e palazzi in tutto il territorio di cui dieci a Praga: di essi uno ospita attualmente l’Ambasciata d’Italia ed un altro quella d’Inghilterra. I Thun furono feudatari, imprenditori, uomini di Governo, prelati sempre in contatto con i loro “cugini” trentini che avevano mantenuto i loro feudi e la loro potenza.

Il quesito è: come, ed in che modo, i Thun arrivarono in Boemia dalla originaria valle di Non? La risposta completa all’interrogativo può venire solo dopo un esauriente studio degli sviluppi della dinastia, studio che non è mai stato completato e che forse potrebbe essere finalmente avviato. La presenza di un sistema democratico nella Repubblica Ceca consente ora infatti più agevoli contratti e ricerche d’archivio.

Bisogna pertanto al momento avvalersi solo di ricerche parziali seppure precise per i periodi a cui si riferiscono. In questa nota ci si è avvalsi del saggio di Vigilio Inama pubblicato in “Archivio trentino” del 1900 e della storia del castello di Choltice di Karel Kabelaã.

Vigilio Inama ricorda che la famiglia, anticamente chiamata Tunno poi Tuno, Tono ed infine Thun, possedeva già nel 1199 un feudo alla Rocchetta all’imbocco della Valle di Non, con un castello sovrastante la stretta forra del fiume Noce. I Thun crebbero via via in importanza ed in potere tanto da acquisire il controllo delle valli di Non e di Sole oltre ai castelli disseminati in quelle valli. Successive eredità, conclusioni di linee familiari e suddivisioni avevano portato alla fine del 1500 all’individuazione di quattro dinastie fondamentali. Si tratta della linea Castel Thun, linea Castel Bragher, linea Castel Caldes e linea di Castelfondo. Ed è proprio da quest’ultima che si diparte il ramo che arriva alla Boemia tramite il barone Cristoforo Simone Thun diventato poi conte nel 1629. Gli avvenimenti che favorirono il passaggio dei Thun dalla terra trentina alla Boemia vanno ricondotti all’avvio della Guerra dei Trent’anni ed alla battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620) combattuta presso Praga

Era in atto in quel periodo un’aspra lotta tra la nobiltà boema protestante contro l’imperatore Mattia d’Asburgo (1557-1619) al fine di ottenere tra l’altro l’autonomia e la libertà di culto. La situazione precipitò con la cosiddetta “defenestrazione di Praga”, quando il 23 maggio 1618 al castello di Praga i delegati dei nobili boemi gettarono dalla finestra i rappresentanti degli Asburgo inviati dall’imperatore Ferdinando II (1578-1637), il successore di Mattia. Quell’episodio segnò l’inizio della Guerra dei trent’anni che per ragioni religiose e di dominio insanguinò l’Europa. Dopo la “defenestrazione” si costituì la Lega cattolica guidata da Massimiliano di Baviera (1573-1651) per combattere il movimento protestante mentre i principi boemi non riconobbero più Ferdinando II d’Asburgo e nominarono proprio re Federico V (1596-1632). La battaglia decisiva tra Federico V assieme ai boemi contro la Lega cattolica avvenne 1’8 novembre 1620 nella piana della Montagna bianca poco distante da Praga

I boemi furono sconfitti, molti imprigionati e uccisi, confiscate le proprietà di quanti si erano ribellati. Federico II chiamò pertanto in quella regione i nobili a lui fedeli e provenienti da altre zone dell’Impero.

È qui che s’innesta la presenza dei Thun in quel territorio.

Nel suo saggio Inama racconta che nel 1597 dopo la morte di Sigismondo Thun, i tre figli divisero i possedimenti di famiglia. A Giovanni Cipriano toccò Castelfondo, mentre a Giorgio Sigismondo toccò Castel Bragher; il fratello minore Cristoforo Simone ebbe beni e possedimenti, ma nessun castello. Proprio Cristoforo Simone, si mise al servizio degli Asburgo entrando nella corte di Federico II e combattendo nell’esercito di Ferdinando II nella battaglia della Montagna Bianca del 1620. Fu così che tre anni dopo Cristoforo Simone comperò dall’imperatore vari feudi in Boemia tra cui quelli di Choltice, Dûãim e Klà‰terec oltre a quello di Hohenstein in Sassonia. Da quel momento la famiglia, diventata nel 1629 conti di Thun-Hohenstein, si insediò in Boemia ed in particolare a Dûãim, città attualmente presso il confine tra Repubblica Ceca e Germania.

Cristoforo Simone, pur diventato grande feudatario e proprietario terriero, non abbandonò le armi di ufficiale dell’esercito imperiale tanto che nel 1634 fu ferito combattendo nella battaglia di Nordlingen in Baviera. Morì l’anno successivo lasciando i suoi possedimenti al fratello Cipriano di Castelfondo. Costui si trasferì a Dûãim in Boemia portando con sé il figlio Giovanni Sigismondo nato a Castelfondo nel 1594 e padre di ben 13 figli avuti da tre mogli. Otto erano i maschi, i primi cinque avevano intrapreso la carriera ecclesiastica mentre i tre più giovani, alla morte del padre, diedero vita alle tre linee dinastiche dei Thun di Boemia. Massimiliano ebbe il castello ed i possedimenti di Dûãim, Michele Osvaldo ebbe Klà‰terec, mentre il più giovane Romedio Costantino ereditò Choltice.

Tra angioletti e tralci contorti

La chiesa di San Romedio, incorporata nell’ala sud del castello ed oggi adibita a chiesa parrocchiale, è un edificio a pianta ottagonale suddiviso all’interno da pilastri con scanalature qua e là interrotte da tralci contorti di vite e angioletti. I pilastri sopra l’imponente cornicione si trasformano in semicolonne con capitelli corinzi che reggono la cupola, che culmina in una lucerna rettangolare. Sul cornicione davanti alle semicolonne vi sono le statue dei santi Pietro e Paolo, dei quattro evangelisti e dei quattro dottori della Chiesa. Ciò fa apparire la cappella molto alta: in realtà misura 24,5 metri in altezza.

Sul soffitto della lucerna c’è un dipinto della SS. Trinità attorniato da quadri delle virtù di San Romedio. Sulle pareti della cupola vi sono 16 dipinti di personaggi dell’Antico Testamento, le cui iniziali formano la scritta: “En Romedius a Thaur”. Sotto di questi vi sono gli stemmi di alti dignitari ecclesiastici delle famiglie Thun e Salm. Proprio Salm era il cognone di Barbara, la moglie di Romedio Costantino Thun, il costruttore della chiesa. Sotto questi stemmi, fra le semicolonne, vi sono dieci quadri con scene della vita di San Romedio e della valle di Non. Tutti questi dipinti sono lavori del pittore Joan Steger di Augusta. Sotto il cornicione si trovano dieci finestre ellittiche; di queste, cinque sono murate e su di esse sono dipinti i luoghi significativi per la famiglia Thun.

Nei fianchi degli ingressi e delle finestre rettangolari si trovano le figure dei più rilevanti eresiarchi: Simon Mago, Ario, Lutero, Calvino, Mani, Nestorio, Girolamo da Praga e Jan Hus. Sotto le loro immagini sono collocati i medaglioni con i simboli delle opere e predicazioni che li hanno portati alla condanna. I portali degli ingressi hanno anse con gocce e, sopra, disegni geometrici che li ingrandiscono. Le pareti sono arricchite con stucchi plastici, ghirlande di frutta, elementi decorativi con uova e altri con perle, unicorni, ecc.

Sull’altare maggiore figura il quadro di San Romedio che guarisce un uomo posseduto dal demonio, opera di L. M. Rotmayer donata dall’arcivescovo Giovanni Ernesto Thun nel 1691. Su un lato è ricavato l’altare della Madonna Ausiliatrice di Passau, con il “gioello dei Thun”: la Pietà gotica; sull’altro lato si trova l’altare di San Giovanni Nepomuceno. La sagrestia è caratterizzata da una volta a botte abbassata con un dipinto con scene della vita di San Romedio e tutt’attorno dodici quadri degli apostoli, opera di K. Šréta.

Gli stucchi sono opera di Pietro Paolo Vago di Como che nel 1678 aveva ornato l’ingresso della chiesa e la balaustra. Con lui lavorano Jan Girol Aichner, Jakub Fimbrt, Antonio Navalone e Francisco Spazo. Inoltre hanno prestato la loro opera il pittore Steger, il pittore e incisore Jan Reyvola e l’intagliatore Jan Rainer.

Le immagini che trovate in queste pagine sono state scattate da Flavio Faganello nel 1988. In quell’anno una delegazione trentina si recò nell’allora Cecoslovacchia alla ricerca di nuova documentazione sull’Aquila di san Venceslao, stemma della Provincia autonoma di Trento. E incappò anche nella versione “ceca” di San Romedio...

Il castello di Choltice si trova ad un centinaio di chilometri ad est di Praga poco distante dalla città di Pardubice. Per raggiungerlo dalla capitale della Repubblica Ceca è necessario percorrere la statale 12 con direzione Kutnà Hora. Dopo 60 chilometri nel paese di Kolin è necessario lasciare la strada statale ed immettersi nella strada provinciale 322 verso Pardubice, percorrere 30 chilometri fino a Prelouç, proseguire per altri 5 chilometri fino al bivio di Valy dove è necessario immettersi nella strada provinciale 342 verso Hermanuv Mûstec: dopo 5 chilometri si è al bivio per Choltice.

 
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PERCORSI PER IL TREKKING

Post n°62 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 

Diamo i numeri del trekking in Trentino
· Numero totale sentieri: 832
· Km totali sentieri: 4.787
· Numero totale sentieri attrezzati/vie ferrate: 155
· Metri sentieri attrezzati: 21.553
· Numero Guide alpine: 166 iscritte all'Albo
· Numero laghi: 297
· Numero rifugi: 148 (104 alpini, 44 escursionistici).

 
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Ti dono..

Post n°61 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

 

Ti dono questi versi, perché se un giorno il mio nome approderà felicemente alle epoche lontane e farà sognare qualche sera i cervelli degli uomini, vascello assecondato da un gran vento,

il ricordo di te, pari alle vaghe favole, affatichi il lettore come un timpano, e resti appeso come un fraterno e mistico anello alle mie rime altere;

essere maledetto cui, dagli abissi profondi sino al più alto dei cieli, nulla all'infuori di me risponde! O tu, che come un'ombra dall'effimera orma,

calpesti con piede leggero e sguardo sereno gli stupidi mortali che t'hanno giudicato amara, statua dagli occhi metallici, grande angelo dalla bronzea fronte!

C Baudelaire

 
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Considerazioni...

Post n°60 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 

è domenica, il mio raffreddore migliora, ma non mi fido di lui, pareva così anche lunedì, quindi non mi frega, resto in casa con libri, giornali e tv..

è riapparsa in tv Dora Moroni, pare che la Venier l'abbia adottata, direi che è molto meglio rivedere una persona che ha lottato per recuperare le capacità perdute con l'incidente in cui fu coinvolta moltissimi anni fa (lo ricordo, ero ragazzino) piuttosto che Lecciso, Er Mutanda et similia.. forse non ho fatto poi così male a pagare il canone (e va bene, lo so, avevo detto che non l'avrei pagato, ma non ci riesco..)

tutto sommato, il tempo è brutto, stare in casa non è poi così male, ma il fratello (non so se ve l'ho detto, hand è mio fratello quasi gemello, ma io sono più bello) è di guardia, gli amici sono per i cavoli loro (chi lavora, chi si diverte), giornata malinconica..

 
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Il cuoco di Mozart

Post n°59 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Tag: libri

un altro romanzo di Pino Loperfido

L'incredibile vita di Lorenzo Da Ponte: poeta, genio e avventuriero

Chi fu veramente il veneto Lorenzo Da Ponte, librettista dei capolavori di Mozart? Da dove veniva? Cosa fece prima e, soprattutto, dopo l’irripetibile evento della collaborazione mozartiana? Fu soltanto l’ambiguo, il privo di scrupoli e l’opportunista incallito descritto nelle malevole biografie mozartiane? Ne “Il cuoco di Mozart” lo si fa raccontare a lui stesso, immaginandolo calato nella contemporaneità ipertecnologica e depressa, nella quale, con tutta probabilità, Lorenzo Da Ponte si sarebbe trovato a meraviglia.

 
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Alti sui pedali

Post n°58 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Tag: libri

Un libro, con un ricco inserto fotografico per raccontare la favolosa storia di Antonella Bellutti, nata a Bolzano il 7 novembre 1968, prima donna nella storia dello sport italiano ad aver vinto due medaglie d’oro olimpiche in due Olimpiadi consecutive (Atlanta ’96 e Sydney 2000), unica donna ad averlo fatto in due specialità diverse della stessa disciplina, il ciclismo: inseguimento individuare in America, corsa a punti in Australia.

 
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Il corpo e la linea

Post n°57 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Tag: libri

La vita e l'opera di Umberto Volante

Uomo amato e stimato, artista apprezzato, professore rispettato, della sua opera a Merano è possibile godere come in un'esposizione permanente a cielo aperto e dedicata con affetto alla cittadinanza tutta. Anche altre località offrono saggi del suo lavoro artistico, ma è a Merano la più forte concentrazione di opere. Con generosità Volante ha saputo infondere armonia alla quotidianità di questa città e delle sua popolazione

 
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Il Carnevale in Trentino

Post n°56 pubblicato il 18 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

MASCHERE E RITI

Gli straordinari personaggi dei carnevali dolomitici

 

Carnevale, la festa popolare per antonomasia, rispecchia ed evidenzia in maniera emblematica questa peculiarità.

E infatti in Trentino esiste una particolare concentrazione di Carnevali tradizionali i quali costituiscono una singolare sintesi di elementi cerimoniali che si rifanno, di volta in volta, a tradizioni schiettamente veneziane, a "riti" tipici di altre regioni dell'Italia settentrionale, del mondo tedesco o più in generale dell'Europa centrale.

Alla dinastia asburgica è dedicato uno dei più importanti ed antichi carnevali del Trentino, ossia quello di Arco; in questa città, rinomata località di cura e soggiorno ai tempi della corte asburgica, si tengono cortei storici e sfilate di carri allegorici, il gran galà e soprattutto il tradizionale gran ballo delle debuttanti. Il capoluogo, Trento, mette in scena festeggiamenti che coinvolgono tutta la città. Diverso lo spirito dei carnevali tradizionali, legati al mondo antico, alle tradizioni e all'identità del territorio: in Valle di Fassa si rievocano i cerimoniali ladini, mentre a Palù in Valle dei Mocheni sono protagoniste le due maschere fondamentali del vecchio e della vecchia, che seguite da un corteo percorrono i sentieri che collegano i vari masi. Caratteristici sono anche i carnevali di Grauno, della Valfloriana, di Predazzo e di San Martino di Castrozza.

 

Il Carnevale asburgico di Arco

Si celebra all'insegna e in onore degli Asburgo il Carnevale più famoso e fastoso del Trentino, quello di Arco. La famiglia imperiale d'Austria amava moltissimo la città di Arco tanto che il principe Alberto nel 1872 fece costruire la splendida villa Arciducale per consentire un soggiorno degno all'imperatore e alla sua corte in quella che era considerata la "riviera dell'Impero".

E' proprio per ricordare quell'epoca che il Comitato organizzatore del Carnevale ha inteso far rivivere un'atmosfera impareggiabile quanto a fasto e splendore.

Il programma è incentrato sul grande ballo in costume dell'ultimo sabato di Carnevale che si terrà nei sontuosi saloni del Casinò. Ballerine nelle elaborate ed elegantissime toilettes d'epoca e ufficiali fasciati da impeccabili divise - costumi realizzati riproducendo fedelmente modelli d'epoca - intrecceranno i loro passi sulle note dei più famosi e travolgenti valzer di Strauss.

Allo scopo di far rivivere fin nei dettagli l'atmosfera asburgica, prima delle danze saranno serviti piatti realizzati sulla base di ricette tratte dal famoso libretto di "Mamma Anna" che risale al 1863.

Gli Asburgo con tutto il loro fasto saranno i protagonisti anche del Carnevale di Madonna di Campiglio dove è in programma un corteo di carrozze d'epoca (e d'epoca saranno anche i costumi di coloro che su quelle carrozze prenderanno posto) e successivamente il Grande Ballo in Maschera (costumi asburgici, naturalmente) nei saloni mitteleuropei dell'Hotel Des Alpes.

Ma per tornare ad Arco, non si può dimenticare che il Carnevale è diventato giustamente famoso per il corteo dei carri mascherati (sfilano la domenica).

 

Il Carnevale di Palù (Valle dei Mocheni)

A Palù in valle dei Mocheni (isola etnico linguistica tedesca del Trentino orientale) la festa di Carnevale è forse la festa più importante dell'anno. Protagonisti e organizzatori della festa sono i "coscritti" nel cui ambito debbono essere scelte le tre maschere fondamentali del Carnevale mocheno: il vecio, la vecia e l'oiertrogar (il raccoglitore di uova).

Molto complesso il cerimoniale cui devono dar vita.

Il lunedì di carnevale visitano una per una le case delle frazioni, ordinano le torte che serviranno l'indomani e raccolgono notizie sulle ragazze che vi abitano.

Il martedì si comincia di buon mattino. Il corteo carnevalesco passa di maso in maso, dove avviene una semina beneaugurante e si raccolgono uova, vino e offerte in denaro. Poi tutti al bar dove il vecio crolla a terra come morto e la vecia (ma poi le parti si invertiranno) scopre il testamento e lo legge.

E' la parte più importante della cerimonia: il testamento è un atto burlesco (in passato veniva scritto nella lingua mochena) attraverso il quale si parla del paese, della sua gente e si stabiliscono gli accoppiamenti tra i giovani per il ballo. La comitiva visita così tutte le frazioni ripetendo il rito senza mutamenti.

La conclusione avviene, questa volta alla presenza di turisti e curiosi (in pochi hanno il coraggio di seguire il corteo nei masi più alti), nella piazza principale dove il cerimoniale si ripete per l'ultima volta. In tarda serata i bambini accendono un grande falò e salutano il Carnevale che se ne va.

 

Il Carnevale ladino della Val di Fassa

In valle di Fassa, isola ladina delle Dolomiti, il Carnevale (Mascherèda, in lingua ladina) vanta tradizioni molto antiche radicate in tutti i paesi anche se con varianti spesso significative.

Tradizionali maschere hanno per protagonisti: Bufòns (ai quali sono permessi tutti gli scherzi), Lachè (servitori e garanti delle maschere) e Marascòns (grandi maschere con le cinture cariche di campanacci, che vengono fatti risuonare a rito di una particolare danza). Il Bufon, che indossa una curiosa maschera di legno con il naso lunghissimo detta "Facera" e veste un ricco costume impreziosito con pizzi e nastri colorati, se la prende con la gente del paese, specie con le donne. Tutti i peccati, veri o presunti, vengono messi in piazza.

A Penia e Alba, i centri più lontani della valle, le maschere corrono di casa in casa a lanciare le loro accuse. Poi a sera c’è l'irriverente festa conclusiva, prima del grande ballo. Nella "variante" di Campitello, la festa avviene in piazza a beneficio del pubblico.

Qui la comunità presenta se stessa agli estranei e si prende in giro e qui c’è poco spazio per il Bufon di fatto privato del suo ruolo rituale. La cerimonia si conclude poi con il "molin de la veies" (il mulino delle vecchie).

Si tratta di una mascherata presente in altri Carnevali europei. Le vecchie vengono catturate e gettate dentro il mulino dove i diavoli le prendono e le gettano nella macina. La ruota però questa volta macinerà la vita in senso contrario e le vecchie rinasceranno giovani e bellissime per ballare con i diavoli a loro volta diventati gagliardi giovanotti.

 

Il Carnevale del Tesino

Si rifà a vicende realmente accadute nel XIV secolo il "Processo al Biagio" ovvero il Carnevale del Tesino, che si conclude non il martedì grasso, ma il mercoledì delle ceneri. Biagio delle Castellare, capitano dell'esercito di Francesco da Carrara, detto il Carrarese, fu per alcuni anni - dal 1356 al 1364 - il tiranno spietato e crudele del Tesino. di lui le genti del Tesino ebbero a patire angherie e privazioni di ogni sorta. E la storia ci dice che alla fine riuscì pure a evitare, fuggendo, il castigo cui i suoi sudditi lo avevano destinato. Ed è per questo che i tesini hanno deciso di giustiziarlo, almeno in effige, in perpetuo: vale a dire alla fine del Carnevale.

La manifestazione è molto complessa - tanto che non tutti gli anni è possibile organizzarla - e prevede la partecipazione di decine di "attori" in costume: armigeri con tanto di corazza, giudici, avvocati, poliziotti, cavalieri e popolani. Si comincia il martedì quando i tesini, divisi in due gruppi, si lanciano alla ricerca del tiranno.

Mercoledì è il giorno del processo che comincia a Pieve Tesino con la lettura del lunghissimo capo d'accusa e la sfilata dei testimoni a carico del tiranno. Tribunale e popolo si spostano poi a Castello Tesino dove entra in scena l'unico teste a discarico: un disgraziato che non giova certo alla causa di Biagio.

Dopo la requisitoria dell'accusa e una non troppo convinta arringa del difensore, la sentenza non può che essere di condanna. A morte.

Il tiranno in carne ed ossa viene sostituito da un fantoccio che finisce sul patibolo mentre la gente applaude la fine di ogni sofferenza e la festa si conclude con una colossale sbigolada (spaghettata) e con l'immancabile grande ballo.

 

Il Carnevale di Grauno

La gente di Grauno, piccolo paese di montagna, è custode gelosa e convinta di uno dei più antichi e particolari Carnevali del Trentino.

Protagonista di questa festa, che non ha bisogno di costumi o di maschere, è l’albero e questo è un retaggio degli antichi riti precristriani di propiziazione e di fecondazione.

L’organizzazione spetta ai giovani, che devono addobbare, solo dopo la mezzanotte, le quattro fontane del paese con rami di pino. La festa vera e propria si svolge però negli ultimi giorni di Carnevale.

In primo luogo i giovani devono salire sul monte e tagliare un grande albero: il più bello del bosco. Niente paura, non si tratta di un atto di "vandalismo": la foresta è comunale ed è con la vendita di un lotto di legname che viene finanziato il Carnevale.

Spogliato dei rami, il pino viene trascinato in paese dove viene "battezzato" davanti a tutta la gente che poi assiste a una recita scritta per l’occasione, che si rifà a fatti e fatterelli accaduti nel corso dell’anno e nella quale vengono presi in giro i personaggi più noti del paese. A questo punto ha inizio la fase più spettacolare. Il pino viene trascinato fino al "doss del Carneval" (il colle del Carnevale) e piantato nella "busa del Carneval".

La buca, profonda 7 metri, è la stessa da sempre e la terra è impastata col carbone di decine e decine di alberi. Il pino viene issato e ricoperto da cima a fondo di paglia. A sera attorno a questo gigantesco totem si raduna tutta la gente del paese e l’ultimo sposo dell’anno scortato dalla sposina ha il compito di dare fuoco all’albero che arde subito come una gigantesca torcia visibile da tutta la valle. Ancora oggi i più vecchi del paese sanno trarre dall'andamento delle scintille auspici sui prossimi raccolti.

 

Il Carnevale di Valfloriana

Quello della Valfloriana è uno dei più antichi Carnevali del Trentino. E’ tanto particolare da costituire una delle più interessanti mascherate dell’intero arco alpino. Anche qui, come in val di Fassa, grande importanza hanno le maschere di legno, realizzate dagli artigiani locai.

Il Carnevale di Valfloriana si svolge in un periodo che va dall’Epifania al martedì grasso, ma senza date fisse. 

 Gli abitanti di ogni frazione (delle 13 che compongono il comune), decidono infatti a sorpresa di "andare in maschera" e di visitare le altre frazioni che a loro volta a sorpresa restituiranno la visita. Tante le maschere di questa festa: i matoci, gli arlecchini, i sonadori, la bèla, i sposi, i paiaci.

Il personaggio principale è il matocio. Mascherato e con l’abito addobbato di pizzi e nastri colorati, il viso nascosto dalla maschera di legno (facèra), ha il compito di precedere il corteo dei compaesani.

All’ingresso di ogni frazione viene fermto e interrogato, ma lui rispondendo in falsetto aiutato anche dalla maschera di legno, deve essere tanto abile da non farsi riconoscere.

Di frazione in frazione il corteo variopinto e sghignazzante (ci pensano i paiaci) arriva fino a Casatta, la più bassa, dove in genere ha luogo il grande ballo finale. Tutte le frazioni si sfidano in questa gara antica e sempre nuova.

 

Il Carnevale di Romarzolo

Molto particolari le celebrazioni del Carnevale del Romarzolo, frazione di Arco composta da tre nuclei: Chiarano, Varignano e Vigne. Come avviene nel Carnevale di Grauno in valle di Cembra, a Romarzolo non sono maschere e costumi a caratterizzare la festa, ma le piante.

In questo caso il bambù e soprattutto l’alloro, piante che prosperano nell’Alto Garda favorite dal clima particolarmente mite. 

Con le canne di bambù, lunghe diritte e molto leggere, i ragazzi di ciascuna delle tre frazioni realizzano una struttura a forma di piramide (chiamata carnevali) che viene poi rivestita con rametti di alloro e addobbata sulla punta con una fronda particolarmente ricca della stessa pianta.

I carnevali, cui vengono appese corone di stelle filanti - ma anche salamini, sardine, arance e focacce - vengono portati in processione lungo le strade dei tre paesi la prima domenica di quaresima.

Sotto a ciascuna piramide si nasconde un ragazzino che suona in continuazione un campanaccio. Il corteo è preceduto da altri ragazzi che reggono rametti di alloro detti solagni.

Intonando senza sosta la cantilena "Carneval de la bruta gial" il corteo si snoda lungo le strette stradine delle frazioni (e non sempre è agevole superare i bassi porticati) fino a raggiungere una radura posta sulla collina dove i carnevali vengono uniti a formare un’unica grande catasta e quindi bruciati. Non prima di aver tolto le cibarie che vengono distribuite tra la gente mentre si consuma il "sacrificio" a base di alloro e bambù.

 
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Al Mart di Rovereto

Post n°55 pubblicato il 18 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

Laboratorio di due giorni sul corpo in movimento 

 

 Il 4 e 5 marzo Nicola Rebeschini insegna a ragazzi e adulto a creare una performance che unisca danza e arti visive, nello spirito della mostra "La Danza delle Avanguardie". Prenota allo 0464.454154

 La Sezione didattica del Mart propone un'immersione nella dimensione dell'espressione corporea, con un laboratorio di due giorni condotto da Nicola Rebeschini, pensato per sviluppare un progetto artistico di carattere performativo. L'attività è rivolta a giovani e adulti di ogni età e si sviluppa in un arco temporale di circa 16 ore, al quale allude il titolo della performance.

Nel corso di due giorni di lavoro un gruppo di massimo 12 partecipanti darà vita ad un vero e proprio "cantiere creativo interdisciplinare", basato sull'interazione tra le diverse arti. Nel lavoro si intrecceranno, infatti, l'uso del movimento, delle immagini e delle parole.

Rebeschini, danzatore, attore e autore di progetti video e di teatrodanza, guiderà i partecipanti nelle varie tappe della creazione di una performance che prevede la messa in gioco del corpo in relazione allo spazio, la sperimentazione di tecniche di improvvisazione, la relazione tra corpo, suono,  video, scenografia. La performance sarà presentata ad un  pubblico selezionato, di non più di 24 persone, che entreranno direttamente in contatto con i performers e la scena, a conclusione delle due giornate di lavoro, domenica 5 marzo, ad ore 17.00. Per assistere alla performance "dall'interno" sarà  quindi necessario prenotarsi in Sezione didattica.

 

Progetto a cura di Nicola Rebeschini.

 

Luogo: Mart Sezione didattica, Corso Bettini, 43 - Rovereto

Orario: 10.00-18.00

Costo: € 30

(ridotto per studenti, insegnanti e Amici del Museo € 20)

 

Informazioni e prenotazioni: Sezione Didattica del Mart, tel. 0464.454154-454108

(dal lunedì al venerdì)

 

 

 

 
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Post N° 54

Post n°54 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da Coraline67
 

INDOVINELLO

Sai quante dita ha un libro?

Uno solo: l'indice!

IN BIBLIOTECA

Due libri sullo scaffale:

- Che caldo ha fatto questa notte ...

- Per forza, hai dormito con la copertina!

N.B. Sono barzellette per bambini ...

 
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ORO TRENTINO

Post n°53 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

da L'Adige

Pattini d’oro targati Piné

«Sto vivendo un sogno». A Baselga esplode la festa

 Il quadretto è olimpico. Ma anche tutto trentino. Sergio Anesi esce a grandi passi dalla postazione televisiva e si precipita verso i nuovi eroi d'oro sui pattini. Arriva fino a suo figlio Matteo e lo guarda negli occhi. Gli occhi gonfi di commozione. Sportiva e paterna. Riesce solo a pronunciare: «È andata». E lui, il 21enne e il più giovane del terzetto entrato nella leggenda di Olimpia contribuendo con Fabris e Sanfratello a fare grande questo piccolo sport che ha come «capitale» Pinè, sussurra: «Papà». Poi i due trentini, padre e figlio, si sciolgono in un abbraccio. Matteo ha eseguito e Sergio ha commentato. Il figlio ha compiuto un'impresa e il padre l'ha suggellata spiegando all'Italia il valore di questo successo.

 
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E Rubbia va in Spagna

Post n°52 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

da QT

Certo che noi italiani siamo proprio dei geni, ma non sappiamo sfruttare le nostre potenzialità. E così Rubbia se ne va in Spagna a creare la prima centrale solare termica...

 
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Broken Flowers

Post n°51 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Tag: Cinema

Orario: ore 20.45

Luogo: Teatro Don Bosco

Località: Pergine Valsugana

Costo: Proiezioni riservate ai possessori della tessera annuale 2005-2006 del Circolo del Cinema Effetto Notte

Note: Effetto Notte. Cineforum 2005/2006

 

Usa, 2005

Titolo originale: Broken Flowers

Genere: Thriller

Durata: 105'

Regia: Jim Jarmusch

Cast: Bill Murray (Don Johnston), Jeffrey Wright (Winston), Sharon Stone (Laura), Frances Conroy (Dora), Jessica Lange (Carmen)

sceneggiatura: Jim Jarmusch

fotografia: Frederick Elmes

produzione: Bac Films, Focus Features

 

Don Johnston (Murray) riceve nella sua sudicia casa una lettera anonima nella quale gli viene annunciato che ha un figlio di 19 anni che non vede l’ora di scoprire chi sia il suo vero padre. Il dubbio è: chi delle tante amanti ha scritto quella lettera? Ha inizio una rocambolesca e divertentissima caccia all’amante perduta. Sarà grazie al vicino di casa, Winston (Jeffrey Wright), un etiope con una famiglia numerosa e l’istinto da detective che gli procurerà gli indirizzi delle possibili cinque amanti che hanno scritto la lettera. Ora si tratta solo di partire alla ricerca di un figlio e di un ex amante!

Enti Organizzatori: Circolo del cinema "Effetto notte"

Altre Informazioni: Quello di “Broken Flowers” appare come un viaggio intensissimo dentro i generi del cinema statunitense: il roadmovie soprattutto, ma anche una commistione tra il giallo e la commedia. La strada diventa il segno però di una materializzazione del passato, rivissuto istantaneamente attraverso le figure di Laura, Dora, Carmen e Penny. Dentro “Broken Flowers” sono presenti momenti di irresistibile comicità. Forse Jarmusch, molto più che in opere precedenti, riesce a mantenere dentro i piani fissi o in quei movimenti rallentati, un cinema sempre depurato che trattiene gli stati d’animo del presente e apre squarci sul passato, che insiste sul dettaglio e soprattutto filma la seduzione con una grazia e una potenza erotica che non si era mai vista nel suo cinema. Ci sono dei flash di Don in cui ripensa alle sue ex donne che ha recentemente rivisto ma al tempo stesso ritornano anche frammenti di sguardi soggettivi che diventano flash abbaglianti, come le gambe della hostess che sta facendo le parole crociate in aeroporto. Bill Murray appare quasi la reincarnazione di Charles Denner di “L’uomo che amava le donne” di Truffaut. Mentre quest’ultimo era più dinamico, Don invece appare inizialmente fermo e sembra che subisca gli eventi più che provocarli. Ma il suo sguardo è continuamente mobile e rappresenta quasi un’angolazione visiva parallela a quello di Jarmusch, forse anche grazie a un’interpretazione grandiosa di Bill Murray (i due avevano lavorato insieme nell’episodio “Delirium” di “Coffee & Cigarettes”), un attore capace di trainarsi i film da solo e a cui Jarmusch ci si è pienamente affidato soprattutto in quell’intensissimo finale con Don che insegue il ragazzo che crede essere suo figlio dopo averlo incrociato per diverse volte. Uno dei film più belli in concorso a Cannes e il film migliore di Jarmusch.

 

 

 
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Sconfinamenti

Post n°50 pubblicato il 15 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

  

dal 16/02/2006 al 16/02/2006 

 

Orario: ore 21.00

Luogo: Teatro comunale

Località: Avio

Costo: Ingresso € 5,00

Note: Giovedì 16 febbraio

Massimo Bubola

Quel lungo treno

Massimo Bubola voce, chitarra acustica ed elettrica, armonica a bocca

Michele Gazich violino, viola, mandolino, pianoforte

Simone Cgivillo chitarra elettrica e classica

EDu Hebling basso elettrico, contrabbasso

Moreno Marchesin batteria

ore 21.00 Ingresso € 5,00

 

Giovedì 23 febbraio

Velma

Le Pointe Farinet 2949 m

Christophe Jaquet voce

Christian Garcia guitar & electronic

Steéphane Vecchione drums

Olivier Mariette movies projections & multimedia

ore 21.00 Ingresso € 5,00

 

Venerdì 10 marzo

Marta sui Tubi

C'è gente che deve dormire

Giovanni Gulino voce

Carmelo Pipitone voce e chitarra

Ivan Paolini batteria

ore 21.00 Ingresso € 5,00

Enti Organizzatori: Comune di Avio - in collaborazione con associazione Baraonda

Indirizzo Internet: http://www.comune.avio.tn.it

 

 
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Sono guarito

Post n°49 pubblicato il 15 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

comunico ufficialmente alla community (nel caso fregasse qualcosa a qualcuno, cosa di cui peraltro dubito) che il raffreddore mi è passato e non mi è caduto il naso

 
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Post N° 48

Post n°48 pubblicato il 14 Febbraio 2006 da Coraline67
 
Tag: poesia

... visto che oggi è la giornata degli innamorati e io sono un'ex innamorata e anche un'ex innamorata infelice ... meno male ... dedico a tutti quelli che sanno di cosa parlo questi versi:

Ti guardai negli occhi quand'eri bimbo e buono ...

le tue mani mi sfiorarono e mi desti un bacio.

E il mio cuore si schiuse come un fiore sotto il cielo,

i petali di lussuria e gli stami di sogno.

Ti allontanasti da me senza sapere che ti amavo.

Non conosco i tuoi occhi, le tue mani e tuoi capelli.

Non mi resta sulla fronte

che la farfalla del tuo primo bacio.

(G. Lorca)

 
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Post n°47 pubblicato il 14 Febbraio 2006 da mipiaceilthe

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

non è per tirarsela, anzi... Buon San Valentino a tutti

 
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Campi elettromagnetici, Riva sotto esame

Post n°46 pubblicato il 12 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

Provvedimenti e indagini per garantire risposte e condizioni di sicurezza ai cittadini

Sui campi elettromagnetici, il loro impatto con l'ambiente, la loro eventuale pericolosità per la salute di chi abita nelle vicinanze dei tralicci o delle installazioni per la telefonia, non è mai stata detta una parola definitiva. Ma, visto che nel Comune di Riva i siti interessati sono molti e si trovano sia in zona all'interno del perimetro urbano, sia in località della periferia, vengono poste legittime domande, con qualche preoccupazioni, sugli effetti che queste "presenze" possono avere sulla salute dei cittadini. Così il Comune di Riva del Garda ha promosso uno studio ed un a serie di iniziative attraverso le quali si intende dire una parola definitiva sui campi elettromagnetici ed, eventualmente, assumere dei provvedimenti a tutela della salute. Da un lato, rende noto il sindaco Claudio Molinari in risposta ad una serie di interrogativi posti dal consigliere Pier Giorgio Zambotti, si attendono i risultati di una serie di verifiche che sono in corso a cura dell'APPA, l'Agenzia provinciale per la protezione ambiente, dall'altro però l'amministrazione comunale ha deciso di assumere in proprio la responsabilità e il compito di eseguire delle rilevazione. Il Comune di Riva, per questo, si è dotato di rilevatori mobili automatizzati che la Fondazione Ugo Bordoni ha acquistato con i finanziamenti del Ministero delle Comunicazioni per metterli a disposizione delle Arpa, le agenzie regionali e dell'Appa della Provincia autonoma di Trento. Questa iniziativa fa riferimento, ricorda il sindaco Molinari «al mantenimento delle condizioni di sicurezza che è precipua intenzione dell'amministrazione comunale: per il 2006, si ricorda a questo proposito, nel Piano Economico di gestione (Peg) approvato dalla giunta a seguito della approvazione del bilancio da parte del consiglio, è previsto l'obiettivo 0002 sul servizio Tutela del Territorio e dell'ambiente». L'obiettivo di cui si parla prevede appunto l'attività di monitoraggio e di verifica dei campi elettromagnetici prodotti dai gestori della telefonia mobile, svolta indipendentemente dall'APPA attraverso la dotazione da parte del comune di rilevatori mobili automatizzati. Entrando nel merito dei singoli siti, si ricorda che verrà eretto a cura del comune nelle adiacenze del Centro Raccolta Materiali, nei pressi del cimitero di Varone, un traliccio sul quale potranno essere installate le antenne attualmente autorizzate a titolo precario su uno degli stabili del Palafiere della Baltera, nonché anche quelle di altri gestori in particolare interessati al servizio di Umts. Peraltro per quel che si riferisce alle antenne poste sul Monte Brione, in pieno Biotopo, l'ufficio ambiente del Comune in sinergia con l'Unità Operativa dell'Appa, Settore tecnico, provvederà tra breve a monitorare e censire tutte le antenne presenti sul sito al fine di verificarne la regolarità. Riguardo alle verifica di campo elettromagnetico delle antenne "Omnitel" in via Roma si rende noto che ad ultimazione delle verifica in corso da parte dell'APPA che attualmente con una centralina mobile sta rilevando il campo elettromagnetico di tutti i siti sensibili (scuole di qualsiasi ordine e grado, case di cura e di riposo) verranno effettuati dei controlli mirati anche in edifici privati vicini ai siti telefonici esistenti, tra cui quello di via Roma, e quello della "Centrale idroelettrica": i dati di quest'ultimo sito, secondi i primi risultati, sono nella norma «in quanto si mantiene un campo elettrico al di sotto della soglia di misurabilità della centralina corrispondente a 0,5 V/m».


 
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Indagini boom: raddoppiano le inchieste

Post n°45 pubblicato il 12 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid

da L'Adige

Richiamo dei giudici su consulenze, appalti e spese legali

di SERGIO DAMIANI
Se quello della corte dei conti trentina fosse il bilancio di un'azienda, per il 2005 potremmo parlare di un vero e proprio boom: raddoppiano rispetto all'anno precedente le sentenze da 7 a 15 (da 5 a 11 quelle di condanna), e triplica il «fatturato», cioè l'importo totale delle somme da risarcire all'erario (da 182 mila euro nel 2004 a 421 mila nel 2005). Ma il trend di crescita sembra non conoscere crisi, come dimostra il numero di inchieste pendenti: a fine 2005 i fascicoli erano 627, quasi il doppio rispetto all'anno precedente (352). Insomma, la corte dei conti ha un gran da fare per vigilare sul corretto utilizzo delle risorse nella nostra provincia, ma il quadro tracciato ieri a palazzo Geremia nel corso della cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario dal presidente della sezione giurisdizionale Ignazio de Marco e dal procuratore regionale Salvatore Pilato è anche quello di un'istituzione efficiente (anche se non sempre dotata di organici sufficienti): inchieste e giudizi, infatti vengono conclusi in tempi rapidi. Questo - è stato sottolineato dai magistrati - anche grazie alla collaborazione degli enti pubblici (con la Provincia in prima fila) e al grande lavoro svolto dal Servizio accertamento danni erariali (guidato dal capitano Massimo Tomaselli) del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di finanza ieri rappresentata ai massimi livelli dal generale Giorgio Bartoletti e dal colonnello Marcello Montella.
Le inchieste toccano settori molto diversi della pubblica amministrazione. Lo spiega lo stesso procuratore Pilato nel suo intervento: «Notevole impulso proviene dal modello di rapporto instaurato con la Guardia di finanza alla quale nel corso del 2005 sono state delegate numerose e ponderose indagini in temi fondamentali per le investigazioni di polizia economico-finanziaria: rapporti di consulenza; irregolarità nella gestione dei fondi comunitari di prevalenza nel settore della formazione professionale; concessioni di cava per l'estrazione di porfido; illegittimità di aggiudicazione e/o di esecuzione di contratti d'appalto d'opera, di fornitura di beni e servizi; danni da inefficienza del sistema sanitario; disavanzi finanziari nei bilanci di società per azioni a partecipazione pubblica; contratti di locazione e di compravendita immobiliare».
Il quadro complessivo, come ha poi sottolineato il presidente della Provincia Lorenzo Dellai, è comunque quello di una pubblica amministrazione sana, senza troppi sprechi. Danni erariali per colpa grave non mancano - come ha sottolineato il presidente de Marco citando le sentenze del 2005 - ma appaiono legati a fatti episodici e in genere di lieve entità economica, con l'eccezione del settore porfido dove più di un'inchiesta ha messo in luce come troppo spesso l'interesse privato risulti prevalente su quello pubblico dei cittadini.
Ci sono però margini di miglioramento e settori dove comunque l'attenzione della magistratura contabile resta alta: in particolare le consulenze, gli appalti pubblici, l'efficienza del sistema sanitario. Quanto alle gare d'appalto - finite all'attenzione anche della magistratura penale - il procuratore Pilato ha ricordato come «la devianza finanziaria attinga i propri metodi operativi alle strategie tipiche dell'infiltrazione criminale, costituendo cordate e cartelli d'impresa con capacità collusive mirate alla turbativa d'asta». Una delle armi di difesa in mano alle pubbliche amministrazioni è la qualità della progettazione, per limitare al massimo varianti e modifiche spesso sinonimo di incremento di costi.
Un monito viene anche sul terreno delle consulenze: «La materia del conferimento degli incarichi d'opera professionale è ritornata al centro dell'attenzione delle attribuzioni inquirenti». Accertamenti sono in corso, specie per le consulenze affidate dalla Provincia, la quale peraltro ha offerto «aperta e completa collaborazione». In attesa di conoscere l'esito delle indagini, Pilato ricorda «la regola della priorità nella utilizzazione del personale appartenente alla pubblica amministrazione».
Infine non è mancato un affondo sul rimborso delle spese legali a politici e funzionari finiti sotto inchiesta: il procuratore ha parlato di «perplessità» poiché «il confronto tra la normazione statale e la normazione provinciale evidenzia che mentre la prima pone a condizione la sentenza di assoluzione, la seconda, viceversa, adotta a presupposto il difetto di sentenza di condanna, con la conseguenza della rimborsabilità delle spese anche per i giudizi definiti con sentenza di prescrizione o di amnistia».
 
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Chi si finge donna e ti ha preso in giro?

Post n°44 pubblicato il 12 Febbraio 2006 da ElCid_TheKid
 
Tag: Denunce

In questa sezione del blog chi vorrà potrà elencare i nick di coloro che, credendosi molto furbi, si fingono donne al solo scopo di farsi due risate alle spalle di chi pecca di un po' d'ingenuità; in analogia a quanto si fa nel blog di biri_kina e di AgenteInIncognito, anche questo blog offre l'opportunità di un'ulteriore arma per difendersi da chi gioca coi sentimenti e la sensibilità altrui.

 
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